Quella corsa in bicicletta nelle terre di José Saramago

Il racconto della Volta ao Alentejo (vinta da João Rodrigues) tra copricapi agresti, città fantasmi e canti patrimonio dell'Unesco

Daniele Coltrinari

Si chiama Volta ao Alentejo, ma solo sulla carta, per tutti è l’Alentejana. È così da trentasette anni, l’ultima edizione si è corsa dal 20 al 24 marzo: sei tappe in cinque giorni. Nell'albo d'oro della competizione figura anche la vittoria di Miguel Indurain nel 1996, ma più che per il blasone della gara a tappe, correre qui è soprattutto un modo per scoprire l'Alentejo, regione a sud del Portogallo, tra Spagna, Oceano Atlantico, sopra il ben più celebre Algarve. È terra di emigrazione, di uomini e donne partiti verso Lisbona e l’estero in cerca di fortuna e lavoro, di conquiste arabe e reconquiste cristiane, di case vinicole e di produttori di olio, di città fantasma e di Cante Alentejano, patrimonio culturale e immateriale dell'umanità Unesco dal 2014.

 

È quello che viene cantato all’inizio di ogni tappa, un canto corale che accompagnava tra le fine dell'Ottocento e i primi del Novecento chi lavorava nei campi e poi portata nelle piazze delle città durante le feste di paese e i momenti di svago. Dopo la Seconda guerra mondiale, con la progressiva meccanizzazione dell'agricoltura e con la diffusione della radio e poi della televisione, questo canto tipico, soprattutto nel sud della regione, subì un declino che parve a molti inevitabile. C’hanno pensato associazioni culturali e turistiche a riportarlo in auge. Nel 2014 un docufilm di Sergio Tréfaut, Alentejo, Alentejo, che narra le gesta di un gruppo di amanti di questo canto corale, lo ha fatto conoscere in tutto il Portogallo.

 

Il viaggio della corsa non assomiglia alla terra raccontata in Levantado do Chão (Una terra chiamata Alentejo) dal premio Nobel per la letteratura José Saramago. È altro, un rincorrersi di biciclette sino a Évora, il capoluogo della regione.

 

A conquistare la corsa è stato João Rodrigues della W52-FC Porto, da quest'anno squadra Professional Continental (la serie B del ciclismo mondiale), corridore nemmeno venticinquenne che il giorno prima aveva ipotecato la vittoria conquistando la mini cronometro di Castelo de Vide. Sul podio finale Rodrigues ci è salito con il Traje, il tipico copricapo che fu del pastore alentejano, quello sotto il quale António Teixeira Correia, radiocronista portoghese famosissimo in patria, ha raccontato la corsa sulle frequenze di RTP-Antena 1, perché lontano dalla corsa il ciclismo in Portogallo prima di essere immagine è ancora voce. Una voce che raggiunge tutto il paese.

 

L’Alentejana è corsa piccola, ma di interesse nazionale. A organizzarla è la Cimac (Comunidade Intermunicipal do Alentejo Central) e la Podium Events, la società organizzatrice della Volta a Portugal, il Giro d'Italia portoghese. O ancor meglio il Tour de France lusitano. È alla Francia infatti che il ciclismo a Lisbona e dintorni ha sempre guardato e non solo perché il leader della classifica indossa la camisola Amarela, la maglia gialla (stesso colore anche per chi vince la Volta ao Alentejo).

 

In cinque giorni di gara, la corsa ha toccato il settanta per cento dei comuni della regione ed è stata preceduta sempre da Joaquim Gomes, che prima di diventare direttore tecnico della sezione ciclistica della Podium è stato un gran corridore, almeno in Portogallo, è riuscito a correre il Giro d’Italia, a vincere due edizioni della Volta a Portugal e un'Alentejana nel 1988.

 

La Volta ao Alentejo è corsa primaverile per esigenza. Non c’è momento migliore dell’anno per pedalare in queste zone: d’inverno l’escursione termica è considerevole e le temperature di notte e al mattino sono oltremodo rigide, mentre in estate i picchi superano abbondantemente i quaranta gradi. Quest'anno la corsa è partita da Montemor-o-Novo e ha raggiunto Moura, sulle sponde del rio Guardiana, uno dei molti fiumi che nascono in Spagna, diventano confine tra i due paesi prima di raggiungere il Golfo di Cadice e l'Oceano Atlantico.

 

A Moura il basco Enrique Sanz è arrivato a braccia alzate e ha indossato la prima maglia gialla. Il gruppo è giunto in picchiata tra i palazzi che ancora ricordano, per gusti mai veramente trasformatisi, il dominio arabo che tra il dal 711 al 1249 aveva trasformato queste zone nel Gharb al-Andalus, ossia "l'occidente di al-Andalus”. Moura è soprattutto però terra di colline, olio buono – che si fregia di essere tra i migliori dello stato –, e vino apprezzato in tutto il territorio. Prima di giungere all’arrivo i corridori hanno pedalato per Reguengos de Monsaraz, uno dei luoghi più importanti dell’enologia lusitana. È qui che si produce il vinho tinto alentejano, uno dei rossi più apprezzati nel paese, modello anche per la gestione della produzione.

 

La Carmin, una cooperativa agricola fondata nel 1971 da circa sessanta viticoltori, è stata studiata in tutta Europa come riferimento per la gestione sociale del territorio.

 

E di vinho tinto ne girava parecchio al Clube della Volta, uno spazio all'aperto che si trova ogni mattina vicino alla partenza di tappa e dopo le due di pomeriggio a due passi dal traguardo di giornata. È lì che organizzatori, ex ciclisti, autorità locali e tifosi si ritrovano per assaggiare i migliori prodotti del territorio, una prassi che, almeno dagli anni Cinquanta in poi, si è diffusa in tutto il mondo ciclistico.

 

D’altra parte, come ha scritto lo scrittore Elias Canetti, “se la bicicletta in corsa si gusta il territorio, il suiveur non può far altro che assaggiare e apprezzare i suoi frutti”.

 

Il corridore dell'Euskadi ha conquistato anche lo sprint di Odemira, prima che la corsa virasse verso nord, verso Mora dove a primeggiare è stato Gabriel Cullaigh del Team Wiggins.

 

Momenti di tranquillità prima della giornata decisiva, quella di sabato 23 marzo, quella delle due semitappe in un giorno. I corridori sono partiti intorno alle dieci di mattina da Ponte de Sor, prima di sfilacciarsi sulla breve salita di Cabeço de Mouro, a circa sei chilometri dall'arrivo di Portalegre. Un ascesa breve, un gran premio della montagna di seconda categoria, che però taglia gambe e fiato: due chilometri con una pendenza media del 14 per cento che arrivano sino al 18. È lì che Luís Mendonça della Rádio Popular-Boavista, Raúl Alarcón della W52–FC Porto e Sérgio Higuita, giovane scalatore colombiano della Fundación Euskadi hanno provato a fare il vuoto. Quest’ultimo a Portalegre è transitato per primo, davanti a Mario Gonzalez e Tobias Foss, rientrati in discesa sui primi. Mendonça invece ha vestito la camisola amarela. Per il portoghese però la gloria è durata poco, appena qualche ora, perché negli 8,4 chilometri nel favoloso palcoscenico di Castelo de Vide, tra le stradine strette che delimitano il nucleo storico della Judaria, il quartiere ebraico, João Rodrigues, che sogna di correre un giorno nel World Tour, ha conquistato tutto il conquistabile: tappa e maglia. Luís Mendonça ci teneva moltissimo a ripetere il successo dello scorso anno e a essere il primo corridore della storia a entrare due volte nell'albo d'oro dell'Alentejana. Nonostante un infortunio alla mano una settimana prima dell'inizio della competizione, ha voluto partecipare comunque al giro e per poco, non riusciva nell'impresa. Ci riproverà l'anno prossimo.

 

Eça de Queiroz, geniale scrittore della modernità dell'ottocento portoghese scrisse che “il Portogallo è Lisbona e il resto è paesaggio”. Quasi tutto L'Alentejo oggi, è un luogo spopolato e che cerca di rilanciarsi sognando Lisbona.

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