(Lapresse)

Il calcio etico è una menzogna 

Giuliano Ferrara

L’etica è la signorina più invocata e meno ossequiata che ci sia. Ma lo show più bello del mondo lo si costruisce spesso a caro prezzo. E al pallone servono evoluzioni, non cercatori di oro consensuale

Club ricchi e famosi, indebitati, decidono un torneo esclusivo tra di loro, per fare soldi, e così svalutano gli altri tornei. Nasce un Olimpo europeo del pallone, blasonato, esclusivo (sempre che poi nasca davvero). Declassata la Champions League, che resta una competizione aperta ma con l’autoesclusione degli Dei dello stadio, declassato in parte anche il campionato nazionale, e impoverito per la sete di gloria denaro spettacolo delle grandissime. Questo l’annuncio della Superlega del calcio. Si può invocare il sentimento demo-romantico del calcio bene comune, sebbene anche questo benecomunismo della palla, che poi è il Maradona-pensiero, si scontri con la realtà, e con lo star system luccicante e supermiliardario. Ma non si può scomodare l’etica, come fanno la Uefa e la Fifa e i governi d’ogni specie e praticamente tutti i cercatori dell’oro consensuale. L’etica è la signorina più invocata e meno ossequiata, in effetti, che ci sia. In molti campi, campi di calcio inclusi.

 

Stando a notizie controverse recate dal Guardian di Londra, per attrezzare i Mondiali di calcio del Qatar, con il sostegno e l’incoraggiamento delle cattedre di etica calcistica internazionali, in dieci anni si sono sacrificate vittime del lavoro a migliaia, su una scala confrontabile con la costruzione delle piramidi, i manufatti degli schiavi del Faraone. Migranti pachistani, filippini, kenioti, indiani e di molte altre nazionalità sono stati immolati sull’altare del gioco in calzoncini corti e maglia sponsorizzata. Il vile denaro e la gloria politica di regime, più che lo sport popolare e una alleanza del merito e del bisogno, hanno deciso tutto, anche il peggio delle grandi infrastrutture dello spettacolo più bello del mondo costruite a caro prezzo in un segmento del Rinascimento arabo.

 

I professori di etica e i letterati del demo-romanticismo non contestano il sistema com’è, anzi ne sono alla base in molti casi, e il gioco delle illusioni ruota da decenni intorno alla moneta, al mercato degli scambi e degli ingaggi, producendo, non è una novità, briciole di eguagliamento per i club poveri e una sostanza ora carica di debiti per i club più ricchi. L’austerità dei tedeschi fa eccezione, a quanto pare, dico pare, ma non sistema. Se poi il debito del calcio di altissimo livello sia buono o cattivo lo decideranno altri, intanto è debito.

 

Torino è Torino, e lì fu prodotta l’automobile, mentre Benevento, per quanto una tantum vittoriosa sul campo della Juventus, ha prodotto meravigliosi liquori, croccantini e ottime bufale e verdure, punto. Questo mi pare un dato ineludibile. Con un riflesso anche sui sogni e le velleità del mondo del calcio. Certo la Superlega cristallizza con un oligopolio dello show parte dell’eterna competizione tra ricchi e poveri, e questo può dispiacere, tanto più che il povero tifoso delle squadre ricche, chissà, alla fine potrebbe annoiarsi di un tran tran fra soliti noti, riducendosi i percorsi eccezionali e eccentrici. Ma tutto questo c’entra con l’industria, lo show business, l’espansione di pubblicità e consumi di massa, gli introiti da diritti televisivi, i modelli di riferimento di grandi e piccini, l’evoluzione storica del gioco del calcio, la crisi debitoria acuita dalla chiusura virale degli stadi, con l’etica c’entra poco o niente.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.