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qatar 2022

Il calcio liberté, egalité, fraternité di Antoine Griezmann

Enrico Veronese

Il numero 7 della Francia in Nazionale sembra un altro giocatore: cuce il gioco tra i reparti con il pallone che passa spesso dai suoi piedi, rincorre, pressa, cerca il passaggio e non la soddisfazione personale

L’enfant de la Patrie. Nella Francia che brilla di Kylian Mbappé, che rassicura con Hugo Lloris, rinviene assieme a Olivier Giroud e si mette in mostra come Aurélien Tchouaméni c’è un’anima ecumenica, universale, repubblicana. A 31 anni Antoine Griezmann non è più lo sfondareti del primo periodo madrileno, ma rappresenta più di ogni altro l’unità d’intenti che alberga nella selezione di Didier Deschamps, in specie dopo le numerose défaillance strutturali che hanno cementato l’attuale gruppo in seguito ad altrettanti infortuni.

 

A un passo dalla finale di Doha, in programma domenica 18, i galletti hanno conosciuto e investito un Griezmann inedito: tuttocampista e non trequartista, cuce il gioco tra i reparti con il pallone che passa spesso dai suoi piedi, donde spesso ne esce con la soluzione meno banale. L’ex Piccolo Diavolo si mimetizza con profitto, tanto da apparire relativamente poco nello sviluppo della manovra entro i venti metri terminali: molto invece quando c’è da subire colpi, da rallentare o accelerare l’azione quale regista avanzato, assumendo sopra di sé l’onere di fare sempre quello che serve in quel momento. Anche se ciò non è destinato a portargli vantaggi personali: le sue ambizioni ora coincidono con il servizio alla squadra, cui si è concesso in modo totale verso il bis mondiale, non facile ma nemmeno così arduo.

 

Forse è proprio per questo motivo che Griezou può permettersi, ora, di non ricordare ogni volta al mondo quanto sia tecnicamente dotato, quanto veda la porta e sappia invece generosamente accontentarsi dell’ultimo passaggio: aver vinto il torneo quattro anni fa, con altrettante reti all’attivo, può averne appagato l’ego, peraltro mai esponenziale. A maggior ragione se allora per tre volte si era mostrato infallibile dal dischetto, aggiungendo il prezioso raddoppio – complice la papera di Fernando Muslera – nei quarti contro l’Uruguay, mentre in Qatar alla Francia e al suo alfiere non è ancora stata data la possibilità di cimentarsi dagli undici metri.

 

Conoscere la nuova versione responsabile, quasi draghiana per sacrificio e dedizione, di Antoine Griezmann non è comunque sorprendente. Fece scalpore quando a Kazan, al termine di uno degli incontri vittoriosi della campagna di Russia, abbracciò il “gemello diverso” Mbappé e – a favor di telecamere – esclamò “vive la France, vive la République!”, diventando meme istantaneo: un fervore ignoto a moltissimi degli attuali protagonisti del calcio internazionale, replicato poi più volte (anche nell’attuale competizione iridata) come un mantra portafortuna, più che per sciovinismo. Il numero 7 canta la Marseillaise con trasporto, giocatore-bandiera se ce n’è uno, di quelli che il 14 luglio si immaginano seguire orgogliosamente il Tour de France: gli manca solo il berretto frigio, la grandeur c’è tutta.

 

Si diceva del rapporto col mattatore Mbappé. Al momento di schierarsi a centrocampo stanno sempre vicini: forse per cabala, certo per stima e rispetto reciproci. Chissà come giocherebbero assieme, tutti i fine settimana, nella stessa squadra di club... Tra novembre e dicembre di quest’anno stanno interpretando ormai ruoli diversi, e non interscambiabili, nell’attacco atomico a disposizione di Deschamps: assieme al redento Ousmane Dembélé, figliol prodigo diventato adulto sotto scorta del ct, circondano un Giroud molto più decisivo rispetto alle precedenti occasioni internazionali.

 

Piccolo, magro, biondo, occhi furbi e bleu, Antoine come la Marianne ha scritto in fronte liberté, egalité, fraternité. Uno dei giocatori più deliziosi degli ultimi anni, senza bearsi né rinunciare alle vittorie: eppure non di rado passa da problema e non da soluzione. Sarà perché nei club segna sempre meno – 11 la media goal nei tre anni a Barcelona giocando sempre, meno della metà nel ritorno all’Atleti – ma è solo con la Francia (115 presenze, 42 reti) che mostra esattamente chi e cosa è: se Deschamps in conferenza ha dichiarato che “non sarà il tifo a far segnare il Marocco”, è certo che sarà Griezmann a far girare tutta la Francia.