Gp di Formula 1

A Monza trionfa la safety car. Primo Verstappen. Leclerc secondo. Che brutto spettacolo

Fabio Tavelli

E' ancora un grande Verstappen (quinta vittoria di fila, 116 punti di vantaggio a sei gare dal termine) ma ancora una volta gli strateghi di Maranello hanno commesso un errore marchiano.

Quando il tempio della velocità vede una gara di Formula 1 finire con una safety car significa che qualcosa non va. E di cose che non sono andate in questo week end brianzolo non c’è stato solo questo. A partire dalla scandalosa attesa di sabato per avere la griglia di partenza corretta dopo le qualifiche zavorrate dalle penalizzazioni. Ma il peggio è arrivato alla domenica quando il direttore di corsa ha fatto trascorrere dal giro 48 al giro 53 un quarto d’ora di insopportabile attesa fino alla bandiera a scacchi finale. Peccato che il primo a transitare sotto il traguardo non fosse Max Verstappen, come avrebbe ampiamente meritato, ma la safety car (un’Aston Martin, in una giornata nella quale le due Aston Martin da corse si sono dovute entrambe ritirare per problemi meccanici).

 

Il fattaccio accade al 48esimo giro. Verstappen è largamente in vantaggio (17 secondi) su Leclerc. Lo è in virtù di due fattori. Il primo è la scellerata decisione del muretto Ferrari di fermare il monegasco dopo soli 12 giri imponendogli di fatto di fare due soste anziché una. Il secondo riguarda il perfetto bilanciamento della Red Bull del campione del mondo, capace grazie al corretto carico aerodinamico di far durare le gomme rosse molti giri più di Leclerc e di amministrare il vantaggio con la gialla. Bene, alla 48esima tornata Daniel Ricciardo a Lesmo si pianta in una zona oggettivamente pericolosa. E’ l’occasione per chi insegue di rimettere in discussione tutto quando la direzione corsa comunica l’ingresso della safety. Infatti si fermano tutti ai box a mettere gomma rossa, quella più prestazionale, per scatenarsi negli ultimi giri. Bene, a cinque giri dalla fine le possibilità sono due. Quella più sensata: esibire una bandiera rossa, ovvero fermare il conteggio, e stabilire una ripartenza da fermi. Accadde lo scorso anno a Baku e quella decisione, presa dal reietto Michael Masi, ci regalò tre giri al fulmicotone. Una decisione di buon senso, soprattutto rispettosa del fatto che i piloti sono in pista per dare il massimo e provare a sorpassarsi e non certo per girare dietro una vettura da strada. Per tacer del diritto di chi segue la gara ad assistere, appunto, ad una gara.

 

La seconda possibilità, purtroppo quella che abbiamo visto, è stata di narcotizzare tutto in attesa che una gru rimuovesse la vettura di Ricciardo e che il tutto terminasse sotto bordate di fischi da chi ha trovato giustamente insopportabile non vedere più battaglia ma un lento corteo. Un sipario indecoroso. Che non toglie niente alla grandezza di Verstappen (quinta vittoria di fila, 116 punti di vantaggio a sei gare dal termine) e che non può far passare sotto silenzio che ancora una volta gli strateghi di Maranello hanno commesso un errore marchiano. Peccato anche per Sainz, meritevole del podio e autore di una gara pregevole condita da alcuni sorpassi davvero di grande livello. La stagione declina verso un finale ormai scritto, capitoli di un romanzo che ora si sposta ad Oriente (prima Singapore e poi Suzuka in ottobre) per poi celebrare le tappe americane di Austin, Messico e Brasile e chiudere ad Abu Dhabi. Augurandoci di non assistere più ad uno spettacolo come quello di Monza, governato in modo burocratico, irrispettoso di tifosi e sponsor e indifferente al buon senso oltre che alla natura del motorsport.

 

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