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il figlio
Adolescenti interrotti. Intercettare il disagio con una domanda: come stai?
Il disagio mentale non è solo una questione individuale: nasce anche dal contesto in cui i ragazzi e i bambini vivono. Un mondo che chiede loro di essere performanti, belli, veloci, connessi, ma raramente autentici. Le piattaforme digitali spesso alimentano competizione, invidia e isolamento
L’adolescenza è una terra di confine: non più bambini, ma non ancora adulti. E’ un’età in cui tutto cambia — il corpo, le emozioni, i pensieri, le relazioni — e in cui ogni equilibrio sembra poter saltare da un momento all’altro. In questa fase di trasformazione, è naturale che emergano incertezze e fragilità. Ma ciò che vediamo sempre più spesso è un disagio che supera la normale fatica di crescere e che, troppo frequentemente, si trasforma in sofferenza psichica. Da neuropsichiatra infantile, mi trovo ogni giorno di fronte a bambini e ragazzi che si sentono smarriti, soli, privi di prospettiva. Alcuni vivono ansie intense, altri cadono in una depressione che toglie energia e senso, altri ancora si ritirano dal mondo o ricorrono all’autolesionismo come unico modo per lenire la sofferenza mentale o per avvertire una qualche emozione. Non è facile per loro spiegare cosa provano e per gli adulti che li circondano cogliere in tempo il bisogno di aiuto.
Nel mio libro Adolescenti interrotti. Intercettare il disagio prima che sia tardi (Feltrinelli, 2025), ho cercato di raccontare proprio questo: un crescente malessere che attraversa le nuove generazioni e che non possiamo più considerare una semplice “crisi adolescenziale”. Quando un ragazzo o una ragazza smette di uscire, non parla più con nessuno, non trova più piacere in ciò che prima lo appassionava, quel silenzio va ascoltato. Perché dietro ci può essere, nascosta, una domanda di aiuto che non viene pronunciata. Il disagio mentale non è solo una questione individuale: nasce anche dal contesto in cui i nostri adolescenti vivono. Un mondo che chiede loro di essere performanti, belli, veloci, connessi, ma raramente autentici. Le piattaforme digitali offrono l’illusione della relazione, ma spesso alimentano competizione, invidia e isolamento. La pandemia ha amplificato tutto questo, interrompendo legami e routine, lasciando una sensazione di sospensione che non si è ancora del tutto dissolta.
Non credo, però, che la soluzione sia medicalizzare ogni sofferenza. La salute mentale non si tutela solo con le diagnosi e le terapie — pur necessarie in molti casi — ma anche con la capacità di costruire comunità accoglienti, scuole attente, famiglie presenti. La prevenzione nasce dall’ascolto: da adulti che sanno fermarsi, guardare, chiedere “come stai?” e aspettare con interesse profondo la risposta. Ogni sintomo è spesso un messaggio. Un taglio, una crisi d’ansia, un ritiro non sono soltanto segnali di patologia: sono parole non dette, tentativi di comunicare un dolore che non trova altre vie. Il nostro compito di adulti responsabili è tradurre quei gesti in significati, aiutare i ragazzi a dare un nome a ciò che provano, e accompagnarli nel percorso per ritrovare fiducia e senso.
La cura, dunque, non è solo clinica. E’ educativa e culturale. Significa restituire valore alla lentezza, al tempo dell’attesa, all’errore come occasione di crescita. Significa insegnare ai ragazzi che non devono essere perfetti per essere amati, e agli adulti che non devono avere tutte le risposte per essere presenti. Credo che ogni adolescente, anche il più ferito, conservi dentro di sé una spinta vitale che chiede solo di essere riconosciuta. Il nostro compito è intercettarla, proteggerla e aiutarla a trovare la propria forma. Perché un bambino e un ragazzo ascoltato in tempo può riscrivere la propria storia. E forse è proprio questo il senso più profondo del prendersi cura: non eliminare il dolore, ma accompagnarlo, finché non diventa parola, esperienza, possibilità di riscatto.
Stefano Vicari, neuropsichiatra infantile
Interviene venerdì 28, intervistato da Jolanda Di Virgilio, al Festival Pazza Idea- Esercizi di libertà, al Teatro Melis di Cagliari (28-30 novembre 2025)