GettyImages
evil land
Disney chiude i cattivi in un parco solo per loro
La vertigine del male e la tentazione dei recinti. La Regina di Biancaneve dopo Halloween fa le valigie. Disney decide di privare decine di migliaia di fan dei loro cattivi preferiti e i vertici non colgono la pericolosità di riunire tutti i cattivi in un parco a loro dedicato: "Evil Land"
Pare che a scatenare tutto sia stata una battuta di quelle impersonator dagli zigomi alti, modello Joan Crawford che ne fu l’ispiratrice originaria insieme con la statua della margravia Uta di Naumburg, che la Disney seleziona per interpretare Evil Queen, la Regina cattiva di Biancaneve nei suoi parchi a tema e che Walt Disney aveva fatto battezzare Grimilde visto che i fratelli Grimm, da eccelsi filologi quali erano, non glielo avevano dato, ben sapendo che simboli e archetipi funzionano meglio sull’immaginario popolare delle personalizzazioni e la definivano appunto die böse Königin. Al tizio che la inquadrava con la telecamera del cellulare in un megaparco Disney della Florida, a due passi da Mar-a-Lago che in effetti gli assomiglia parecchio anche nei tetti a punta e i cirmoli da chalet svizzero, la Regina Cattiva ha detto che se avesse voluto incontrarla per tutto l’anno avrebbe dovuto farsi sentire subito, lamentarsi, spread the news, perché finito Halloween l’avrebbero fatta tornare nelle segrete, dalle quali sarebbe stata tirata fuori una volta ogni tanto.
Che, insomma, avrebbe perso il lavoro. Il tizio ha postato il video su TikTok, Reddit l’ha rilanciato con un post e ne è venuto fuori uno scandalo internazionale, con decine di migliaia di fan indignati contro questa crisi che li priva dei loro cattivi preferiti. I vertici Disney hanno smentito senza troppa convinzione e con troppi distinguo sulle “apparizioni regolari” di questo e di quel personaggio con le corna in testa e le orecchie appuntite ribattendo però che, entro due o tre anni, verranno raccolti tutti insieme in un bel parco solo per loro, il Parco dei Cattivi, Evil Land, perché “i cattivi sono un franchise importante per noi”; questo, senza mai cogliere per un istante la pericolosa assurdità di questa affermazione in un mondo che è preso nuovamente dalla smania di alzare barriere, aumentare il filo spinato, escludere e richiudere, nell’illusione che “l’altro” sia sempre e comunque il male, a partire proprio dagli Usa, dove la tentazione di trasformare un’isola come Manhattan in un carcere a cielo aperto, una enclave a tema per i villain (la definizione inglese di cattivo come derivato di vile è l’unica cosa bella di questa storia) è sempre in agguato come nel film di John Carpenter.
La faccenda è montata al punto che, da questa parte dell’oceano, The Independent mi ha mandato un alert, come se si fosse trattato della notizia della settimana e per certi versi lo era. Il punto non è ovviamente che fra i parchi a tema del colosso di Burbank vi sia qualche signora che rischia di lavorare per due mesi all’anno invece di dodici, in questi anni Disney ha già declassato a presenze sporadiche un bel po’ di personaggi negativi di titoli classici meno frequentati di un tempo, vedi la tigre Shere Khan del “Libro della giungla”, e nemmeno che i biglietti di ingresso ai parchi, già piuttosto cari perché si parte da 56 dollari al giorno, siano stati ulteriormente aumentati mentre gli azionisti cercano di abbattere i costi fissi di manutenzione e di gestione. Mentre la Disney stempera e sfuma il ruolo dei cattivi nelle sue storie, lavorando di fine psicologia, troncando e sopendo i trascorsi manichei di “Biancaneve” e “Pinocchio” dove si capiva subito dove stessero il bene e il male, ma si sapeva anche che possono convivere e condividere gli stessi spazi e che bisogna imparare a riconoscerli, il punto oggi è la nuova tentazione dei recinti.
La vertigine di un mondo fatto di gabbie, del luogo altro-da-sé dove la negatività, vera o presunta che sia, viene racchiusa in un campo, divertimento o detenzione di migranti o detenzione criminale in fondo cambia poco, lo schema è identico, con un ingresso e delle barriere, insomma una para-prigione, un luogo fisico ma soprattutto mentale dove sapere che il male, qualunque sia e anche se non lo è affatto, sta là, e magari andarlo a visitare una volta all’anno come allo zoo o bioparco come si chiama adesso e che no, non ha niente a che vedere con il viaggio, spirituale e mistico, nell’inferno dantesco. Nella sovrapposizione e semplificazione continua di simboli e di generi, il male o la sua apparenza godono oggi invece di una giornata a loro deputata e dedicata, Halloween, che da celebrazione dei santi e poi dei morti si è trasformato nel giorno molto lucroso della paura, del male e dei mostri nella sua accezione più estesa, monstrum che poi significherebbe prodigio, meraviglia, segno divino ma ormai solo “brutto” e “diverso”.
E’ interessante, e anche un po’ orribile, assistere al progressivo spostamento di segno di un mondo che, non volendo più riconoscere il male o la sua apparenza, crea un male dai contorni più labili e al tempo stesso più semplificati, più palatabili, più commerciali. Una zucca di plastica e un cappello da strega di panno nero.