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Il ritorno di Dovizioso in MotoGP: un bisogno di velocità

Giorgio Burreddu

L'ultima corsa è stata in Portogallo il 22 novembre 2020. Da allora sono passati dieci mesi che "mi sono sembrati tre anni". Cosa aspettarsi dal pilota italiano che a Misano torna a guidare in un Gran premio

Ha detto: “Senza corse stavo benissimo, ma dieci mesi mi sono sembrati tre anni”. Tutti marinai questi piloti. Toccano terra, provano a fare i conti con un futuro stabile, senza più avventure né sportellate. Poi sentono una stretta al cuore: hanno bisogno di velocità e di tempo per vivere. E sono pronti per un altro viaggio. Non è diverso Andrea Dovizioso, da venerdì 17 settembre di nuovo a bordo della MotoGP. Quelli della Yamaha gli hanno offerto una scialuppa. E lui, ovviamente, non poteva “dire di no”.

Come avrebbe potuto rifiutarsi il tre volte vice campione del mondo (2017, 2018 e 2019), il terzo pilota italiano più vincente di sempre in top class (dopo Giacomo Agostini e Valentino Rossi), il ragazzo di Forlì, quello della porta accanto, capace di tenere testa persino al cannibale Marc Marquez? “Confesso che mi sarebbe piaciuto uscire di scena senza clamori”. Tutti bugiardi questi piloti. La pista è un mare, il suo richiamo è troppo forte. Persino per Dovi, lieve e leggero. “È il mio mondo, ci ho vissuto per vent’anni, quindi è normale che ti manchino delle cose. A me mancava l’adrenalina, il poter star davanti”.

A dire il vero le prime libere a Misano, palcoscenico del prossimo Gp nel week-end, lo hanno visto molto indietro, addirittura ultimo. E l’impressione è che ci vorrà del tempo perché Dovi ritrovi il passo gara. Sulle spalle ha messo solo qualche test con l’Aprilia e una bella manciata di gare da cross. Riadattarsi alla potenza della Yamaha, però, è un’altra cosa, è ben altra impresa.

 

In Petronas Dovi ha tra le mani una moto del 2019, quella che è stata di Franco Morbidelli (passato al team ufficiale). E soprattutto è finito tra le mani di un capotecnico, Ramon Forcada, guru del paddock, raro esemplare di homo puntiglioso: questo rischia di innescare una miscela esplosiva. Per Dovi non sarà facile prendersi con Forcada. Duro, non sempre incline al dialogo, ma di una competenza esagerata. Riuscì a vincere il mondiale con Jorge Lorenzo, scalzando Rossi dal trono del Mondiale e della stessa Yamaha. Anche se nel conto, poi, dovettero metterci le discussioni, i toni forti, gli scazzi. Con Dovizioso che rapporto si creerà? E ancora: Dovi è disposto ad ascoltare o vuole l’ultima parola? Difficile dirlo adesso, la traversata è appena iniziata. Ma qualche indicazione c’è.

Nel raccontare l’esperienza di Dovizioso all’Aprilia, Romano Albesiano, direttore tecnico della Casa di Noale, ha spiegato che “Andrea su certi temi ci ha dato indicazioni molto utili, su altri ha sviluppato una sua strada, suoi obiettivi che non erano compatibili”. Segno che Dovizioso ha bisogno di incidere. Prima nel box con le parole, poi in pista. Bella sfida, figuriamoci a quasi 36 anni. Nel 2022, quando Dovizioso avrà a disposizione una Yamaha ufficiale, e un anno in più sulle spalle, tutte queste cose avranno trovato un incastro, un posto preciso nella storia. “Se sei qua, è perché pensi di potertela giocare. Non ho mai corso solo per fare numero. Non mi diverto quando è così, non mi piace" ha detto.

 

Gli ultimi mesi alla Ducati, l’anno scorso, erano stati insopportabili. Era diventato un numero. E l’argomento era sempre lo stesso: il rinnovo del contratto. Alla Gazzetta dello Sport, dieci giorni dopo l’addio dai garage di Borgo Panigale, Andrea disse: “Ho dato l’anima, credevo veramente nel progetto. A differenza di certe persone in Ducati che hanno sempre pensato che non ci provassi a sufficienza… Chi ha visto questo è davvero limitato, legge certe dinamiche in modo sbagliato”. Ma è da sciocchi pensare alle rivincite, alle ripicche, al riscatto.

Il ritorno di Dovi in MotoGP è dato da un bisogno di velocità, niente di più. C’è già chi rinnega la scelta: tu quoque? Dimenticando che quella di Andrea è una generazione fatta così, che le moto le considera un feticcio. Anche se, disse lui al Foglio Sportivo, “l’età ti cambia. Io sono cambiato, sono diventato più calmo e più tranquillo, più riflessivo, per cercare di gestirmi nel migliore dei modi in ogni situazione. Sono cambiato un po’ nei desideri: se voglio una cosa la faccio subito, prima posticipavo”.

Foto LaPresse
 

Antidivo, poco social, mai una svirgolata sulla vita privata. Dovi è quello che va a girare con gli amici del Ten Bota Team, e che non ha paura di scegliere il silenzio. In queste ultime settimane di mondiale farà coppia con Valentino Rossi, che starà dall’altra parte del paddock. Quasi amici. Mai nemici. Strano vederli compagni proprio adesso. “Ci siamo sempre incrociati - ha detto Dovi -, anche a livello di cambi di moto e purtroppo non ci siamo mai giocati un campionato io e lui. Adesso non è che ci giocheremo qualcosa di importante in queste cinque gare, ma come lui si vorrà godere queste gare, anche io cercherò di fare del mio meglio”. Sembra il viaggio dell’elefante. Invece è solo un altro orizzonte da navigare a trecento all'ora.

 


 

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