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i figli di tozzi

Sui bambini nel bosco per una volta ha ragione Salvini

Maurizio Crippa

Libertà individuale, felicità e home-schooling. La famiglia nel bosco vive secondo il dogma delle zero emissioni. Perché punirla?

L’unico fattore preoccupante sono quelle 13 mila firme di una petizione in loro sostegno, quando nelle faccende di libertà individuali si infila il tribunale dell’opinione online è sempre meglio dubitare. Dei votanti, s’intende. 
Per il resto, perché tanto accanimento giudiziario – sono andati i Carabinieri come da Pinocchio  – contro due genitori, una famiglia, che ha liberamente scelto di vivere felice, “senza stress” mettendo in pratica senza necessità di farlo sapere su Instagram i dettami spirituali e pratici che costituiscono l’iperuranio idilliaco del minimo comune pensiero moderno? Hanno tre figli, li accudiscono bene con amore, li vogliono crescere secondo la Sana dottrina: anabattisti del Terzo millennio. O i figli di Tozzi, li potremmo chiamare, il geologo col martello. Quello che insegna a non costruire, a non arginare, a non assembrarsi troppo. I figli di Greta o delle Pizie dell’Extinction, quelle del moriremo tutti perché vi ostinate a viaggiare con l’utilitaria diesel. Fosse vivo padre Turoldo, direbbe anche di loro “siete i nostri santi più belli”. Ebanista lui, Nathan, istruttrice di equitazione lei, Catherine. Lui inglese lei australiana, tutt’altro che ignoranti brutali o reietti dalla società. Sono andati a vivere in una casetta nemmeno malmessa nei boschi di Palmoli, aree interne di Chieti. Hanno un pannello solare per la luce, un pozzo per l’acqua, una fonte potabile vicina, animali e l’orto. Niente gas, ma il calore di fuoco e stufa. Autosufficienza, rispetto dei dogmi di zero emissioni e decrescita felice. Come vivono? “Svegliarsi col sole e dormire presto”, dice Catherine. In pratica come quelli che non vogliono l’ora legale. “Vogliamo la pace e la libertà”, “Qui i bambini sono sereni”. Che fanno di male?

Ma i loro tre bambini sono stati obbligati a lasciare la casa nel bosco – non dalla matrigna di Hänsel e Gretel, che almeno aveva un interesse pratico, ma da un provvedimento del tribunale per i minorenni dell’Aquila, che invece ha dei codici sul tavolo – e a trasferirsi in una struttura protetta per donne, con la madre. Sono andati a prenderli “gli assistenti sociali e un cospicuo dispiegamento di forze dell’ordine”, manco fossero criminali. Pare che tutto fosse nato da un ricovero ospedaliero dei bambini per un’intossicazione da funghi. Secondo voi la procura dei minori interviene coi carabinieri ogni volta che un bambino del Quadraro ha la cacarella da cibi ultra-processati? Vivono a emissioni zero, non cementificano, non hanno intenzione di fondare una città o una fabbrica in una zona sismica, non mangiano cibi industriali, niente fast né junk fashion, niente telefonini, AI, TikTok, zero bullismo. E’ la decrescita per loro felicissima. 

Perché mai dovrebbe dispiacere, allo stato etico, che proprio su quelle idee ha provato a farci un Green deal così? A volte ha ragione pure Salvini.

La piccola fiaba del bosco di Chieti mette in scena un orco, lo stato etico dei diritti individuali, ma della socializzazione obbligatoria quando lo decide lui. Poi a scuola diventano bulli, e lo stato che fa? “Si costerna, si indigna si impegna / poi getta la spugna con gran dignità”. Tranne quando. Tranne quando può inculcare per la via giudiziaria antichi pregiudizi contro le libertà individuali. Salvini, di cui ignoriamo se ami la vita all’aria aperta, mica è Luca Zaia per una volta ha fatto una notazione così di buon senso da risultare polemica: “Sono stato nel campo rom di Giugliano, alle porte di Napoli, dove ci sono centinaia di bambini in età scolare che non vanno a scuola, vivono sporchi, senza luce né acqua. E lì dov’è il tribunale dei minori? Dove sono gli assistenti sociali?”. In Italia le istituzioni non hanno la buona creanza di fare il loro dovere oltre il confine dei campi nomadi abusivi, quello di Salvanesco a Milano da cui uscirono tre bambini in auto per ammazzare una passante ancora sta lì. Su questo scatta il pregiudizio multiculturale, il diritto a vivere da nomadi e non mandare a scuola i figli va tutelato. Anche se deriva da condizioni di minorità sociale. Ma se due genitori non indigenti, persino istruiti, scelgono di vivere fuori dai manuali di sociologia? Non è un caso che i due genitori dello stato di Natura siano anglosassoni – gli italiani sognano i piccoli borghi, ma ci vanno solo se hanno la seconda casa con la parabola di Sky – nella loro cultura il principio di libertà individuale viene prima del principio di legalità borbonica del magistrato con gli schiavettoni. In Gran Bretagna esistono ancora “comunità intenzionali” che vivono a “a basso impatto”. A cavallo del millennio nell’America non ancora trumpizzata c’erano movimenti come i Freemen del Montana, anarchici di boschi e frontiera, destri evangelici e armati che non riconoscevano il governo. Erano un po’ estremi, li hanno normalizzati. Ma l’America è piena di gente che vive la “van life”, per necessità o per amore. Qui manco il camper ti fanno parcheggiare. Nathan e Catherine sono figli di quel mondo libero, oltre che sbadatamente del geologo col martello. Sarà loro vietato vivere così? Con l’acqua fresca, la meravigliosa stufa economica e gli animali? Quanto alla scuola – nell’Italia dei record di dispersione scolastica hanno bussato solo a loro – i loro figli sono educati con l’home-schooling, legale persino da noi, hanno un’insegnante del luogo che viene a fare lezione. Un fenomeno anche quello più anglosassone che delle nostre culture di impronta napoleonica, non tutti gli esperti concordano sulla validità del sistema ma almeno nella scuola primaria può fare meno danni di tanta scuola pubblica. I bambini del bosco non sono selvaggi, in ogni caso non è un magistrato dell’infanzia a doverlo decidere.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"