Filosofia dello zero a zero

Paolo Nori

Caro Brera, meglio stare male per davvero, come quando ci si innamorava, che un pareggio senza reti

Uno dei più grandi giornalisti sportivi italiani, Gianni Brera, diceva che la partita più bella è quella che finisce zero a zero; lui era uno a cui piaceva il calcio all’italiana, difensivo, e una partita che finisce zero a zero è una partita in cui le difese hanno la meglio, si esaltano. Ecco, Parma-Monza, giocata allo stadio Tardini di Parma domenica 17 ottobre, che è finita zero a zero, io l’ho trovata così mortificante che secondo me non sarebbe piaciuta neanche a Gianni Brera. 

  
Quando sono entrato allo stadio, la prima cosa che ho visto è stato il pullman del Monza, rosso di un rosso di quelli che prendono le macchine rosse quando stanno troppo tempo al sole, quel rosso un po’ strinato: “Questo pullman ha bisogno di un carrozziere”, ho pensato appena l’ho visto, poi quando sono entrati in campo ho visto che non è il pullman, è proprio il colore delle magliette del Monza, che è di quel rosso lì. 

  
Che era una cosa, non so, che prometteva bene, nella mia testa, invece poi la partita è andata tutta da un’altra parte e son venuto fuori dallo stadio, alla fine, così depresso che faccio fatica a parlarne, di quella partita lì. Del resto le partite del Parma, ultimamente, non c’è mica da star tanto allegri: il Parma, le ultime cinque partite, ha fatto tre punti, l’unica squadra che ne ha fatti meno è il Pordenone, ultimo in classifica: con dei risultati del genere, di cosa vuoi parlare? Ho preso degli appunti, è vero, io quando guardo le partite ho un taccuino, sul quale mi segno le cose, a che minuto succede la tale occasione, quando ammoniscono il tal giocatore, eccetera eccetera. Probabilmente potrei farne a meno; nei pezzi che scrivo poi per il Foglio queste cose, a che minuto è successa la tale occasione, quando hanno ammonito il tal giocatore, son cose delle quali non parlo mai. Quella cosa che faccio, di prender degli appunti, è un po’ una recita. Ci sono quelli che, siccome non son capaci di fare una cosa, la recitano. Io, di mestiere, scrivo dei libri, e ne vedo diverse, di persone che scrivono dei libri e che recitano la parte dello scrittore: anch’io, tanti anni fa, ero a Pisa a leggere una cosa, ho sentito uno del pubblico che diceva, di me, a quello seduto di fianco a lui: “E’ vestito come Carlo Lucarelli”, ed effettivamente aveva ragione, io mi vesto sempre di scuro, come Carlo Lucarelli, una specie di vestito di scena che però mi metto anche nella mia vita privata, forse recito anche nella mia vita privata, non so, quello che so è che, quando sono stato in tribuna stampa a veder Parma-Monza, e mi segnavo le cose che succedevano in campo, sul mio taccuino, siccome poi quelle cose lì che mi segnavo pensavo che non le avrei usate, mi son sentito come uno che la recitava, la parte del giornalista, e me lo son segnato sul taccuino; però… Ci son due però. Il primo, che il 17 di ottobre, il giorno di Parma-Monza, questa recita ha prodotto un effetto imprevisto. A un certo punto, al quindicesimo del primo tempo, un difensore del Monza ha fatto un rinvio sbilenco e io mi sono segnato, sul taccuino: “Difesa del Monza tecnicamente migliorabile” (e adesso la sto usando per scrivere, quindi quella cosa che ho scritto, che io non uso gli appunti che prendo, non è mica vera). Nei cinque minuti successivi, tre difensori del Parma, Osorio, Cobbaut e Coulibaly, hanno fatto tre maroni che, per fortuna non è successo niente ma poteva succedere qualcosa di brutto, per il Parma, e io ho pensato che fosse colpa mia: che gli errori di Osorio, Cobbaut e Coulibaly fossero stati determinati dalla frase che avevo scritto io sul difensore del Monza che, tecnicamente, era migliorabile, che frase da deficiente. 

 
C’è stato un periodo, tanti anni fa, quando ho scritto la tesi, che ero abbastanza esaltato per via del fatto che mi sembrava incredibile, di riuscire a mettere insieme 150 pagine una dopo l’altra che parlavano tutte dello stesso argomento e avevo un quadernetto, dove mi segnavo delle cose mie private, che mi sembrava che quel che mi segnavo sul mio quadernetto diventasse poi vero; adesso, con il mio taccuino da tribuna stampa, mi sembra che mi succeda il contrario: mi segno che i difensori del Monza son grami tecnicamente, e i difensori del Parma fan tre maroni uno dopo l’altro che tecnicamente fan venire i brividi; mi segno che quel che scrivo sul taccuino non mi servirà, e invece poi scrivo che al minuto quindici del primo tempo un difensore del Monza ha fatto un rinvio che tecnicamente son migliorabili, e lo metto poi dentro l’articolo, esattamente il contrario. 

 
Allora, alla fine di Parma-Monza, ho scritto una cosa, sul mio taccuino: che le prossime cinque partite il Parma non fa neanche un punto, le perde tutte, voglio vedere poi cosa succede. 

 
Non l’ho detto, ma il Monza, l’ultima mezz’ora, l’ha giocata in dieci: al sessantunesimo, leggo sul mio taccuino, è stato espulso, per doppia ammonizione, Marrone, e il Parma, in dieci, e più forte, non ha praticamente fatto quasi niente, come se non avesse la forza, la volontà, il carattere, per vincere. 

 
Dopo, sia detto per inciso, Parma-Monza è stata una partita memorabile soprattutto per via del fatto che l’arbitro, Fabio Maresca, e l’allenatore del Parma, Enzo Maresca, avevano lo stesso cognome, che non è una cosa che succede spesso, e alla fine mi è dispiaciuto anche che nel dopopartita l’allenatore, non l’arbitro, l’arbitro, Fabio Maresca, alla fine non ha detto niente, l’allenatore del Parma, invece, Enzo Maresca, nel dopopartita ha detto che lui era proprio soddisfatto, che Parma-Monza gli era sembrata un’ottima gara e che lui vedeva dei miglioramenti anche caratteriali, nella sua squadra. 

 
Il contrario di quel che sembrava a me che, uscendo dal Tardini, ho pensato che sarei stato più contento se avessimo perso. 

 
E mi è venuta in mente una cosa che ho anche già scritto, in questi pezzetti, e anche dentro un romanzo uscito un paio di anni fa che si chiama “Che dispiacere”, il cui protagonista, che si chiama Bernardo Barigazzi e che scrive su un giornale sportivo con lo pseudonimo di Ivan Piri, che anche lui tiene per il Parma, tiene per il Parma non per le vittorie, ma per tutto il freddo che ha preso allo stadio Tardini di Parma, e che i momenti memorabili, nella sua esperienza di tifoso, non son stati i momenti in cui il Parma ha vinto le coppe europee o quelli in cui la Nazionale ha vinto i Mondiali, son state le sconfitte: “Secondo me – diceva Ivan Piri –, mi sbaglierò, ma quando perdi, che poi non perdi te, perdono loro, ma a te ti dispiace, e magari perdi quattro a zero, o cinque a uno, e nell’andare a casa guardi per terra e vedi tutte le foglie, tutte le crepe che ci son sull’asfalto e ti vien da pensare a tutto quello che non va mica bene nella tua vita, a tutte le cose che ti eri ripromesso che le facevi e poi non le hai fatte, tutto il freddo che hai preso, ecco secondo me, quei momenti lì, che te ti chiedi ‘Ma che vita sto facendo?’, secondo me quelli sono momenti che a me piaccion di più, di quando sei in centro, imbottigliato sopra una macchina, che canti l’inno nazionale con una bandiera in mano e la faccia dipinta di blu, o di tricolore o di biancocrociato o in qualsiasi altro modo”. Ecco io, il 17 ottobre, uscendo dal Tardini, ho guardato per terra e non c’eran le foglie, non c’erano le crepe nell’asfalto, o c’erano ma non le vedevo, e non le vedevo perché non avevamo perso, avevamo pareggiato; se avessimo perso, almeno, avrei avuto quel momento lì bello, che guardavo le foglie, che pensavo a tutto quello che non va mica bene nella mia vita, invece no, non abbiamo neanche perso, abbiamo fatto uno squallido zero a zero che chissà come mai, gli piacevano così tanto, a Gianni Brera, gli zero a zero. 

 
La domenica successiva, 24 ottobre, il Parma giocava contro la Reggina, a Reggio Calabria e io l’ho vista da casa, non ci sono andato, il mattino dopo dovevo essere a Milano per insegnare, non facevo in tempo, però l’ho usato anche da casa, il taccuino, una recita privata, e all’inizio ho scritto, i primi tredici minuti: “Non teniamo palla non facciamo un’azione”. “Loro ogni volta che ripartono fanno dei danni ”. “Angolo pericoloso per loro”. “Perdiamo palla regolarmente”. Ecco. Dopo, al quattordicesimo, ha fatto gol la Reggina, e io non mi sono più segnato niente fino al cinquantottesimo quando, per la Reggina, è entrato Cortinovis, un ragazzo che viene dal vivaio dell’Atalanta e il commentatore ha detto che  “l’Atalanta continua a sformare talenti”, e io ho pensato che, a sformare talenti, in questi ultimi anni, il Parma è molto più  bravo dell’Atalanta, secondo me. 

 
Dopo la Reggina ha segnato il due a zero, su rigore, poi il Parma, a dieci minuti, dalla fine ha segnato il gol della bandiera, con Vazquez, il giocatore più forte di tutta la serie B, probabilmente, e poi è finita, abbiamo perso, e io, il mio stato d’animo, ero molto più a mio agio, rispetto alla settimana prima, quando avevamo pareggiato. 
E mi è venuta in mente una cosa che ha a che fare con una rivista che proviamo a fare da qualche anno, rivista che si chiamava, in origine, Niente: ci piaceva che qualcuno andasse dal libraio a chiedere “E’ uscito Niente?”, o “Mi dà Niente?”, solo che non ci siamo riusciti, a far Niente, era un compito al di sopra delle nostre forze, abbiamo smesso per qualche mese, poi abbiamo pensato di riprovare cambiando titolo alla rivista, l’abbiamo chiamata Qualcosa e ci siamo riusciti, a fare Qualcosa, ne sono usciti due numeri e, poco prima che cominciasse la pandemia, nel gennaio del 2020, ci siamo trovati a lavorare al terzo numero. 
L’argomento di quel numero era: le storie sentimentali finite male; i disastri sentimentali, praticamente. 

 
Ecco noi, quella sera lì, le venti persone che erano lì, di quei momenti che abbiamo passato tutti, che siam stati male per amore, se così si può dire, di quei giorni così dolorosi che eravamo messi così male che ci sembrava di non esser mai stati tanto male nella nostra vita, e non ci sembrava possibile stare peggio, a ripensarci dopo degli anni, quella sera lì, ci è venuto su un sentimento che si potrebbe riassumere così: “Ma come son stato male bene, quel giorno lì. Ma che bello, essere così vivi”. Altro che uno squallido zero a zero. 

 
Quanto all’allenatore del Parma, Enzo Maresca, la notte dopo la sconfitta con la Reggina ho scoperto che su un social network c’è un gruppo che si chiama “Aggiornamenti quotidiani sull’esonero di Enzo Maresca”. La sera di Parma-Reggina è uscito un post che diceva così: “Ancora niente”.
 

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