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A Polanc l'Etna, a Jungels la Rosa. Ecco i nuovi confini del Giro d'Italia

Giovanni Battistuzzi

Lo sloveno conquista il primo arrivo in salita della corsa rosa dopo una fuga di 180 chilometri. Una vittoria che è un'opra di Prezzolini

“L’Etna è un romanzo di lapilli e ruzzoloni, una storia quasi infinita d’inquietudine. Risalirlo passo dopo passo è una via crucis nell’instabilità dell’animo umano”. Giuseppe Prezzolini aveva visitato il vulcano a inizio anni Sessanta, se ne era ricordato nel 1967 quando il Giro d’Italia salì per la prima volta lungo i pendii del gigante siciliano. Cinquant’anni fa in cima alla Sicilia ci finì il cuore matto di Franco Bitossi, oggi quello coraggioso e indomito di Jan Polanc.

 

Uno sloveno davanti a tutti sull’Etna, un lussemburghese davanti a tutti in classifica, la Sicilia impone confini già esplorati dal Giro, ma non consueti, imprevisti. Chi oggi ha vinto lo ha fatto di cattiveria e prepotenza, di salita e arrembaggio. Chi oggi è in Maglia Rosa ci è arrivato lavorando di anticipo, tra i ventagli di Cagliari, ma allo stesso modo di Polanc, sfruttando le stesse prerogative anche se non gli stessi metodi.

 

Il primo arrivo in salita del Giro100 è un serpentone di diciotto chilometri che si inerpica per il versante sud del vulcano. E’ una storia come quella raccontata da Prezzolini, di ruzzoloni, ma a valle, prima di iniziare a salire, di instabilità, quella del vento, che infuria e si acquieta, e degli uomini che a pedali salgono. E di inquietudine, quella di Polanc, che vince, ma  soffrendo da solo per quasi tutta l’ascesa, girandosi spesso preoccupato di scorgere qualcosa alle sue spalle, e poi trionfante e sorridente sotto il traguardo consapevole che 181 chilometri di fuga sono tanta roba.

 

E’ anche un inseguimento e una lotta impari tra chi punta al podio di Milano e chi preferisce la gioia momentanea di una tappa, tra tutto il gruppo, o meglio di quello che era rimasto, e gli avanguardisti del mattino. Una sfida che quasi sempre finisce male, ma a volte riserva beffe e sorprese. Soprattutto se la salita è affrontata pensando al futuro e non al presente, se il ciclismo diventa contabilità di energie, come è giusto che sia soprattutto alla prima occasione di scontro.


L’Etna si è così trasformato in un balletto di uomini e biciclette, un’attesa fatta di sguardi e accelerazioni gregarie, lavoro duro per capitani propri e glorie altrui. Danza nella quale ha provato a fare da Étoile Vincenzo Nibali, primo degli uomini di classifica a provarci, ma così per scherzo, per vedere l’effetto che fa e testare la resistenza degli avversari. Tutti sullo stesso livello, tutti timorosi di non avere birra nel serbatoio della terza settimana, quella decisiva. Tutti tranne uno: Ilnur Zakarin. Lui al solito se ne frega, perché il vento non gli fa paura, la solitudine neppure.

 

Arrivo: 1. Jan Polanc (Slo) 181 km in 4h55'58", media 36.693; 2. Zakarin (Rus) a 19"; 3. Thomas (Gb) a 29"; 4. Pinot (Fra); 5. Cataldo; 6. Dumoulin (Ola); 7. Jungels (Lus); 8. Yates (Gb); 9. Mollema (Ola); 10. Nibali (Ita/Bahrain) s.t. 

classifica generale: 1. JUNGELS (Lus) 19h41'56"; 2. Thomas (Gb) a 6"; 3. Yates (Gb) a 10"; 4. Nibali; 5. Pozzovivo; 6. Quintana (Col); 7. Dumoulin (Ola); 8. Mollema (Ola); 9. Landa (Spa); 10. Pinot (Fra).


Giro d’Italia fisso – La rubrica di Maurizio Milani


 

C’è stato un contrattempo durante la visita di Obama a Milano. L’ex presidente americano infatti ha chiesto a Renzi di non parlare per andare a vedere il Giro d’Italia. E’ voluto salire sull’ammiraglia della squadra di Beppe Saronni con Beppe Saronni. Lui ha accettato. L’hanno poi portato all’arrivo della tappa di oggi, sull’Etna, ma senza dirlo a nessuno perché non c’era tempo.

Sulla salita Obama si è intrattenuto a lungo con Zeman, che anche lui era salito in cima. Insieme hanno deciso di lasciare tutto. Si sono trasferiti a Lipari e hanno fondato una squadra di ciclismo.