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Come lavora uno scout nel calcio?

Francesco Caremani

“Algoritmi e intelligenza artificiale servono per scremare, rispetto a ciò che un club cerca, caratteristiche tecniche e tattiche, altezza, peso. Poi però il giocatore lo devi vedere in campo". Parla Roberto Gemmi

Una volta l’estate era il tempo, sospeso, del calciomercato. I sogni dei tifosi s’intrecciavano con i portafogli dei presidenti e questi con le bizze dei calciatori, quando i procuratori erano figure indistinte e stavano un passo indietro piuttosto che tre davanti. Oggi che il calciomercato è un continuum spazio temporale basta un like sui social per smuovere le acque e vedersi affibbiare una maglia piuttosto che un’altra. Più qualità contro più quantità, sia di calciatori da tutto il mondo che di possibilità d’intercettarli. Compito riservato agli scout dei vari club che devono sapere individuare non solo il giocatore adatto al modulo ma anche all’ambiente, con questo elemento che spesso è più importante di tutto il resto. Roberto Gemmi è stato responsabile degli scout a Carpi, Verona, Palermo, Varese, Arezzo e Pisa, con un’esperienza nazionale e internazionale che pochi altri possono vantare: “Un lavoro completamente trasformato, al di là della pandemia. Una volta si girava il mondo, oggi si va da piattaforme come Wyscout a video, statistiche, algoritmi e intelligenza artificiale. Quando si sceglie un calciatore lo si deve tarare sul proprio club, possibilità economiche, ambiente, modulo tattico. Per tutti questi motivi, alla fine, è fondamentale vederlo dal vivo, osservarne, soprattutto, l’atteggiamento”.

Gemmi ha creato il FIS, Fattore di indice statistico, portato pure a Coverciano, che aiuta nella scelta del calciatore: “Lo scout deve muoversi un passo prima dei tornei internazionali, perché se il giocatore è già conosciuto e poi esplode arrivano subito i grandi club, con i quali non puoi competere economicamente (Locatelli è l’esempio lampante, ndr). Alla fine, però, è il rendimento che fa la differenza ed è lì che interviene il FIS, perché aiuta a capire quanto un atleta può rendere nel nostro campionato provenendo da tornei diversi. Però i numeri e le statistiche da soli non bastano, sono uno strumento di riflessione e vanno saputi leggere, se li leggi male fai la scelta sbagliata”.

C’è poi la questione dei settori giovanili: “Troppi bambini vogliono giocare. Bisognerebbe abbassare l’età dei vivai, a vent’anni non puoi essere un fuoriquota o sei un calciatore professionista o non lo sei, al di là delle eccezioni. In Italia tutti parlano di settore giovanile ma pochi lo fanno; solo Empoli e Atalanta sono veramente all’avanguardia. La differenza tra noi e l’estero è fatta dalle infrastrutture e dalle professionalità di chi lavora con i giovani, insieme alla selezione, feroce. Su mille ne arriva mezzo, cioè una gamba su duemila, i ragazzi e le famiglie dovrebbero esserne coscienti invece di dare la colpa agli altri dei propri fallimenti”. Senza dimenticare che negli ultimi anni abbiamo visto, in Italia in particolare, i giovani utilizzati più per creare plusvalenze che come investimento tecnico e sportivo.

Su questa attività s’innesta, poi, un altro fattore molto italiano: “In un club il ruolo dello scout è fondamentale, un ruolo che non si può dare all’amico solo per trovargli un lavoro nel calcio”. Secondo Roberto Gemmi, oggi come oggi, i calciatori stranieri che danno più garanzie per il campionato italiano sono belgi, francesi e olandesi, in Europa, argentini e uruguaiani, nel resto del mondo, con i brasiliani che stanno crescendo, da questo punto di vista.

“Algoritmi e intelligenza artificiale servono per scremare, rispetto a ciò che un club cerca, caratteristiche tecniche e tattiche, altezza, peso. Poi però il giocatore lo devi vedere in campo, altrimenti non si spiega come sia stato possibile che un calciatore abbia avuto un rendimento diverso giocando in due squadre della stessa città. Infine il carattere e la mentalità, da sempre due elementi fondanti la forza di un giocatore, si parla molto oggi di aspetto mentale ma è sempre stato determinante”. La costruzione di un club, di una squadra sta nelle scelte dello scout e del direttore sportivo: “Il coraggio di scegliere alla fine fa la differenza. Il nemico? Farsi condizionare dai numeri, dal momento della squadra. Quando la scelta è inquinata da troppi fattori si sbaglia”.

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