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La Bianchi riabbraccia l'Italia

Luciana Rota

L'azienda, che nel 2025 festeggerà i suoi 140 anni, riporta a Treviglio tutta la produzione. “Significa ricreare quella passione artigianale dalla quale tutto è nato", dice l'olimpionico Marino Vigna

Nel 2025 festeggerà i suoi 140 anni di pedalate in giro per il mondo. Si chiama Fabbrica Italiana Velocipedi Edoardo Bianchi. Centoquaranta anni e quante biciclette? Contatele voi. Sono immagini di successi cavalcati da campionissimi come Fausto Coppi, come Felice Gimondi, come Marco Pantani, come Gianni Bugno. Si potrebbe andare avanti ma già così basta. E avanza. Centoquaranta anni sono il punto di arrivo o di partenza di un marchio, Bianchi, che più di ogni brand italiano ha in sé il senso dei valori vincenti dell’Italia.

Bianchi è un pezzo della storia della nostra Italia come altre grande marche solo che questo speciale simbolo colorato di celeste è una due ruote in giro per il mondo da un secolo e mezzo. Porta in sella la creatività italiana e il sogno di chi ce la vuole fare ad arrivare in cima. Un uomo solo al comando.

 

La fabbrica Bianchi, nata a Milano nel 1885, dopo averci fatto sognare per più di un secolo, ci aveva deluso, bastonato, scorato: acquisita dalla multinazionale del Gruppo Grimaldi, Bianchi, ha fatto come molte altre industrie di biciclette italiane, se ne è andata in Asia a costruire telai che erano frutto di sarti meccanici che il mondo ci invidiava, ha esportato il cuore del ciclismo e lo ha fatto smettere di battere dove tutto era nato, dove gli operai si immedesimavano in quelle biciclette.

“Ricordo l’atmosfera energica della catena di montaggio che produceva fino a 3000 biciclette al giorno”, ci dice Marino Vigna, olimpionico della pista, dirigente sportivo, uomo Bianchi da una vita, dal 1990 al 2019, un cuore e una mente del famoso Reparto Corse. “Si lavorava su tre turni, giorno e notte. Venne il momento della bici Ragno, c’erano i negozianti che facevano la fila davanti allo stabilimento per accaparrarsi le biciclette come pane appena sfornato”. Ha cavalcato tutte le onde, il marchio Bianchi. Acciaio, alluminio, titanio, carbonio. “C’è stato anche il momento del ritorno dell’acciaio, quel mercato bellissimo un po’ di nicchia, rigenerato dalle ciclostoriche – spiega Vigna – uno dei tanti volti affascinanti della bicicletta”.

Foto di Marino Vigna, via archivio digitale Museo del Ghisallo AcdB
   

Oggi si dice una bici per tutti i target. E c’è quello del mezzo che non inquina, sostenibile… “Non mi stupisce che oggi si sia capito che è ancora il mezzo più ecologico – dice Marino Vigna – ma se penso alla sostenibilità produttiva credo che abbiano avuto un grande coraggio a riproporre la filiera nella sede di Treviglio, ricordo che nel 1990 c’erano dei vincoli e delle difficoltà insormontabili per gestire il reparto cromatura, l’acqua che usciva da lì doveva essere poi… potabile, un’impresa immagino costosa e quasi impossibile. Oggi l’innovazione sarà certamente d’aiuto e mi entusiasma l’idea che stiano cercando 250 operai da assumere in produzione. Significa ricreare quella passione artigianale dalla quale tutto è nato. Mi fa ricordare quando conobbi il signor Edoardo Bianchi che aveva prodotto le pedivelle per Roger Riviere, il meccanico era Pinella, Giuseppe De Grandi, quando si apprestava a battere il record dell’ora al Vigorelli di Milano”.

 

Ritorno al futuro. Bianchi torna ad essere una produzione italiana. Una realtà iconica che rappresenta la gioia di vivere degli italiani che pedalano. “Un monumento vivente, conosciuta in ogni angolo del pianeta”, come afferma il Ceo Bianchi Bicycles Fabrizio Scalzotto.

L’azienda più longeva di produzione di biciclette al mondo, da sempre caratterizzata da un forte spirito competitivo (quello del suo fondatore, Edoardo Bianchi), veste il suo celeste e apre un nuovo capitolo del made in Italy, fatto ancora completamente in Italia. Investe 40 milioni di euro a Treviglio. Ritorna a produrre in Italia. Sono poche eccellenze a permettersi certe scelte: “Abbiamo registrato una crescita di un trenta per cento annuo", dice Scalzotto, ricevendo il premio BPER Resilienza e Innovazione poche settimane fa. Un premio anche alla resistenza al Covid: “Non ci siamo mai fermati, abbiamo continuato a produrre con questa piccola multinazionale che fa parte di un grosso gruppo, una holding con sede a Stoccolma, ma l’azienda è assolutamente italiana”. E il suo fondatore, Salvatore Grimaldi, interpreta il ruolo di capo famiglia in pieno stile italiano: “Abbiamo bisogno di tornare sul territorio italiano – ha dichiarato Scalzotto – non è una scelta virtuosa ma è un bisogno, abbiamo bisogno della capacità italiana di proporre un prodotto con le caratteristiche intrinseche nella nostra natura, per farlo dobbiamo riportare tecnologie che sono andate oltre oceano, una sfida fortissima che si concretizza riportando la produzione a Treviglio con orgoglio e con successo. Abbiamo aperto una Academy all’interno di Bianchi, prendiamo i ragazzi che escono dalle scuole e gli insegniamo che la bicicletta non è solo un cimelio del nonno, appeso in garage, è un mezzo di trasporto e sta diventando il mezzo principale di trasporto”.

 

Una notizia in controtendenza, per un made in Italy che può fare scuola nell’imprenditoria artigianale e nazionale. La storia di Bianchi, forse il più storico e prestigioso marchio di biciclette al mondo, è la nostra storia. Iniziata a Milano nel 1885 con Edoardo Bianchi e non ha eguali.

Edoardo Bianchi sosteneva che il miglior modo per testare un prodotto fosse l’utilizzo in gara. Speriamo di vedere sfrecciare sotto le gambe degli azzurri sempre di più bolidi celesti, capaci di esaltare il successo di una impresa intesa non solo come traguardo ma anche come vanto dell’economia italiana. Su strada, come facevano Coppi, Gimondi, Pantani, Bugno, ma anche su pista, come faceva Maspes.

Gianni Bugno vince il Mondiale di Benidorm su una Bianchi (foto archivio Gianni Bugno)
  

A Treviglio “l’obiettivo a pieno regime è raggiungere le 1.000 unità prodotte per turno. La produzione di telai in carbonio nel nuovo stabilimento avrà il via nel 2023. La nuova sede e l’innalzamento della capacità produttiva avranno importanti e positive ricadute anche sulla realtà locale, a partire dall’aspetto occupazionale: a pieno regime, il nuovo stabilimento occuperà infatti oltre 250 dipendenti fra impiegati, risorse tecniche e produttive”.

Il nuovo stabilimento Bianchi ospiterà per la prima volta un museo Bianchi. E la storia continua.

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