Riccardo Piatti con Maria Sharapova (foto EPA)

l'eretico del tennis

Il magnifico spot dell'allenatore di Sinner contro lo statalismo

Luca Roberto

Riccardo Piatti se la prende con la "poca voglia di rischiare aprendosi al mondo, la propensione a cullarci sugli aiuti provenienti dallo stato senza considerare l'impresa privata". Parla di tennis ma è una disamina lucidissima sul nostro paese

Un allenatore di tennis che impartisce lezioni di economia. Vi sembra così strano? È quanto ha fatto in una bella intervista al Corriere della Sera Riccardo Piatti, coach di Jannik Sinner, capace come pochi di cogliere nel segno quando si parla di soldi pubblici e contributo dei privati. Piatti racconta com'è partita la sua carriera: era un tecnico della Federtennis e quando un giorno, nel 1988, gli dissero che non poteva più seguire i suoi ragazzi, tra cui Renzo Furlan e Cristiano Caratti, fece di testa sua e si dimise.

"Se sei a capo di un progetto e quel progetto fallisce, la colpa non è di chi ci lavora, ma tua. Così mi alzai e me ne andai. Quel giorno decisi di mettermi in proprio, con i miei ragazzi, trovando una casa tutta nostra a Moncalieri, diventando una specie di eretico". Da qui l'ascesa che lo ha portato a fondare la sua accademia a Bordighera, da cui sono passati giocatori come Ivan Ljubicic, Novak Djokovic, Maria Sharapova e ora, appunto, il campioncino altoatesino Sinner.

Ma è proseguendo la lettura dell'intervista che emerge la lucidità delle convinzioni di Piatti. Chiedendosi perché l'Italia eccellesse nel calcio e nel volley e non nel tennis, l'allenatore ha concesso una risposta tutt'altro che banale. Tutta colpa di un "approccio sbagliato", i cui elementi sono la "poca voglia di rischiare aprendosi al mondo, la nostra eterna propensione a cullarci negli aiuti provenienti dallo stato, ovvero la Federazione, senza considerare l’impresa privata. Lo vede che il tennis è una parte per il tutto? Adesso finalmente è cambiata la rotta. E in qualche modo, io mi ritengo un pioniere di questa nuova frontiera".

 

Parla di tennis eppure potrebbe riferirsi tranquillamente alla siderurgia di stato, al salvataggio delle compagnie di bandiera. Ma com'è arrivato Piatti a maturare una posizione così 'eretica'? Lo spiega lui stesso. Riconducendolo alla sua provenienza familiare e geografica, il comasco, dove ha iniziato a muovere i primi passi da allenatore in giovanissima età. "I miei genitori vengono da una terra di lavoro, che rifugge dagli aiuti statali. Mi hanno sempre insegnato a contare su me stesso. A casa nostra, statalismo era una brutta parola".

Parafrasando Mourinho, chi sa solo di tennis non sa nulla di tennis. E in questo caso sapere che le chance di crescita del nostro più grande prospetto tennistico degli ultimi anni siano legate a un uomo che ha capito cosa non funziona dell'Italia più di molti esponenti delle istituzioni, non può che lasciarci tranquilli. 

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