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antisemitismo

È eretico discutere con israeliani e palestinesi di pace? Storia pazza e istruttiva di un convegno a Napoli

David Parenzo

Un ex premier israeliano e un ex ministro palestinese volevano aprire un dialogo pacifico, ma alcuni gruppi “pro Palestina” hanno deciso che no, nel capoluogo campano non si deve discutere di pace 

"Ha da passà ’a nuttata”. Mai come stavolta la saggezza di Eduardo De Filippo sembra tagliata su misura, come un abito uscito dal Maestro Caraceni, per Napoli, alla vigilia di Falafel e Democrazia: il confronto che domenica 14 settembre porterà in città Ehud Olmert, già premier israeliano, e Nasser Al-Kidwa, ex ministro degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese, nonché nipote di Arafat. Un programma internazionale, degno di un grande evento più che di un convegno a porte chiuse con la polizia a garantirne il regolare svolgimento. Eppure, apriti cielo. Alcuni gruppi “pro Palestina” (virgolette d’obbligo: spesso sono più contro Israele che pro-qualcosa) hanno deciso che no, a Napoli non si deve discutere di pace. Il dialogo non va bene. “I sionisti sono come i nazisti”, il boicottaggio militante, il rifiuto di ascoltare. Un manipolo di violenti, rumorosi quanto minoritari, che mette a dura prova la libertà di parola. Qui il paradosso è totale: si protesta contro un israeliano e un palestinese che vogliono discutere di due popoli e due Stati. Il Medio Oriente a Napoli diventa una barzelletta, ma purtroppo senza la risata finale. Per mesi abbiamo preparato questo incontro con un obiettivo semplice: aprire, nel cuore del Mediterraneo, uno spazio di parola che provi a disinnescare le asprezze della guerra, a cercare soluzioni oltre le trincee. L’evento – promosso da Fondazione Rut con Golem Multimedia – era programmato al Museo di Capodimonte.

Poi, come in una sceneggiata mal scritta, sono arrivate revoche, diffide, minacce. Il sindaco toglie il Patrocinio, il luogo di Capodimonte diventa “difficile da proteggere” perché sono annunciate manifestazioni e c’è perfino chi, come l’ex sindaco Luigi de Magistris, che ha sentenziato sui social ricevendo migliaia di like “che l’asse del male si riunirà a breve a Napoli. Dentro c’è il gotha del sionismo italiano”. Una frase che basterebbe da sola a spiegare perché in Italia il dibattito sul Medio Oriente resta spesso prigioniero di slogan e di tifoserie, più che di idee. L’ex magistrato pensa che il solo fatto di essere israeliano è di per sé una colpa e con il suo ben noto garantismo (già applicato nei processi che ha condotto non senza qualche errore ndr) scatena la bufera social contro l’evento. E allora mi sono detto: why not? (Per citare una sua sfortunata inchiesta giudiziaria). Why not, cioè perché no, perché non fare lo stesso l’evento nonostante tutte le difficoltà? Napoli non può essere la città dei veti e della censura, Napoli è la città che ha accolto ebrei, armeni, greci, che sa mescolare dialetti e cucine, sacro e profano. È la città che, come dice il sindaco Gaetano Manfredi, “non chiude mai le porte al dialogo”. E così Falafel e Democrazia si farà, grazie alle garanzie di Questura e Prefettura, grazie a tutti gli ospiti che non si sono fatti intimidire dal contesto e grazie agli amici di Radio Radicale che trasmetteranno in streaming per chi vorrà seguirlo da lontano. La politica, se vuole essere più grande della tragedia che ci circonda, deve praticare il coraggio di sedersi accanto a chi la pensa diversamente.

Non posso, caro lettore fogliante, comunicarti adesso dove saremo a Napoli domenica. Abbiamo il luogo, tutti gli ospiti confermati ma come in una strepitosa “spy story“ potrò comunicarti il luogo solo in corso d’opera. L’evento non solo va fatto, ma va rivendicato. Non siamo dei criminali che si devono nascondere. Da ebreo sono abituato a portare i miei figli a scuola circondato dalle forze dell’ordine. Quando il sabato vado in sinagoga da anni ci sono carabinieri e militari che presidiano h24 le nostre scuole e luoghi di culto. Un manipolo di agitati non impedirà il dialogo tra un ex premier di Israele e un ex ministro palestinese. Non possiamo chiudere gli occhi di fronte a chi prova a silenziare un dibattito, un’idea, un’opinione. Voglio poter dire che io pure sono “Pro Palestina. Ma pro Palestina libera da Hamas e per la costruzione di uno stato democratico!”. Non è più il tempo dello slogan trito e ritrito “due popoli due Stati” bensì oggi bisogna aggiornarlo a “due popoli due democrazie”. I palestinesi non solo hanno diritto a uno stato... ma hanno diritto a uno stato democratico. O forse i pro-Pal sono così razzisti dal pensare che i palestinesi non siano capaci di realizzarlo? Io non credo. Napoli resta il palcoscenico ideale: è un porto che non teme il confronto e guarda al futuro. Totò usava l’espressione “Ma mi faccia il piacere!”, come una delle sue battute più celebri, diventata un vero modo di dire. Il tono era ironico, a metà tra l’indignato e il divertito: lo pronunciava con un gesto della mano che “scacciava” l’assurdità, spesso alzando le sopracciglia e inclinando leggermente la testa, come per dire “non mi faccia perdere tempo con sciocchezze”. Appunto, non fateci perdere tempo. Ci vediamo a Napoli.

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