La lezione del "sarriano" Giampaolo al Napoli di Ancelotti
Il tecnico sembrava pronto a raccogliere l'eredità di Maurizio Sarri. Invece è rimasto alla Sampdoria. E ora De Laurentiis (forse) avrà cominciato a farsi qualche domanda
Ci voleva un “sarriano” per ricordare ad Aurelio De Laurentiis il suo recente passato. Un passato che aveva rinnegato a tutta velocità, manco fosse il futuro san Pietro di fronte al Cristo nell'ultima notte prima della Passione. Ci ha pensato Marco Giampaolo, frantumando 3-0 il Napoli e instillando il primo dubbio nel presidente. De Laurentiis aveva trascorso l'estate intera a sottolineare quanto fosse bravo Carlo Ancelotti (scelta interamente sua) e quanto avesse sbagliato quel Maurizio Sarri (scelta non interamente sua), da cui aveva malamente divorziato. Risultato? Il Chelsea guidato dal suo ex allenatore è in testa a punteggio pieno in Premier mentre in Italia ci ha pensato la Sampdoria a infliggere la prima battuta di arresto al Napoli, con un gioco che ricordava per filo e per segno quello degli ultimi tre anni vissuti da alternativa più credibile alla Juventus. Quelli, per l'appunto, di Sarri.
E Giampaolo era stato indicato da ogni parte come possibile nuovo inquilino della panchina azzurra, ai primi accenni di un cambio di guardia. Si profilava il remake di quanto visto a Empoli nel 2015: Sarri chiamato dal Napoli e che suggeriva alla società il nome del suo successore. Giampaolo, per l'appunto. I due si stimano e si conoscono. Stesso carattere poco incline ai compromessi, stessa totale dedizione al lavoro, stessa idea di calcio, fatto di ordine, geometrie ed equilibrio. Una sola differenza: più spettacolare quello di Sarri, più conservativo quello di Giampaolo. Una scelta dovuta anche alla differenza di obiettivi recenti delle proprie squadre. Il problema è che De Laurentiis non ha la stessa conoscenza del calcio posseduta da Fabrizio Corsi, suo collega a Empoli. Uno che dal 1991 offre un piccolo miracolo di provincia fatto di risultati e bilanci regolari. Uno che sa ascoltare consigli, come quello che gli diede Sarri e che regalò ai toscani una delle più serene stagioni in serie A.
Così, per Giampaolo, si è ripetuto quanto accadde con la Juventus, seppur in maniera meno dirompente. Allora si addormentò da allenatore bianconero, per risvegliarsi il giorno dopo con Ciro Ferrara in panchina (e tutti ricordiamo la portata del fallimento di quella scelta). Stavolta era la carta migliore del mazzo, salvo poi veder estrarre il jolly Ancelotti. Una scelta dettata dal curriculum vitae del tecnico, soprattutto in chiave europea, e dal desiderio di De Laurentiis, poi verificato a posteriori, di non voler spendere così tanto sul mercato, chiuso anzi con un bilancio positivo di 20 milioni. Così Giampaolo è rimasto alla Sampdoria. Il contratto c'era, lui ha solo chiesto di cambiare dalle fondamenta una squadra che aveva già dato tutto in due anni della sua gestione. Un desiderio accontentato dal presidente Massimo Ferrero ingaggiando Walter Sabatini, uno che che sa muoversi sul mercato e uno in sintonia con il tecnico. Gruppo rivisto fin dalle radici, con alcuni punti fermi come Fabio Quagliarella in attacco ed Edgar Barreto in mezzo, due leader dello spogliatoio e del campo. E poi spazio a giovani da consacrare (Emil Audero tra i pali) e a talenti da ritrovare. Come Riccardo Saponara, che aveva vissuto la migliore stagione proprio a Empoli con Giampaolo, e come Gregoire Defrel, che si era spento nella Roma dove lo aveva portato Sabatini.
Giampaolo ha accolto, lavorato e perfezionato. A Udine, dopo il rinvio della prima giornata, ha raccolto i primi mugugni per una sconfitta insapore, contro il Napoli sono stati soltanto applausi dei tifosi di fronte a una squadra feroce nel mettere sotto l'avversaria e spettacolare nella trequarti avversaria, tra la doppietta del rivitalizzato Defrel e l'ennesimo gioiello regalato da Quagliarella, sotto forma di colpo di tacco. E De Laurentiis avrà (forse) cominciato a porsi qualche domanda.
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