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L'Inter è una storia di occhi annebbiati e cuore fanciullo

Andrea Maietti

Torna il campionato e i nerazzurri se la vedranno con il Genoa. Cosa devono aspettarsi i tifosi da questa stagione? Niente di più di quello della storia del club. E serve avere almeno ottant'anni per portarsela dentro tutta

Bisogna avere almeno ottant’anni per portarsi dentro tutta la storia dell’Inter, i miei. I primi capitoli nei racconti di mio padre, razza dei poveri, che prendeva il tram, attaccandosi al trolley, per scalare poi non so come la cancellata dell’Arena e vedere Peppin Meazza, il più grande di sempre. Poi venne la mia prima partita a San Siro. Era il 26 settembre del 1954. Seconda di campionato e prima partita in casa dell’Inter, ospite la Spal.  Eravamo arrivati allo stadio un’ora prima. Pa’ aveva posteggiato la sua cigolante Cinquecento Giardinetta appena in tempo per versare una boule d’acqua fredda nel radiatore.  "Questo è San Siro". "Madonna, pa’!". C’erano il Kamikaze (Ghezzi) il Nacka (Skoglund), e Veleno (Lorenzi). Non potrò dimenticarli mai. Il Nacka! Ricevuta palla da Ghezzi, si lanciava sull’out in mosse di danza: ogni dribbling un biondissimo olé. 

Venne poi la grande Inter del Mago Herrera. Il suo proclama a tutti noi antichi tifosi: Venceremo todo y contra todos. Noi ricambiammo con uno striscione: Sia la sorte azzurra o nera, viva l’Inter, viva Herrera. Il Nacka aveva lasciato un erede, Matto-Birago Corso. Per Gianni Brera il participio passato del verbo correre. Per Pasolini un poeta maudit. Il poeta maledetto si aggiungeva alla squadra quasi di contraggenio: sceglieva la sua fetta di campo (di proporzioni opportunamente ridotte ) e da lì improvvisava, nei giorni di vena, versi di finezza inaudita, agudezas barocche, stilettate di meraviglia. Accanto a lui un angelo dalla faccia sporca, Antonio Valentin Angelillo. Come diceva Hemingway di Fitzgerald:  aveva un talento naturale come il disegno tracciato dalla polvere sulle ali di una farfalla. L’architetto Suarez, la roccia Burgnìk. E Ribot Facchetti, un purosangue tra le stanghe di un menalatte: soprattutto un galant homme.

Poi venne Massimo Moratti: il sogno che si può vincere nello sport, come nella vita, ragionando come ragiona il cuore. Per noi, tifosi catacombali, Massimo Del Sogno ha commesso un solo errore: aver licenziato un suo simile, il mite Gigi Simoni, costola di Nereo Rocco, come Bagnoli, liquidato a suo tempo perché sapeva esprimersi soltanto nel dialetto di Peppino Meazza. Ronaldo, the one and only. Il calcio, malgrado le ferite tele-miliardarie, resta una favola antica, la reliquia di un sogno, quando scendono in terra poeti come Ronaldo.

L’avvento di Mourinho, costola di Herrera. Più del Triplete e della Champions rimarrà quell’Inter-Sampdoria. Con l’Inter ogni arbitro ritiene di imitare Lo Bello (Concetto). I nostri in nove alla mezzora del primo tempo. Mou alza le braccia, le incrocia a manette: così il potere cerca di fermare l’Inter. I cinquantamila del Meazza all’unisono sventolano un fazzoletto: la pañolada, un fazzoletto bianco per pulire la vergogna. Gli spagnoli sono bravi coi neologismi: pañolada, remuntada, manita. Ma non avevano Gianni Brera, capace di fondere inglese (goal) e spagnolo (matador) per inventare l’immortale epiteto di goleador. Brera tifava Inter in incognito. Era amico di Angelo Moratti e della moglie Emilia, da lui battezzata Lady Real. Con Lady Real e amici Gianni Brera giocava a scopone una volta la settimana, Da Roberto in Corso Sempione. Pagava sempre lui, il Gioânn, perché avessero pagato i Moratti, diceva, sarei passato per venduto.

Poi sono arrivati i cinesi. Una popolare canzoncina milanese di Pinchi e Panzuti (1948): Han rubato stanotte alle tre / il Duomo di Milano. / Quanta gente fra sé / si domanda com'è / porca l'oca / ma il Duomo dov'è? Nella canzoncina i ladri erano gli americani. Adesso sono i cinesi. Vagando, così ricordando, fratelli dell’Inter, che male vi fo? Sono vecchio. I vecchi ricordano nitidamente, dimenticano in fretta. Già dimenticati Conte e Lukaku. Ma oggi torna il campionato con Inter-Genoa. E il vecchio Majett, detto Zio Athos,  ha già ingaggiato un nipotino, che gli ha installato il nuovo programma tv per la partita. Gli occhi un poco annebbiati. Il cuore quello fanciullo di Inter-Spal 1954.

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