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Giù le racchette. Perché non si parla più del tennis scommesse

Giorgia Mecca
A poche settimane dalla scoop di Bbc e Buzz Feed nessuno più parla dello scandalo scommesse che avrebbe colpito il tennis dei big. Difficile dimostrare qualcosa, difficile che a certi livelli ci si venda le partite. Ma basta allontanarsi un po’ dalla centesima posizione e tutto cambia, a partire dal montepremi. Per capire qualcosa in più bisogna seguire il denaro dove di denaro ce n’è pochissimo: nei cosiddetti Futures.

I giocatori erano già a Melbourne, pronti per cominciare il primo Slam della stagione, l’Australian Open, quando la Bbc assieme al sito Buzz Feed hanno lanciato la notizia di un giro di scommesse illegali nel quale sarebbero coinvolti circa 70 giocatori tra cui anche 16 tra i 50 più forti al mondo. Alcun di loro avrebbero pure vinto uno Slam di doppio. In totale, come si legge dall’inchiesta, sono state studiate circa 26.000 partite giocate tra il 2009 e il 2015. Si sarebbe scommesso anche a Wimbledon, la cattedrale del tennis.



Le scommesse nel tennis hanno l’età della guerra. Nel 1939 il tennista americano Bobby Riggs arrivò a Londra e decise di scommettere 500 dollari sulla sua vittoria ai Championship. Nessuno sapeva chi fosse, ma il 7 luglio vinse il torneo di Wimbledon e 100.000 dollari. Il tennis del nuovo millennio è più pessimista e quando scommette preferisce farlo contro se stesso. Saputo dell’indagine in corso, i giocatori hanno mostrato facce incredule e sconvolte in conferenza stampa. Per alcuni non è niente di più che un caso mediatico; Roger Federer ha chiesto sconti per nessuno e ha detto di volere i nomi delle persone coinvolte. Poi è sceso in campo a giocare, così come tutti gli altri. Due settimane dopo, durante la finale tra Andy Murray e Novak Djokovic, Adriano Panatta, che stava facendo la telecronaca della partita, ha chiesto ai suoi colleghi cosa ne era stato dello scandalo scommesse. “Non ci sono le prove”, gli hanno risposto in coro, dunque non era il caso di farsi rovinare lo spettacolo. Alla fine, come al solito, ha vinto Djokovic: 6 partite in tutto il torneo e un premio di 3.100.000 dollari.



Yuki Bhambri, il numero 100 al mondo, entrato di diritto nel tabellone principale di Melbourne, perdendo al primo turno ha guadagnato 27.600 euro. A Wimbledon il montepremi è ogni anno più alto: Simone Bolelli, il numero 62 al mondo, lo scorsa stagione ha giocato una sola partita a Londra, guadagnando 40.500 dollari. Serena Williams, che nei tornei di solito arriva in finale, ha detto sinceramente che lei non sa nulla del tennis scommesse. La tennista ha poi ammesso di essere un caso a parte, lei vive in un altro mondo. Se lo può permettere, ha guadagnato più di 70 milioni di dollari in tutta la sua carriera.



Ma questo è il tennis di panna montata, fatto di sponsor, contratti e autografi. Basta allontanarsi un po’ dalla centesima posizione e tutto cambia, a partire dal montepremi. Per capire qualcosa in più sul tennis scommesse bisogna seguire il denaro dove di denaro ce n’è pochissimo: nei cosiddetti Futures, i tornei da 10.000 o 50.000 dollari che consentono ai numeri 100 e qualcosa di guadagnare punti e classifiche, soldi pochissimi. Non si tratta di tennis minore, è solo meno fortunato: “Quando arrivi a essere tra i primi 200 giocatori al mondo vuol dire che a tennis sai giocare, e pure bene”. Gianluca Luddi è stato all’inizio del 2000 il numero 183 del ranking mondiale e forse non se ne è nemmeno reso conto impegnato com’era tra un torneo in Argentina e un altro dall’altra parte del mondo. “Fino a un certo livello, il tennis è un investimento a perdere, almeno su questo non ci sono dubbi”. Ha ragione Paul Mc Namee, ex campione e membro dell’ATP che di recente ha dichiarato che non è vero che a guadagnare bene sono solo i primi 100 al mondo: “Magari, la verità è che vivono di tennis solo i primi 50”.

 

Tra allenamenti, trasferte e aerei, almeno due a settimana, una stagione ad alto livello costa circa 70.000 euro, ma se ti organizzi bene e viaggi da solo riesci a spenderne 50.000.  I primi punti si guadagnano in Turchia, a Tel Aviv, in Azerbaijan, altro che Wimbledon e gli inchini dei reali. Per che cosa poi? “Se passi il primo turno di un torneo da 25.000 dollari guadagni circa 290 euro. Se vinci un torneo da 50.000 dollari guadagni poco più di 7.000 euro. Ma vincere in questi tornei non è per niente semplice, a volte ti capita di dover affrontare giocatori che sono stati tra i primi 10 al mondo. Come si fa a vincere? Il livello è altissimo e tu sei ogni anno più vecchio”.

 

La carriera di un tennista dura in media 7 o 8 anni, se sei fortunato riesci a girare il mondo per una decina di anni. Quando smetti non vai in pensione, sei giovane e devi ricominciare tutto da capo. Gianluca Luddi ha smesso di giocare per un problema all’anca. Erano altri tempi, si scommetteva solo sui tornei principali; non ha mai dovuto chiedersi quanto fosse conveniente una sconfitta, e poi vincere gli piaceva troppo. Adesso allena con successo un gruppo di tennisti e di tenniste che frequentano con entusiasmo il circuito dei Futures, sono molto giovani. Come stanno andando? “Bene, l’anno scorso abbiamo fatto un po’ di terzi turni e quarti di finale tra singoli e doppi, molti punti in classifica: siamo stati bravi”. Ma quando tutto va bene si chiude l'anno con un passivo di 2000 euro.

 

C’è anche chi, a un certo punto, dice grazie, ma non ne vale la pena: anni e anni di rinunce, gli stipendi delle madri interamente investiti nel tennis, aerei su aerei, alberghi senza stelle, cibi in scatola e il sospetto che tutto questo possa non bastare: “Non puoi nemmeno dire di aver girato il mondo – continua Luddi – passi tutto il tempo in campo a farti massacrare la schiena. Quando perdi, te ne torni subito a casa”.  La Federazione italiana, attraverso il centro tecnico di Tirrenia, offre aiuti economici ai ragazzi dai 18 ai 24 anni che hanno buone prospettive di crescita. Come al solito, però, i soldi sono sempre troppo pochi.

 

[**Video_box_2**]Secondo un’inchiesta condotta dal New York Times, è proprio nei Futures che si concentra il più alto livello di scommesse clandestine. Serena Williams è sincera quando dice di non saperne niente: lei non ne ha mai avuto bisogno. Ma nei tornei da 25.000 dollari vengono offerti da 300 a 500 euro per perdere un solo turno di servizio. Basta un doppio fallo, la cosa che ai tennisti viene meglio.  Magari non accetti, anzi, la maggior parte non lo fa: giocare per perdere è l’esatto contrario dell’agonismo. La tentazione però è fortissima. Come può non esserlo? Un turno di servizio può risolverti l’intera settimana. Un tennista che frequenta il circuito Futures da una decina di anni ha raccontato al Foglio quant’è faticoso provare a vivere di solo tennis. “Il brutto di questo sport è che è troppo facile scommettere, troppo redditizio”. Basta mettersi d’accordo con un solo giocatore e la partita è risolta. “A volte scommettere contro se stessi è la cosa più conveniente che si possa fare”.

 

Se sei il numero 200 al mondo e devi affrontare in un primo turno il numero 800 può succedere che qualcuno ti contatti e ti offra fino a 2.000 euro per comprare la tua sconfitta. Basta toccarsi un po’ il ginocchio, fingere di zoppicare, lanciare la racchetta per aria un po’ di volte e la partita scivola via. 2.000 euro sono il doppio del doppio di una vittoria retribuita. E un set, che cosa vuoi che sia un set? Sempre secondo il New York Times, a questi livelli, sono circa 1.000 euro. Se ti impegni puoi ancora vincere la partita e nessuno si accorgerà di niente. A vent’anni, quando ascolti questi discorsi, ti giri dall’altra parte e te ne vai, quando invece di anni ne hai 30 cominci a considerare anche i numeri. La tua carriera è quasi finita, basta sapere contare per capire che in totale sono più i soldi che hai perso di quelli guadagnati, e poi chissà se è divertente giocare contro se stessi.


Nikolay Davydenko (LaPresse)


Nikolay Davydenko nel 2007 era il quarto tennista più forte del mondo. In carriera, fino a quel momento, aveva guadagnato più di 10 milioni di euro, tennis di panna montata. Durante il torneo di Sopot perse al secondo turno contro Martin Vassallo Arguello, numero 87 del ranking. Qualcuno ha pensato “può capitare” guardando Davydenko massaggiarsi il bicipite e chiamare il fisioterapista in campo. Poi il male era troppo e ha deciso di ritirarsi. Dietro quella partita, il secondo turno di un Challenger, c’era un giro di scommesse di circa 2,2 milioni di euro, dicono le indagini. Non era proprio il caso di soffrire. Certo che c’è anche chi dice di no, sono tantissimi.  A Sharm el Sheik un giovane italiano numero 700 e qualcosa nella classifica Atp  è stato contattato per regalare la vittoria al suo avversario, 1.000 dollari. Non ha dovuto neanche pensarci, ha subito risposto di no, più e più volte. La partita l’ha vinta lui. Ha perso il giorno dopo, dopo aver giocato un match lunghissimo sotto un sole bollente: è tornato in Italia con 274 euro.

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