Foto di Ebrahim Noroozi, via LaPresse 

contrappassi

Troppi simboli fanno dimenticare perché si è andati in Qatar. Vero cari tedeschi?

Jack O'Malley

A Doha si esprime tutta la retorica con le mani sulla bocca prima della partita, a simboleggiare il bavaglio imposto sul regime e il divieto di indossare la fascia arcobaleno. E poi ci si scorda di giocare e si perde contro il Giappone

Quando ti preoccupi troppo di recitare la parte di quelli che portano il bene nel mondo, c’è il rischio di dimenticarsi cosa sei andato a fare in Qatar. È il caso della Nazionale tedesca, che insieme all’Inghilterra l’ha menata più di tutti sui gesti simbolici a difesa dei diritti degli omosessuali e non ha fatto che parlare di quello dall’inizio del ritiro. Scesi in campo ieri per la prima partita del loro Mondiale, contro il Giappone, i calciatori tedeschi – che per l’occasione indossavano la maglia dell’Udinese – si sono fatti fotografare con la mano davanti alla bocca per denunciare il bavaglio messo loro da Fifa e Qatar con il divieto di fare indossare a Neuer la fascia da capitano arcobaleno.

 

Non ci ho fatto caso, ma credo che a fine partita la mano fosse più in basso, vista la clamorosa (Raisport dixit) sconfitta subita in rimonta dai giapponesi. Troppa grazia. Mi ero appena ripreso dalla sbronza, quella sì clamorosa, per la sconfitta dell’Argentina contro l’Arabia Saudita, ed ecco un’altra gioia da questo Mondiale beer free (senza bionda è tutto inutile) in cui si parla di qualunque cosa tranne che delle azioni di gioco. Peccato per la Francia, ma c’è tempo. Dopo le polemiche a scoppio ritardato sui diritti e il presidente della Fifa gay per un giorno, una delle cose più insostenibili di questa Coppa del mondo tanto voluta quanto snobbata dai qatarioti era la retorica mielosa sull’Argentina.

 

Quanto ce l’hanno fatto a fette giornali e commentatori televisivi sulla fantasia del reparto offensivo albiceleste, i colpi geniali di Messi, le movenze di Di María, l’istinto di Lautaro, l’anima di Maradona. Quasi tutti avevano già deciso che in finale ci andrà la Nazionale allenata da Scaloni, meglio se contro il Portogallo del reietto Cristiano Ronaldo, per la gioia di Louis Vuitton, di Instagram e dei giornalisti sportivi pronti a replicare le formule già abusate per Federer e Nadal nel tennis. Invece il calcio è bello, sorprende come un virus intestinale: l’Argentina ha quindi perso contro i ricchi ma sconosciuti sauditi, pagando il contrappasso feroce di una Nazionale irregolare punita dalla cinica regolarità del fuorigioco automatico, ultimo abominio che annulla gol per la punta di una spalla avanti di qualche centimetro rispetto al piede di un difensore magari lontano dieci metri.

 

Dispiace per le metafore e le sudamericanate di Lele Adani, e per la quantità di testosterone pronto a esplodere che il commentatore Rai ha prodotto prima dell’esordio osceno degli argentini, ma sono certo che potrà rifarsi oggi con l’Uruguay. Oggi è anche il giorno del Brasile, e già sento rumore di samba provenire dagli articoli dei giornali sportivi. Meglio stapparne un’altra. E brindare a Richarlison, nazionale brasiliano che, in questi giorni in cui se sei un calciatore e non abbracci una causa civile sei peggio di Putin, ha detto quello che un uomo sano di mente vorrebbe fare: “Quando mi ritiro mi compro un’isola per starci con tante ragazze”. Con una fascia arcobaleno al braccio, si spera.

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