Qualificazioni Qatar 2022

L'Europeo ha fatto uno strano effetto all'Italia di Mancini

Contro la Svizzera finisce 1-1. Ora il ct della nazionale deve affrontare il momento più difficile e vincere lunedì a Belfast contro l'Irlanda del Nord

E dunque ci giocheremo l'accesso diretto ai Mondiali a Belfast, dove siamo già stati eliminati una prima volta (nel 1958), con alcuni di quelli che sono stati eliminati la seconda volta (nel 2017). Il regolamento rende la situazione più brutale di com'è veramente: anche nella malaugurata ipotesi di un secondo posto, avremmo ancora il salvagente del doppio play-off a marzo. Ma diciamoci la verità: chi ne ha voglia? Con quale testa? Con quale spirito, in queste ore in cui già l'Irlanda del Nord è rappresentata come una specie di Manchester City più cattivo? Come faremmo a scampare al senso di apocalisse che ci prenderebbe se arrivassimo secondi, assecondando l'impulso auto-distruttivo – che già serpeggia, e lo sentiamo avvicinarsi come la musichetta di John Williams annunciava l'arrivo dello Squalo – di buttare a mare un 2021 da sogno? Perché il punto è proprio questo.

   

L'Europeo vinto ha fatto uno strano effetto alla Nazionale e al suo ct. Prendiamo le cinque partite “vere” giocate da settembre in avanti, tutte a parte la scampagnata con la Lituania: l'Italia ha giocato su alti livelli solo l'unica che non contava niente, la finalina di Nations League contro il Belgio. Poi tre pareggi, la sconfitta con la Spagna e solo tre gol segnati in quattro partite, nessuno da una prima punta. Prime punte degne di una grande Nazionale del resto non ne erano in campo nemmeno ieri: al netto della comprensibile gratitudine di Mancini verso gli eroi di Wembley, Belotti non lo è più da tempo, e basterebbe guardare le statistiche del campionato per accorgersene in cinque minuti. Il tenero Raspadori, battezzato il nuovo Pablito con la frenesia tipica di questi tempi matti, è in un periodo di bassa marea, il che a 21 anni è normale se non sei Haaland. “Sono loro stasera i migliori che abbiamo”, diceva il poeta, e comunque in mancanza di Immobile sono loro che dovranno segnare una gragnuola di reti a Belfast. Servirà dunque una gran mano dagli esterni e dalle mezzali, vero poker d'assi nella manica di Mancini agli Europei: e dovendo ragionare rozzamente in termini di gol da segnare, non si può sorvolare sulle polveri bagnate di Barella, al secondo gol sbagliato a porta praticamente vuota in una settimana dopo quello nel derby, e sulla sostanziale allergia all'area di rigore di Locatelli e Insigne.

 

Resta Chiesa, che ha fallito un gol non difficilissimo a cinque minuti dalla fine ma che rimane il più caldo di una brigata sin troppo intiepidita, e quello presumibilmente più a suo agio nella fornace emotiva, tutta nelle nostre teste, che ci aspetta a Belfast. Era stato lui, d'altra parte, a tirarci fuori dalla buca che c'eravamo scavati da soli nel secondo tempo contro l'Austria a Wembley, il momento più psicologicamente delicato dell'era Mancini prima di queste fatidiche 72 ore.

    

Poi la Svizzera magari non batterà la Bulgaria, che in fondo ha gli stessi punti dell'Irlanda del Nord, ha pareggiato a Firenze a settembre e poi si sa come vanno queste cose, e infine gli svizzeri hanno fuori tutte le punte migliori: ma permetteteci di dire che una squadra che si è vista graziare su rigore al 90° affronta meglio la partita successiva rispetto alla squadra che l'ha fallito. Il paradosso della situazione è che tuttavia dipende solo da noi, andare alla ricerca nella testa e di conseguenza nelle gambe di quello 0-3 che in una situazione logica dovrebbe bastare per andare in Qatar. Dipende da noi se continuare a flagellarci con i rigori di Jorginho che ci sono costati quattro punti o trovare un modo per riannodare i fili di un discorso che tecnicamente e tatticamente esiste ancora, mentre emotivamente ricorda un po' quello della giovane coppia che, dopo sei mesi di passione sorprendente e travolgente, fatica a compiere lo step successivo, quello che solitamente conduce alla maturità.

 

Sintomatica la serata di Donnarumma: sarà che l'abbiamo un po' perso di vista, ma non lo ricordavamo così impacciato con i piedi, di quegli impacci che non dipendono da niente e nessuno se non dalla centralina nel cervello (e il pateracchio al 92' è stato evitato solo perché era un errore talmente grottesco che ha colto di sorpresa gli attaccanti avversari), come se il peso delle scelte che ha dovuto fare e che gli sono state imposte negli ultimi tempi lo caricasse di una pressione ulteriore con la maglia azzurra.

   

Come si esce da questo cul-de-sac? Questi periodi di stanca di solito si mascherano con un bomber che ci mette allegria rimpinzandosi di gol contro le modeste difese della middle class europea: un Kane, un Lewandowski, un Lukaku. Noi non ne abbiamo, e non da ora. Piano B: con facce nuove – per esempio il campionato propone quella di Tonali, tenuto in panchina per 60 minuti per Locatelli – ma ce ne sono poche, gli infortuni non aiutano (vedi alla voce Zaniolo) e soprattutto non c'è tempo. Scordiamoci quei folli esperimenti alla dottor Mengele con cui Ventura perse definitivamente la brocca tra l'andata e il ritorno con la Svezia: questi siamo e questi saremo anche lunedì sera, sperando che basti.

 

Con un'Italia serena, ancor prima che seria (siamo fin troppo seri), basterebbe e avanzerebbe – sarebbe bastato anche contro la Svizzera. È persino possibile che i cattivi pensieri che ci sorveglieranno la mente per tre giorni scompaiano all'improvviso dopo il fischio d'inizio, in conseguenza del primo rimpallo a favore o di un qualunque tiro deviato: del resto è impensabile che l'Irlanda del Nord, che ieri ha battuto il materasso Lituania 1-0 solo su autogol, possa offrire qualcosa di più che delle oneste barricate. Certo, è facile appellarsi alla razionalità quando c'è la luce migliore. Arrivano i tre giorni più difficili della gestione Mancini, quello in cui l'entusiasmo non è più l'ingrediente segreto della formula magica ma un vento fortissimo che ti soffia contro, come certe notti gelide di Belfast.

 

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