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L'editoriale dell'elefantino

Per un'educazione sentimentale

Giuliano Ferrara

Se c’è bisogno di apportare un bene patrimoniale sentimentale che integri il bagaglio delle giovani anime in cerca di una strada nelle relazioni, ci si rivolga alla letteratura: meglio apprendere l’amore da Flaubert che da lezioncine scolastiche

Questa cosa dell’educazione affettiva o affettivo-sessuale, col permesso dei genitori, mi sembra una castroneria. Meglio l’educazione sentimentale, cioè un avvio alla comprensione della vita, dell’amore, della trasgressione, del fallimento e della speranza, dell’ambizione, della scena metropolitana e di provincia, con il dispiegamento ben temperato dei caratteri, dei viaggi, dei va e vieni dell’esistenza, del lavoro, del denaro, dei pensieri e dei sogni a occhi aperti su un battello fluviale, magari attraverso la lettura, buone traduzioni o lingua originale, del romanzo di Gustave Flaubert che, appunto, ha per titolo “L’educazione sentimentale”. La semiconferenza dell’insegnante, che avrà anche lui o lei i suoi problemi, o il contributo dello specialista, dello psicologo, in collaborazione scuola-famiglia, scuola-social-famiglia, con in più l’informazione d’attualità e i talk-show del pomeriggio, mi sembrano un modo di abbrutire e diminuire la personalità degli alunni e delle alunne. Si rivolgano alla letteratura, se c’è bisogno di apportare un bene patrimoniale sentimentale che integri il bagaglio delle giovani anime in cerca di una strada nella e nelle relazioni affettive e sentimentali. 

Non c’è solo Flaubert, che è certo il meglio dell’Ottocento e oltre.

La strada, il villaggio (possibilmente non globale), l’ambiente, i parenti, gli amici e le amiche, certi sconosciuti, i modelli pubblici positivi e negativi, e infine o prima di tutto il resto i libri, i buoni libri con i loro personaggi, quel tanto di sogno e di fantasia e di romanzo che è certo meglio di un certificato di buona condotta affettiva, non parliamo sessuale, rilasciato dalla scuola con il timbro di approvazione di mamma e papà. C’è anche il buon cinema, il teatro, ci sono le biografie delle grandi parabole umane del talento e dell’arte, per i più piccini ci sono anche le favole, che non stonerebbero nemmeno per alcuni grandicelli, dalle medie in su si moltiplicano gli strumenti a disposizione di un’educazione sentimentale pubblica, fatta di buona e apprezzabile cultura letteraria, attraverso la quale apprendere non soltanto com’è fatta l’Italia, e per quello ci sono “I promessi sposi” e “Pinocchio” e “Lessico famigliare”, Manzoni Collodi e Ginzburg, ma che tipo di cosa siano la storia, la politica, il potere, il legame personale e morale, il mondo intero con gli obblighi, i doveri e i diritti delle persone, che non sono mai così vere come quando sono rappresentate nel falso letterario di una buona scrittura.

L’educazione civica è una cosa, non sputare, non sporcare, non fare chiasso o danni a detrimento della convivenza eccetera. Quella si può comporre di regole e regolette, importanti e obiettive. Piccoli cittadini cresceranno, forse. Ma l’educazione dei sentimenti e dell’amore, l’incunearsi nella spigolosità e nella rotondità delle anime, affidare tutto questo a uno spirito cattedratico o a una expertise di tipo sociale, ecco un errore che si potrebbe facilmente evitare con il ricorso a racconti e storie interessanti, non scolasticume più o meno mediatizzato, non pezza a colori, ma capolavoro riconosciuto di probità intellettuale e di misura estetica ed etica. Le generazioni precedenti alle presenti hanno avuto, e non solo nelle classi borghesi dei licei classici, mille esemplarità non scontate, non dossierose, non parascientifiche, non ricattatorie, non computabili in pagelle e voti, ma tutto sommato simili a una libera scelta coadiuvata dal pensiero critico, con cui confrontarsi. Ne è uscito molto di bene e qualcosa di male, ovvio, qualche trascuratezza e sottovalutazione ed equivoco si sarà pure insinuato ma non è sicuro, al contrario, che si possa fare meglio con una ondata di affettivismo psicologico docente e discente, una piccola bestemmia, priva di carisma e di fascino.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.