(foto Ansa)

il foglio sportivo - il ritratto di bonanza

Il calcio dei "poco ricchi"

Alessandro Bonan

Il calciomercato ha lasciato una scia di soldi per la strada, qualcuno li raccoglierà, altri faranno fatica a fine anno a mettere insieme il pranzo con la cena. Sembra la canzone di Zalone

Sanremo, la scomparsa di Monica Vitti, il politicamente scorretto, l’ipocrisia social, il piagnisteo, la corsa zoppa e un po’ ridicola al Quirinale e poi il successivo onorevole discorso di Mattarella, i “poco ricchi” del calcio e gli arroganti pieni di soldi. Sanremo e il resto dell’Italia, uno dentro l’altro, uno contro l’altro, con il derby anticipato alle 18 per non esagerare nella contrapposizione. E mentre il calcio cerca di difendere le ultime residue forze di credibilità, in piena bagarre politica, il presidente di Lega Dal Pino se ne va a fare l’americano per lasciare chi resta a comportarsi da dominus pigliatutto. Che razza di mondo siamo? Come facciamo a raccontarlo bene se veniamo tirati da una parte e dall’altra, scossi e disorientati come bambini con la benda a mosca cieca? 

Il calcio e le canzoni sembrano appartenere alla stessa categoria, l’effimero, l’inutile indispensabile. Eppure tutto viene preso tremendamente sul serio, anche il calcio, anche le canzoni. E forse non è sbagliato, visto che parliamo di due industrie dentro lo stesso calderone dello spettacolo. Il calciomercato ha lasciato una scia di soldi per la strada, qualcuno li raccoglierà, altri faranno fatica a fine anno a mettere insieme il pranzo con la cena

Rocco Commisso, è il “poco ricco” di Zalone, con tanti soldi per comprarsi molte cose tranne l’unanime consenso. Vorrebbe amore, ha speso tanto, ma non capisce che, pur con tutte le innegabili buone intenzioni, puntando il dito contro tizio e contro caio, quel dito finisce nella piaga, per dirla con il nome di una brava cantante a Sanremo. E la piaga per Commisso si chiama Juventus, per lui tutto il male con il quale alla fine essere costretto a patteggiare. Non poteva fare altrimenti, dicono, e hanno ragione. Perché è proprio questo il punto: ormai nel medio è sparita la virtù. È diventato tutto troppo grande oppure troppo piccolo, non esiste la via di mezzo, dentro la quale alimentare il sogno di poter crescere e anche, perché no, vincere. 

A cosa servono le speranze se non le puoi più spendere? Che tipo di moneta è la speranza, quanto vale, che cosa ci si compra? Apri tutte le porte, canta Morandi che da oltre cinquant’anni ciondola come un ragazzino. Si possono aprire tutte per davvero? È lui la speranza? Probabilmente è proprio lui, altezza media, con quel sorriso da eterno ragazzo e gli occhi bagnati di emozione. Ogni tanto sparisce, si fa del male, poi ricompare più pimpante di prima. Restiamo in attesa, dunque, con lo stesso ottimismo del cantante di Monghidoro. A ognuno toccherà la sua occasione. È una questione di giorni, il tempo di una partita, o forse, di una canzone.

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