È Ilicic il vaccino della domenica calcistica contagiata dal coronavirus

Lo sloveno si conferma leader silenzioso e illuminato dell'Atalanta che segna sette gol al Lecce

Leo Lombardi

Una domenica di Serie A mai vista, causa blocco (quasi) totale del campionato stabilito da un governo del calcio persino più ondivago di quello nazionale. Una partita nel primo pomeriggio (Lecce-Atalanta), l'altra poco dopo (Cagliari-Roma). Filmati e attenzione tutta per loro, a riportare un po' di pallone nel flusso verbale dedicato a come organizzare le prossime giornate del torneo in un contesto sanitario nazionale sul filo del rasoio. Soprattutto per l'Atalanta perché se era già raro vedere sette reti in trasferta (il 7-0 in casa del Torino il 25 gennaio), ancora più raro è stato vederle riproposte una seconda volta nel giro di pochi giorni e nuovamente in trasferta. I bergamaschi ci sono riusciti allo stadio di Via del Mare con un secondo tempo da favola, dopo aver chiuso il primo sul 2-2. Una prestazione in cui il collettivo corsa&carattere di Gian Piero Gasperini ha ancora avuto un leader silenzioso e illuminato in Josip Ilicic.

 

Lo sloveno ha cominciato con un angolo la cui traiettoria maligna è stata resa ancora più maligna dal vento, fino al maldestro colpo di testa di Giulio Donati per la comica autorete dell'1-0. Con un altro angolo ha trovato subito dopo la deviazione di Duvan Zapata per il 2-0. Ha quindi realizzato il 3-2 con un movimento che, da solo, ha mandato fuori causa tre avversari aprendogli la porta per una conclusione con l'amato sinistro. È poi arrivata la verticalizzazione che ha liberato in area Mario Pasalic per il cross a Zapata per il 4-2, quindi ha regalato allo stesso colombiano la palla della tripletta per il 5-2 con un assist composto di tecnica e senso dell'equilibrio. Una prestazione di altissimo profilo, come di altissimo profilo sono i numeri di Ilicic, giunto a 15 gol (record personale in Serie A) e cinque passaggi che hanno mandato in rete un compagno.

 

Impressiona soprattutto la continuità di rendimento dello sloveno che, a trentadue anni, sta vivendo la sua migliore stagione da quando è in Italia. Vi arriva nel 2010, per merito di quell'inesausto scopritore di talenti che è Walter Sabatini. Ilicic ha un passato complicato, come tutti i figli della guerra che ha mandato in frantumi l'esperimento politico-amministrativo chiamato Jugoslavia. Un conflitto che deflagra quando le rivendicazioni nazionalistiche, con l'odio etnico che si portano dietro, prendono il sopravvento. Ilicic nasce a Prijedor, nella parte serba della Bosnia-Erzegovina. Il padre è di origine croata, viene ucciso in circostanze mai chiarite, molto probabilmente per vendetta. Poco dopo la madre scappa come profuga in Slovenia, il figlio cresce con la passione del basket e con un pensiero legato al calcio a cinque, che però non si concretizza. Si mette in evidenza nell'Interblock Lubiana che, a causa di una crisi finanziaria, lo svende per soli 80.000 euro al Maribor nell'estate 2010. Qui resta poco, perché quanto combina nei preliminari di Europa League lo pone in grande evidenza. Esce dalla coppa per mano del Palermo, che lo ingaggia tra andata e ritorno pagandolo due milioni e 200mila euro. In Sicilia si aggrega ad altri talenti come Javier Pastore (che non gli cede la maglia numero 27: lui inverte i numeri, da qui il 72 che lo accompagna ancora oggi) oppure ne incontra successivamente altri come Paulo Dybala.

 

Non è continuo, ma i lampi di genio che offre lo mettono in evidenza. Il fisico è atipico per uno nel suo ruolo, subito a ridosso delle punte: 190 centimetri. Ma la tecnica è tale da ricordare un fenomeno come Matthew Le Tissier, il “dio” del Southampton cui lo accomunano l'altezza, la delicatezza del piede e le lunghe pause. Tanto basta alla Fiorentina per convincerla ad acquistarlo nel 2013. Con Vincenzo Montella, che lo schiera seconda punta o centravanti, non si prende, meglio con Paulo Sousa, che chiede di non cederlo quando arriva in panchina nel 2015. Seguono le due migliori stagioni a Firenze, con un addio obbligato nel 2017 causa spending review della proprietà Della Valle. Il trasferimento alla Sampdoria sembra cosa fatta, l'inserimento dell'Atalanta lo convince a legarsi ai bergamaschi: “Vedendoli mi davano l'impressione di divertirsi”.

 

Una impressione che Ilicic contribuisce a rendere stabile fin dal giorno del suo arrivo. Gasperini su di lui non ha dubbi, doppio trequartista con Alejandro Gomez e totale libertà di movimento per entrambi. Un credito di fiducia che lo sloveno non spreca, trovando una continuità mai avuta prima e che ha contribuito a stabilizzare l'Atalanta tra le grandi d'Italia. Lecce è stata il riassunto di quanto possa offrire questo giocatore non più indolente, che i compagni si divertono a chiamare “la nonna” perché sempre stanco, che non regala interviste roboanti, che pare perfino faticare nel sorriso quando c'è esultare dopo un gol. E dire che quest'anno è capitato ben settanta volte in venticinque partite, come da tempo non si vedeva in Serie A.

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