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verità rimosse
La pace di Trump a Gaza e le tre regole delle vicende umane che avevamo ignorato
Al brusco risveglio dalla sonnolenza in cui le opinioni pubbliche europee, consumatrici di sicurezza senza pagarne i costi, si è sono cullate per decenni, nuove verità emergono e sorprendono
Chi in queste settimane non ha provato sorpresa nel vedere proprio Trump ottenere un cessate il fuoco a Gaza (e forse qualcosa di più)? Chi in queste settimane non si è ritrovato a esprimere opinioni e proteste simili a quelle sostenute da persone o da gruppi che considerava idealmente lontani? E allo stesso tempo a non condividere i giudizi di persone cui si sentiva affine o di gruppi ai quali magari apparteneva?
Quando a lungo si tengono gli occhi chiusi su pezzi importanti della realtà ci si può illudere che le cose umane seguano certe regole o, se non le seguono, che potrebbero seguirle se solo tutti avessimo buon senso. E’ un po’ come se dei torrenti osservassimo solo le anse. Allora le acque ci apparirebbero calme, se non ferme. Quando però la realtà si ripresenta nel suo insieme essa ci risveglia bruscamente dal sonno e dai sogni. Quando allarghi lo sguardo al torrente tutto intero, allora scopri che esso è tutt’altro che calmo o fermo, la sua corrente è invece forte e inarrestabile.
Le opinioni pubbliche europee per decenni sono state consumatrici di sicurezza senza doverne pagare i costi, o almeno pagandone solo una piccola parte (proveniente da capitoli di spesa secondari). Quando però torna la guerra – e la guerra è tornata anche in Europa – la vicenda umana si mostra per quello che essa è, sempre e anche quando non ce ne rendiamo conto. Allora, al brusco risveglio siamo accolti da alcune regole che ci sorprendono, tanto sono diverse da quelle che ci eravamo sognate. Con almeno tre di queste regole avevamo provato a fare gli gnorri.
Primo. Nelle vicende umane può capitare che i cattivi facciano cose buone e che i buoni facciano cose cattive. Si chiama eterogenesi dei fini. Capita, e questo sempre, che la qualità di una azione non solo non dipenda dalla qualità di chi la compie, e neanche dalla sua intenzione, ma e solo dagli effetti che l’azione produce. E neppure da tutti gli effetti, ma solamente dai principali. Infatti, azioni con effetti principalmente buoni hanno sempre anche marginali ricadute negative e azioni cattive sempre anche marginali ricadute positive. Chi cerca purezza, chi cerca coerenza tra attore, intenzione ed effetti, ha sbagliato pianeta. Trump, sì proprio Trump, è l’artefice principale di un cessate il fuoco a Gaza, precario e lacunoso eppure un cessate il fuoco che fino a ora nessun altro era riuscito a stabilire.
Secondo. Di fronte alle efferatezze non ci si può esimere dal manifestare indignazione solo perché a farlo solo anche altri di cui non condividiamo nulla, dei quali non ci fidiamo, dei quali conosciamo l’incoerenza. Avremmo dovuto tacere sui 67 mila palestinesi morti a Gaza perché denunciarlo ci avrebbe fatti scendere per strada insieme a coloro che criticano le stragi prodotte da Israele e non quelle, non solo più vaste, ma intenzionalmente genocidarie perpetrate da Putin in Ucraina? (“Gli ucraini non esistono, sono solo russi che non sanno di esserlo e che vanno convinti anche con le cattive”). No, non avremmo dovuto tacere.
Terzo. Di fronte alla singola scelta, all’alternativa tra appoggiarla o denunciarla, serve a poco cercare la risposta nel passato. “Tizio fa questo perché in passato ha subìto ben altro”. Per questa via, non solo si ricade nella tentazione di giudicare le persone invece che le azioni, come se fossimo Dio, ma si entra in un vicolo cieco. Infatti, c’è sempre un passato del passato, e poi anche un passato del passato del passato. Scriveva Benedetto XVI al n. 24 della Spe salvi: “Nell’ambito (…) della consapevolezza etica e della decisione morale non c’è (…) possibilità di addizione per il semplice motivo che la libertà dell’uomo è sempre nuova e deve sempre nuovamente prendere le sue decisioni”. Ogni decisione pone un problema tutto nuovo. Il passato aiuta sì a capire, ma ogni decisione compare da sola di fronte al tribunale della coscienza. Quelli della flotilla per essere credibili dovevano andare anche in Crimea e a Mariupol, ma ciò non toglie che forzare in modo non violento il blocco navale posto da Israele a copertura di un’azione militare ormai da tempo sproporzionata era un segnale di indignazione e di condanna che andava dato e appoggiato. Le decisioni non si prendono e le parole non si dicono perché piacciano a Tizio o perché dispiacciono a Caio.
Con la guerra le vicende umane ci urlano in faccia verità non limitate alla guerra. Dimenticarle non allontana la guerra, la rende invece più probabile. Rimuovere queste verità, spesso controintuitive, non ci rende migliori. L’utopia soffoca la responsabilità morale e questa si risveglia quando la realtà punge.