foto Unsplash

il nostro rapporto con la tecnologia

Così l'AI ci fa dire addio alla serendipità

Marco Lanterna

L'intelligenza artificiale, che corre su binari troppo prevedibili, rimuove l'elemento del caso, della magia, del batticuore dall'avventura della conoscenza umana. Un fattore fondamentale soprattutto nelle scoperte scientifiche 

Una delle ricadute negative prodotte dall’AI in termini di ricerca inventiva ovvero di domande poste all’odierno Oracolo artificiale (il quale, anziché propinare come a Delfi o Cuma fumose anfibologie polisemiche, va subito a bersaglio) è una drastica perdita di serendipità. Ovvero di quell’incontro fortuito di cose preziose, ancorché in principio non cercate né tantomeno immaginate. Incontro che ieri per esempio costituiva la massima gioia nello sfogliare vocabolari ed enciclopedie in cerca di qualche parola o idea, magari alla fine neanche trovata, perché ci s’imbatteva – piacevolmente dimentichi – in un’altra sentita più utile.

La parola “serendipità” entra nell’italiano dall’inglese serendipity e viene coniata da Horace Walpole che però la riprende da una cinquecentesca traduzione italiana dei Viaggi e avventure dei tre prìncipi di Serendippo, un’antica fiaba persiana volgarizzata da Cristoforo Armeno. Quindi noi italiani dovremmo dire serendippità (ma che ci sta a fare oggi l’Accademia della Crusca con le sue pale?), perché vantiamo una paternità storica su un concetto che dà idee persino a Hollywood e ai film rosa con Kate Beckinsale (si veda Serendipity. Quando l’amore è magia).

Ebbene oggi è come se l’AI annullasse l’elemento del caso, della magia, del batticuore, all’interno della conoscenza umana: quella zona informe, dispersa tra sapere e ignoranza, che in passato ha prodotto scoperte vitali oppure esiziali (si pensi alla penicillina salvavita di Fleming o alla dinamite dilaniante di Nobel). L’AI invece “profila” la conoscenza che quindi corre su binari troppo prevedibili o se si preferisce troppo poco geniali. Di tutto quel serbatoio di informazioni – lo scibile umano – essa distilla appena l’aurea mediocritas in forma di giusto mezzo o media matematica.

Il filosofo della scienza Telmo Pievani, qualche anno prima dell’esplosione prodigiosa dell’AI, scrisse un libro sul tema (Serendipità. L’inatteso della scienza), sostenendo che il caso è un fattore importante se non “portante” nella scoperta scientifica, la quale sarebbe (il condizionale è d’obbligo, Oppenheimer docet) solo un intelligente e fortunoso andar a tentoni. Invero come spesso accade con questo filosofo nostrano, per dir così dagli angoli smussati per entrar meglio nella testa dei lettori comuni, la serendipità viene fuori proprio edulcorata e romantica, esattamente come in un film con la Beckinsale. Insomma niente a che vedere con l’anarchico e mattoide anything goes di Paul Feyerabend (“qualunque cosa nel Metodo, purché funzioni”) o con il fosco pessimismo di Thomas Kuhn al quale l’AI sarebbe forse parsa il gigante Gort della “scienza normale”, ossia del paradigma conoscitivo imperante, che incenerisce tutte quelle crescenti “anomalie” che alla lunga ne incrinano l’ortodossia, il credo in voga, innescandone prima la rivoluzione e poi il nuovo corso conoscitivo. Per esempio l’AI, in un contesto di scienza geocentrico-tolemaica, difficilmente avrebbe contemplato le eterodosse ipotesi eliocentriche di un Keplero: per lei derubricabile a estremista originale.

Ma se l’elemento del caso e dell’eccezione risulta così decisivo ai fini del progresso (si pensi al più macroscopico caso di serendipità della storia umana ossia la scoperta delle Americhe a opera di Colombo che, partito in cerca dell’estremo Oriente, inciampò nel Nuovo mondo) è verosimile che nemmeno l’AI – l’entità ormai più intelligente sulla Terra – ne faccia a meno. Quindi non è da escludere che in un prossimo futuro neanche il caso o l’arbitrio creativo saranno estranei ai suoi calcoli (contradictio in terminis, ma ben sensata con l’AI), e come già ora presenta delle umanoidi “allucinazioni” (quel fenomeno per cui in certi casi produce risposte che sono linguisticamente ineccepibili, ma fattualmente inventate), essa sperimenterà anche le chimere e gli unicorni della conoscenza. E chissà se a quel punto all’AI riuscirà di trovare un termine più confacente in italiano al concetto di serendipità, rottamando così pure la Crusca coi suoi buratti e le sue farine ormai scadute. 

 

Di più su questi argomenti: