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La via per il Qatar passa per la Macedonia del Nord. Ecco chi sono i rivali dell'Italia

Francesco Caremani

Giovedì 24 marzo la semifinale dei playoff per qualificarsi ai Mondiali 2022. I pericoli e punti deboli della nazionale allenata da Blagoja Milevski

“Siamo un paese di calcio che attende la sua ora”. Le parole di Vlatko Stojanovski, attaccante della Macedonia del Nord e dei croati dell’HNK Gorica, riassumono quello che attende l’Italia nella sfida playoff di Palermo, sulla strada verso il Qatar. Se confrontiamo il tasso tecnico delle due rose, i budget delle rispettive federazioni e il ranking Fifa, nel quale l’Italia è sesta e i nostri avversari sessantasettesimi, non ci dovrebbe essere partita, ma questa si gioca in campo e lì la tattica e la fame, a volte, hanno la meglio sulla forza e sul talento. Gli stessi azzurri all’Europeo hanno superato squadre, sulla carta, tecnicamente più forti con la tempra del collettivo e una presenza mentale oltre il centoventesimo. La Macedonia del Nord non avrà Elmas squalificato e, lo scorso agosto, ha cambiato ct, passando da Igor Angelovski a Blagoja Milevski che viene dall’esperienza dell’Under 21, ma non si è preparata a questa sfida come l’agnello sacrificale, bensì come la pecora nera che vuole buttare all’aria i piani dell’Italia, con una differenza fondamentale: per loro sarebbe un evento storico battere i campioni d’Europa in carica, per noi solo un passaggio verso un’altra sfida, con l’unico obiettivo che si chiama Qatar; suggestioni che in campo possono confondere le idee.

La Macedonia del Nord è un paese indipendente dall’8 settembre del 1991, chiuso tra Grecia, Bulgaria, Serbia, Kosovo e Albania, con cui non mancano le tensioni: la Bulgaria, per esempio, ne ha bloccato l’adesione all’Unione europea, mentre nel nord ovest del paese le guerre della ex Jugoslavia hanno coinvolto la minoranza albanese. Qui, dove si rifiuta il suffisso Nord, convivono macedoni, romeni, albanesi, turchi e bulgari. Una divisione che si riflette anche nel calcio.

L’FK Vardar Skopje, squadra della capitale con ben undici titoli di Prva Liga e oggi in Serie B, è l’orgoglio dei macedoni, mentre l’FK Škendija, che negli ultimi anni ne ha raccolto il testimone, è il club di Tetovo, considerata la ‘capitale’ della minoranza albanese e di proprietà del gruppo Ecolog International, fondato da un locale industriale, pure lui di origine albanese. Il Vardar, invece, ha avuto importanti problemi finanziari, accumulando un debito di 5 milioni di euro, e passando, alcuni mesi fa, dal Blue Skye Investment Group, degli italiani Salvatore Cerchione e Gianluca D’Avanzo, al milionario russo Sergey Samsonenko, scelta che allo stato dell’attualità potrebbe non rivelarsi così lungimirante.

Il budget medio delle squadre macedoni oscilla tra i 600mila e 1,5 milioni di euro, con l’FK Škendija capace di mettere sul tavolo dai 3 ai 4 milioni. Gli stipendi dei calciatori fluttuano intorno ai mille euro al mese (l’FK Škendija può permettersi di arrivare fino a 5mila, il Rabotnički 2mila) ragione per cui appena sboccia un giovane talento, come una calamita, è attirato da campionati più importanti. E così la rosa della Nazionale è composta al novantanove per cento da giocatori che militano all’estero, dove hanno imparato molto, soprattutto ad affrontare partite decisive come quella di Palermo contro l’Italia.

  

Un calcio povero, quello macedone, dove non esistono diritti televisivi, né merchandising, dove le accademie per i settori giovanili scarseggiano e dove i tifosi preferiscono spendere i soldi per vedere la Premier League e la Serie A invece di andare allo stadio. Nel Sud Est del paese, a Strumica, Goran Pandev, che lì è nato, ha fondato l’omonima accademia ed è uno dei pochi, tra coloro che hanno fatto fortuna all’estero, ad avere deciso di investire nel futuro del calcio macedone. Darko Pancev, invece, ha preferito farlo in boutique e ristoranti. Naturalmente Pandev, il quale con la Nazionale ha chiuso dopo lo storico Europeo, è l’idolo dei macedoni e con le sue 122 presenze e 38 gol rappresenta l’orgoglio calcistico di una nazione.

 

L’attuale capitano della Macedonia del Nord è Stefan Ristovski (74 presenze in Nazionale), difensore della Dinamo Zagabria che conosce bene il calcio italiano, avendo giocato a Parma, Crotone, Frosinone, Bari e Latina. Uno che sa cosa significa vincere, tra Croazia e Portogallo, e che ha una grande esperienza internazionale.

Blagoja Milevski ha fatto giocare la squadra sia con il 4-3-3 che con il 4-2-3-1, venendo però travolto dalla Germania in casa nel girone di qualificazione mondiale. Più facile che contro l’Italia opti per il 4-1-4-1 in modo da avere due blocchi difensivi, aspettando il pressing della squadra di Mancini e cercando di colpirla in contropiede. Negli occhi dei tifosi macedoni c’è ancora il 2-1 di un anno fa, quando Pandev ed Elmas hanno messo a sedere la Germania a Duisburg. Ma a Palermo Pandev ed Elmas non ci saranno così come non ci sarà il ct Igor Angelovski, l’artefice del miracolo Macedonia del Nord, qualificata per la prima volta a una fase finale di un Europeo. Basterà questo all’Italia di Mancini per centrare il passaggio del turno? No, certo che non basterà, perché Ristovski e i suoi compagni di squadra non si accontenteranno delle maglie azzurre a fine partita. Stefan sogna quella di Chiellini (se sarà in campo), dopo una grande impresa e tanto sudore. A noi, invece, restano solo gli incubi: quelli del 1958, quelli del 2018, quelli dei rigori sbagliati e degli spareggi Mondiali vissuti sempre con ansia e preoccupazione; interrogandoci continuamente sul vero valore del nostro movimento. In questo, almeno, siamo coerenti.

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