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Ma dove vai, Milano in bicicletta. Tre voci dalla città delle due ruote
L’amore dei milanesi per le due ruote, ma anche le polemiche che si scatenano quando si parla di piste ciclabili. E poi il bike sharing: è un concorrente di chi le bici le vende? Chiacchierata tra freni e manubri
Quando si parla di mobilità a Milano, uno degli argomenti più dibattuti sono le biciclette, in particolare le piste ciclabili. Abbiamo deciso di sentire tre commercianti e riparatori, cultori di un mezzo amato da molti, ma appena tollerato da altri.
Matia Bonato è co-titolare di Biciclette Rossignoli Milano, negozio storico di Milano situato in Corso Garibaldi, che le bici le ripara, le vende e le produce. Gli chiediamo se l’amore dei milanesi per la bicicletta resiste, è in aumento, o in diminuzione. “È un amore che resiste, ora e sempre”, ci risponde. “Il mercato della bici è da qualche anno in difficoltà, com’è noto secondo tutte le analisi, e non solo in Italia, però è un amore che resiste”. E prosegue: “Ai milanesi piace andare in bici, e soprattutto sanno che la bicicletta è, insieme probabilmente alla metropolitana, il mezzo più veloce per muoversi in questa città che è relativamente piccola e piatta”.
La stessa domanda la poniamo a Davide Maggi, socio di La Stazione delle Biciclette, che ha un negozio in Corso Lodi e uno nel quartiere Barona. Dopo aver ricordato il legame storico del capoluogo lombardo con la bicicletta, Maggi sostiene che, a suo avviso, negli ultimi vent’anni, “Milano si è anche un po’ riscoperta come la metropoli italiana che prevede la bicicletta nel suo sviluppo”, “e questo lo abbiamo visto anche nel cambiamento dell’attitudine dei milanesi verso la bici”. “È una città che ha visto un grosso aumento del suo utilizzo da parte dei cittadini” e che, da questo punto di vista, “ha un grandissimo potenziale”.
Raggiungiamo Claudio Giovanzana nel suo Mi-Wheels in Piazza San Materno, zona Casoretto. “L’amore dei milanesi per la bicicletta è stato in crescita fino al 2021-2022, adesso sta un po’ calando, anche a causa dei vari incidenti e delle varie problematiche all’interno della città”. La gente, secondo Giovanzana, “ha un po’ più paura ultimamente, vedendo le notizie degli incidenti”. Ma persiste comunque, ci assicura, “uno zoccolo duro di persone che non demorde e continua ad andare in bicicletta”.
Se la percezione del rischio di incidenti in sella può aver forse fatto calare le vendite di bici, lo stesso non può dirsi per il diffondersi del fenomeno bike-sharing. Almeno, nessuno dei nostri tre interlocutori lo pensa. Anzi. “Secondo me, ha inciso positivamente”, ci dice Giovanzana. E questo perché, ci spiega, c’è spesso chi si avvicina alla bicicletta proprio attraverso il bike sharing, ci prende gusto e decide di acquistarne una. “Il bike sharing è un'ottima cosa”, gli fa eco Bonato, “perché amplia la platea delle persone che scelgono la bici per muoversi in città”. E Maggi: “L’effetto forte del bike sharing è dal punto di vista culturale, è un intervento pubblico che spinge la bicicletta e quindi abitua le persone al fatto che utilizzare la bici è una cosa sana e giusta”.
Un altro intervento pubblico pensato per “spingere” la bicicletta sono state le piste ciclabili. Ma queste, a differenza del bike sharing, sono osannate da alcuni e guardate con fastidio da altri. Sentiamo cosa ne pensano i nostri negozianti. Bonato: “Le piste ciclabili, le infrastrutture per andare in bicicletta, servono sempre”. Tuttavia, prosegue, esse sono “solo una parte delle infrastrutture che servono per portare le persone in bicicletta”. Per certi versi simile il punto di vista di Maggi: “Le piste ciclabili andrebbero viste come una rete, come un sistema complesso”. Sono parte di “un progetto di mobilità che le città devono avere”. Spesso, invece, ci si concentra su alcuni tratti di pista ciclabile, afferma ancora Maggi, “ed è un punto di vista davvero di corto raggio”. Le piste ciclabili? Tutto dipende da come vengono fatte, ci risponde Giovanzana. “Sicuramente sono un incentivo all’uso della bicicletta. Se andiamo la mattina in Corso Buenos Aires c’è una quantità davvero elevata di persone che ormai vanno in bici. Poi, invece, ci sono piste ciclabili, come può essere quella di Viale Monza, che, secondo me, andrebbero riviste, perché sono più pericolose che altro, anche perché non danno una vera e propria protezione al ciclista”.
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