Al Gran calciomercato hotel tutti parlano di soldi senza averli

Giuseppe Pastore

Pochi trasferimenti e nessun grande colpo allo Sheraton di Milano. Solo un vociare caotico, diffuse ironie per gli acquisti di Paratici al Tottenham e tanta nostalgia per i tempi andati che non torneranno più

“Stare qui in mezzo alla hall dello Sheraton fa sì che succedano cose di questo tipo: è passato qualcuno e mi ha detto che Laribi va al Cittadella”

(Dario Massara, Sky Sport 24)

 

Ormai da anni il calciomercato ha deciso di piantare le tende in uno stretto corridoio tra la fredda cronaca e l'autoironia. Il gioco funziona meglio proprio in casi come quello appena riportato dal collega di Sky: evidentemente la frase non va presa alla lettera, ma è rivolta a migliaia di persone che non coglieranno quell'ironia (l'ironia è merce rara di questi tempi). E funziona ancora meglio l'ultimo giorno di mercato, quando la narrazione che ci siamo auto-imposti da anni prevede che ci sia fermento, friccicore, uno stuolo di procuratori e direttori sportivi sotto anfetamine stile Wolf of Wall Street, e invece non succede assolutamente niente. È il 31 gennaio che ti accorgi dello spago sottile che lega attori maggiori e minori di questa cialtronata di dimensioni bibliche immersa tuttavia in un contesto di grande professionalità, persino troppa, dacché – anche a causa dell'ossessione social – l'Hotel Sheraton (a un quarto d'ora da San Siro) è una vasca di squali in cui si cerca di addentare la notizia più infima pur di non rimanere a stomaco vuoto. L'ultimo giorno, quando il grosso è già stato fatto e ci si aggrappa a brandelli di trattative come naufraghi a una zattera. Per lunghe ore i piatti forti del 31 gennaio 2022 sono stati l'ansiogena caccia della Lazio a un vice-Immobile (verrà preso in extremis il portoghese Cabral dallo Sporting) e l'abboccamento tra Defrel e la Sampdoria: figuratevi il resto.

 

Ogni tanto piove qualche notizia inaudita, del tutto imprevista, a squarciare il cielo sopra lo Sheraton, impartita quasi sempre da Sky, tipo l'Empoli che ha comprato il neozelandese Liberato Cacace o l'antichissimo Pandev che ha mollato il Genoa al suo destino per accasarsi al Parma, là dove Buffon non lo farà sentire il più vecchio dello spogliatoio. Ci viene riportato che l'unico presidente di Serie A o B fisicamente presente nel cuore del mercato è Eugenio Guarascio del Cosenza, che porta a spasso una capigliatura fenomenale che lo rende un incrocio tra Mickey Mouse e il mitologico onorevole Scilipoti. Non c'è nessun grosso calibro che fuma nervoso alla Walter Sabatini, che pure in una settimana ha rivoltato la Salernitana come un calzino; al massimo qualche dirigente minore che riconosciamo soprattutto per i trascorsi da calciatore, per esempio l'ex milanista Luca Antonini o l'ex portiere Massimo Taibi, oggi direttore sportivo della Reggina, che abbiamo intravisto su un divano intorno alle 16 e lì l'abbiamo ritrovato alle 18:30. C'è Faggiano della Sampdoria che non è riuscita a ghermire Castillejo del Milan, c'è il fratello di Chiellini che lavora a Pisa, Paolino Poggi che si occupa del Venezia e poi naturalmente c'è Marotta, che ormai ha ereditato da Galliani il ruolo di padre nobile dei direttori sportivi e si è subito rintanato nelle segrete dell'albergo e chissà, forse, “più tardi”, parlerà.

Camminando tra i divanetti dello Sheraton si captano frammenti di conversazioni rese ancora più accidentate dalle mascherine che costringono a urlare e a ripetere due volte le frasi. Captiamo diffuse ironie per gli acquisti di Paratici al Tottenham, la simpatia suscitata da Marcello Chiricallo direttore sportivo del Monopoli rivelazione della Serie C, trattative da pizzicagnoli di bassa Serie B come l'Alessandria che prende in prestito Federico Mattiello che non gioca una partita dal 21 novembre 2020. Nulla contro il buon Mattiello, ci mancherebbe, ma è questa l'esatta cifra della situazione.

Tutti parlano di soldi, come l'eccitata clientela di un casinò di frontiera, però senza averne. L'ultimo avamposto spirituale degli anni Ottanta, una frenesia irrefrenabile e anche un po' senza senso dal momento che, se ti fermi un attimo a riprendere fiato e chiedi lumi sulla situazione al primo che passa, tutti ti rispondono che non succede niente, che una volta il calciomercato era molto meglio, che i tempi sono andati e non torneranno più. E poi si rituffano nel vortice, come Cirino Pomicino in quella scena del Divo in cui si lancia nelle danze assecondando una ridda infernale di percussioni.

  

La fauna dell'Ultimo Giorno di Mercato, quasi del tutto priva di presenze femminili che non siano ornamentali e vestite di nero, è essenzialmente di due tipi: ragazzi sotto i trent'anni che curano gli account social di questo o quel giornalista oppure approntano rudimentali dirette da smartphone per piccole emittenti locali obbligate a ragguagliare il proprio uditorio sul mercato del Bari, ebbri non tanto di denaro quanto della felicità e anche un po' dell'orgoglio di esserci, prima di assaggiare la punta di amarezza e accorgersi che, appunto, all'hotel del calciomercato non c'è quasi niente da fare. La seconda categoria è fatta da uomini adulti dai quarantacinque anni in su, in costante inseguimento di una giovinezza da catturare con scarpe sbrilluccicanti, aggressivi dolcevita, montature spiritose, voluttuose barbe bianche, nella speranza di apparire sempre meno vecchi e sempre più Vacchi. Questo è il traghetto di anime che deambula lungo i corridoi dell'Hotel Sheraton di Milano, dove sono le 20 e 9 minuti e da dietro un separé Gianluca Di Marzio enuncia con precisione svizzera un ultimo colpo della Pergolettese.

Di più su questi argomenti: