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paure contemporanee

Gioventù, non temete. C'è bisogno di essere un po' cringe, soprattutto in amore

Ester Viola

Far cose scomposte, troppo sincere, mostrare entusiasmo, innamorarsi. Tutto è ridicolo e imbarazzante. Ma serietà e intenzionalità degli amori non danno affatto garanzie

Vorrei una vita non cringe. La più grande paura contemporanea, e non me l’aspettavo, pare sia “essere cringe”. Sei cringe quando fai cose scomposte, troppo sincere, infantili, non cool. Sei cringe quando ti innamori, cringe se ci tieni troppo, quando si vede l’entusiasmo. Che cosa da pezzenti. Sei cringe quando ti eri illuso, quando il sentimento era chiaramente non corrisposto e hai fatto la figura del fesso. Dieci messaggi in una settimana e dall’altra parte non rispondeva nessuno. Ti visualizzo e ti ignoro. Che cringe. Il cringe dalle mie parti era meglio definito “faccia tosta”. Vale come una masseria, si diceva in dialetto. Se hai faccia tosta vuol dire che attingi a una banca privata di nonchalance e tolleranza al rischio di brutta figura, e che quindi, nella vita, qualcosa combinerai. Fosse solo per statistica del tentativo ripetuto. Perché? Perché superato l’imbarazzo, è tutta discesa.


Quando sono arrivate le app di dating, si pensava che la metà dei problemi sentimentali (tutti cringe) fosse destinata a risolversi. Specialmente uno, la grave insuperabile questione del “non incontro mai nessuno di nuovo”. Incontrata gente nuova, però, si scoprì che era solo gente vecchia mascherata. La svolta non era stata per niente decisiva. Serviva di più. Lo swipe, la verde prateria dei “forse”, mandava solo in confusione l’utente. Perciò, grazie al progresso delle AI, in un ulteriore passaggio di facilitazione tecno-sentimentale, l’algoritmo si è reso autonomo e con potere di delega. Decide tutto per noi. Da appalto parziale ad appalto totale, l’amore arriva già con l’avviamento. Ti presento io la persona giusta. Le due parole recenti più belle del vocabolario sono in effetti quelle, non “ti amo”, ma “fai tu”. 


L’ultima frontiera si chiama Amata, già diabolica al battesimo. Ti toglie tutto, perfino lo sfastidio della punta di desiderio ansioso quando si scrive per passare al livello successivo, il fuori-chat. Per non parlare dell’impaccio del “ciao”, la volgarità del tentativo, la buonanotte col bacino alle undici e tre quarti. La fase conoscitiva, che vergogna, che umiliazione. Avanti app: prenoti lei il tavolo e scelga la compagnia adatta. L’app non sbaglia, dell’app ti puoi fidare. Tutta matematica. Cosa deve fare l’aspirante soggetto amoroso? Niente, solo cercare di non rovinare tutto.


Non è solo l’algoritmo, però. I tentativi sono disperati in ogni dove. Ho letto che c’è un altro partito di persone alla ricerca di fidanzamenti che sta scegliendo strade ancora più spericolate, si sono messi in testa di fare senza telefono, incontrarsi come l’uomo primitivo. Iscriviamoci al corso di pittura, al bookclub, alla maratona. Raduni fisici tra simili senza internet. Il “Troviamoci, vi prego” è grande, sotto al cielo, negli ultimi tempi. 


Naturalmente non funziona niente. Non può funzionare. Perché – piccolo dettaglio trascurato – da che nessuno sapeva quello che voleva (rom-com, anni ’90) ora pensiamo di saperlo troppo bene. Vogliamo tutto, e se non tutto, almeno parecchio. Quello è il problema. Da illusi a esosi, che bel progresso. Perché nella lista del sentimentalmente possibile son finite richieste assurde. Amore che non delude, amore rispettoso delle sensibilità, amore curativo, amore facile, amore costante, amore inox, amore nei giorni di pioggia, amore psicologo, amore di sostegno, amore attento. Amore che non s’ammacca. E ci siamo scordati i fondamentali, che non è tanto averlo, l’amore, ma mantenerlo. L’amore non resta mai fedele al questionario. “Quei suoi desideri esauditi erano solo una briciola della felicità in cui aveva sperato. Tanta soddisfazione aveva avuto vita corta. Vronskij si era presto reso conto che il suo cuore aveva desiderio e nostalgia d’altri desideri”. L’app per questo non si è ancora trovata. Il malfunzionamento non è tecnico, è nella pretesa. Una compatibilità perfetta non serve a niente. Non impedirà ai desideri di desiderare altri desideri. 


Rassicurare dunque la gioventù. Serietà e intenzionalità degli amori non danno garanzie e hanno bisogno di ridicolaggini. Dieci anni dopo, a cena ci si diverte solo con le nostre storie cringe, qualcuna è andata bene e per una serie di fortune dura ancora. 

 

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