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Saverio ma giusto

Fesso e ignorante chi imbratta la statua di Wojtila, ma chi l'ha messa lì è peggio

Saverio Raimondo

Siamo sicuri che quella scritta "fascista di merda" si riferisse proprio a Giovanni Paolo II? E che gli autori sapessero che era lui? Il decoro urbano è una cosa seria, ma in questo caso l'hanno violato in primis le amministrazioni pubbliche, mettendo in strada uno dei monumenti più brutti mai comparsi in una città 

Nel rumorosissimo schiamazzo di contorno alle manifestazioni di questi giorni per Gaza, ho trovato particolarmente esilarante l’indignazione per la scritta “Fascista di merda” (con tanto di falce e martello) fatta con della vernice spray sulla statua di papa Giovanni Paolo II in piazza dei Cinquecento a Roma, scoperta dopo il presidio pro Palestina che si era tenuto di fronte alla stazione Termini lo scorso 26 settembre. La premier Giorgia Meloni è arrivata a definirlo “un atto indegno, commesso da persone obnubilate dall’ideologia, che dimostrano totale ignoranza per la storia e i suoi protagonisti. Dicono di scendere in piazza per la pace, ma poi oltraggiano la memoria di un uomo che della pace è stato un vero difensore e costruttore”.

Mi pare francamente ridicolo che un presidente del Consiglio spenda parole così altisonanti per il più banale degli atti vandalici (per altro una scritta piuttosto vintage, molto Seventies, più folkloristica che eversiva); ma poi siamo proprio sicuri che quel “fascista” si riferisse a Papa Wojtyla? Se gli autori della scritta sono dei “totali ignoranti” come sostiene Meloni, è capace che manco sappiano che quella statua rappresenta Giovanni Paolo II, anche perché non si riconosce: sin dalla sua inaugurazione nel maggio 2011, tutti hanno concordato quanto quella statua non somigliasse affatto a Karol Wojtyla, semmai a Benito Mussolini – ma col mantello, una sorta di Mussolini della Marvel: Super Duce.

Per chi non conoscesse l’opera, stiamo parlando di uno dei più brutti monumenti che siano mai comparsi in una città, una scultura talmente senza senso né gusto che persino l’Osservatore Romano all’epoca la stroncò parlando di “enorme monumento indistinto”. Da allora quella statua è lì, solitaria e schifata da tutti tranne che dai piccioni che la usano come vespasiano. (Attendo le dichiarazioni della premier Meloni anche contro i piccioni: “Dicono di volare, e poi oltraggiano la memoria di un uomo che con il guano non ha nulla a che fare. Un atto indegno, commesso da pennuti obnubilati”). Con quella scritta è come se finalmente quella statua entrasse a far parte ufficialmente del patrimonio monumentale romano; una sorta di atto di riconoscimento. Cosa si imbratta infatti, se non un monumento, un simbolo, un’opera d’arte? I baffi si fanno sempre alla Gioconda. Da Ultima Generazione che vandalizza celebri quadri a Palazzo Vecchio a Firenze, così come le attiviste che coprirono di vernice la statua di Indro Montanelli a Milano per protestare contro il patriarcato, i bersagli dei vandali sono sempre dei simboli – per altro sempre meglio che imbrattare i muri dei palazzi privati: nel caso dei monumenti il comune si attiva subito per farli pulire, mentre se aspetti che l’amministrazione condominiale faccia togliere la scritta dalla facciata di casa tua fai in tempo a morire.

Scrivendo “Fascista di merda” (per altro scritta nella sostanza condivisibile, o anche su “fascismo merda” dobbiamo fare dei distinguo?), chiunque abbia commesso questa bambinata da liceo ha riconosciuto a quell’obbrobrio in bronzo dalle vaghe sembianze papali, che finora di monumentale aveva solo la sua statura colossale (non solo è orrendo, ma è pure alto sette metri!), con quella scritta, dicevo, hanno riconosciuto a quel catafalco osceno il nobile statuto di monumento. Il decoro urbano è una cosa seria, alla quale da borghese tengo moltissimo, ma se cominciano a violarlo in primis le amministrazioni pubbliche, ponendo su strada certe schifezze che al confronto l’ecomostro di Punta Perotti era la Sagrada Familia, mi sento di dire che un fesso che ci fa una scritta sopra ha solo fatto una fesseria, non esageriamo.

 

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