Lily Allen (foto Epa, via LaPresse)
la liberazione sessuale che porta alla “sologamia”
Non monogami, ma con giudizio. L'evoluzione della trasgressione nel pop
Lily Allen canta la fine di un amore non monogamo e rivela la nuova contraddizione: essere liberi, ma per contratto
Sologamia o poligamia? Dopo sette anni Lily Allen è tornata con un nuovo disco, il cui aspetto musicale è stato soppiantato dal dibattito riguardo al tema portante: dopo il divorzio da David Harbour, la cantautrice inglese ha inciso versi che fanno riferimento alla natura non monogamica del suo matrimonio, la quale non ha impedito che lei lasciasse il marito a causa dei reiterati tradimenti. Per capire come si faccia a tradirsi senza essere monogami, i giornali specializzati (in musica, non in matrimoni) si sono avventurati per insidiosissimi sentieri irti di capziose distinzioni. E’ emerso che il matrimonio di Lily Allen si fondava su un accordo che prevedeva, da un lato, l’apertura della coppia ad altre relazioni da parte di entrambi i membri e, dall’altro, il mutuo rispetto e una certa discrezione al riguardo. Se ne deduce che Harbour non sia stato né rispettoso né discreto, però questi sono fatti loro.
Colpisce invece che tale approccio diversamente romantico sbarchi nell’album di una cantante di largo consumo, segnando un’avvenuta evoluzione nei temi della musica leggera; se è vero che tutte le canzoni parlano d’amore, non tutte le canzoni parlano dello stesso amore. Ad esempio, in un vivace pamphlet intitolato “Contro il matrimonio” (EDT editore), la speaker radiofonica Laura Gramuglia fornisce un prontuario financo sovrabbondante di riferimenti musicali atti a superare il tradizionale orizzonte coniugale. Il basso continuo del libro è questo: nella narrazione individuale della nostra vita, la realizzazione sentimentale appare come traguardo da raggiungere, così che il matrimonio risulti – da Jane Austen a Bridget Jones – l’atto conclusivo che dà senso alla trama; a questa visione romanzesca ne va contrapposta una più rock, dirompente ed estemporanea, che possiamo riscontrare nelle musiciste che cantano il rigetto del ruolo coniugale, il rifiuto dell’amore e lo star bene con sé stessi. L’autrice li riassume nel concetto di sologamia, l’amore eterno che ci si giura da sé perché solo da soli si può essere felici; adduce l’esempio di Anouk, che nel 1997 aveva scritto “Nobody’s wife”, in cui il possibile coniuge veniva paragonato a un masso legato al collo. Non so se sia più lusinghiero del trattamento ricevuto dal marito fedifrago di Lily Allen; certo, la differenza è che trent’anni fa una donna indipendente celebrava la propria libertà cantando della libertà, mentre oggi la celebra cantando delle regole, recriminando che il marito (cito) “mi aveva detto che lo avrebbe fatto solo nelle camere d’albergo e non sarebbe uscito allo scoperto”.
Sono cambiati i tempi ed è cambiata la trasgressione. Intervistata dal Corriere per il lancio del suo nuovo libro, sinteticamente intitolato “Gelosia” (Piemme), Barbara Alberti ha dichiarato di non rimpiangere gli anni Settanta, quando la monogamia era vista come un rottame del passato e bisognava far mostra di non essere gelosi, pur rodendosi a ogni sospetto. Negli anni Novanta di Anouk, prolungamento indefinito di ciò che Tom Wolfe chiamava “decennio dell’io”, la trasgressione consisteva nel proclamare di non avere bisogno della coppia, pur rodendosi per gli attacchi di solitudine. Oggi arriva Lily Allen e dà voce a una nuova trasgressione: il riconoscimento della libertà altrui e lo scioglimento dal vincolo monogamico, però attraverso la sottoscrizione congiunta di accordi dettagliati volti a salvaguardare la sensibilità dei membri della coppia, quindi tramite la limitazione della libertà che si vuole riconoscere e l’imposizione di vincoli ulteriori rispetto a quello che si scioglie. Sottoposta a lacci e lacciuoli, la poligamia diventa “non monogamia etica”; è definita per contrasto (ciò che non siamo, ciò che non vogliamo) e viene ammanettata allo stesso principio morale di ciò che si vuole respingere. Dimenticando l’illuminante aforisma di Roger Vadim, uno abituato a portarsi a casa le conquiste per presentarle alla moglie di turno: “Essere sposati e vivere da amanti è carino. Essere amanti e vivere da sposati è da scemi”.
un'epoca frammentata