Ansa

L'editoriale del direttore

La sinistra senza figli. La crisi demografica spiegata senza ipocrisie

Claudio Cerasa

La crisi è reale ma riguarda più l’elettore progressista che quello conservatore. C’entra il catastrofismo sul futuro, ma non solo. Le tesi di Nyt e Ft e il dramma di una politica con molti incubi e pochi sogni

Fare figli è diventato di destra? Ross Douthat è un famoso e apprezzato giornalista americano. E’ un conservatore, non trumpiano, scrive sul New York Times e pochi giorni fa ha offerto ai suoi lettori una tesi tanto scandalosa quanto rivelatrice. Douthat ha scelto di affrontare un tema ricorrente nelle società occidentali, ovvero la crisi demografica, la crisi della natalità, ma ha scelto di farlo suggerendo una chiave di lettura originale e clamorosa: la crisi demografica esiste, non c’è nessun dubbio su questo, ma la crisi demografica non è generalizzata e riguarda una fetta di popolazione specifica, che coincide con l’elettorato progressista. La riflessione di Douthat parte in seguito alla lettura di un altro articolo dedicato a questo tema pubblicato a fine agosto sul Financial Times da John Burn-Murdoch, un esperto di dati, che ha messo insieme una serie di grafici che mostrano come i tassi di natalità tra i progressisti stiano diminuendo molto più rapidamente di quelli tra i conservatori nel mondo sviluppato. In America e anche in Europa.

 

Secondo i dati mostrati dal Financial Times, fino agli anni Ottanta conservatori e progressisti avevano grosso modo la stessa probabilità di avere figli ma negli ultimi vent’anni il divario è aumentato. E il risultato è che, dagli Stati Uniti all’Europa e oltre, le persone che si identificano come conservatrici stanno avendo quasi la stessa quantità di figli di decenni fa mentre le persone che si identificano come progressiste fanno meno figli di prima. Un’analisi su dati dell’European Social Survey (Ess) pubblicata alla fine del 2024 mostra un trend che va in quella direzione anche nel nostro continente. E nelle regioni dell’Europa meridionale, gli individui situati nella fascia di destra estrema hanno una probabilità significativamente più alta (circa +4-9 punti percentuali) di esprimere un’intenzione decisa di avere un figlio nei prossimi tre anni rispetto a chi si considera più moderato e progressista. Il pessimismo autolesionista, un mix tossico fatto di ecoansia strutturale, catastrofismo perenne, generica angoscia per il futuro, ha certamente giocato un ruolo in questa dinamica e non ci vuole molto a capire che chi sostiene che il mondo sia fottuto ha meno probabilità di fare figli rispetto a chi ha una visione meno allarmistica sul domani. Douthat dice che c’è di più. Non è solo una questione legata al pessimismo.

 

 

I progressisti, più modernizzati, più urbani, più secolarizzati, adottano stili di vita che in tutte le società avanzate riducono la fecondità. Tempi di istruzione molto lunghi, unioni tardive, età materne tardive, poco interesse per la vita famigliare. Non è dunque direttamente sfiducia nel futuro, è l’effetto del progresso stesso: più  si conduce una vita progressista, dice Douthat, meno sarà probabile fare figli. L’elemento però che dovrebbe quantomeno preoccupare i progressisti poco desiderosi di mettere al mondo una nuova vita è un altro e coincide con un fenomeno interessante fotografato dall’opinionista del Nyt: i progressisti un tempo avevano meno figli ma vincevano culturalmente, e i giovani, anche quelli conservatori, venivano attratti naturalmente da storie e immaginari liberali. Oggi la cultura progressista appare ansiosa, pessimista e poco capace di raccontare storie coinvolgenti, nei film recenti Disney spariscono persino romanticismo ed eroi, sostituiti da trame didattiche, vaghe o deprimenti, e la possibilità che l’egemonia culturale della sinistra possa fare presa sui conservatori del futuro è molto ridotta anche per questa ragione: la sinistra non riesce più a vendere sogni, ed eroi, e più a sinistra si sceglierà di considerare la natalità un tema di destra, più le speranze che vi sia una sinistra con un futuro diminuiranno sensibilmente.

 

Il Financial Times aggiunge un tassello al ragionamento offrendo un elemento in più che il mondo politico progressista dovrebbe considerare in vista del futuro, a meno di non voler considerare l’aumento dei migranti come l’unica leva per intervenire sulla crisi demografica e sulla crisi del consenso dei progressisti. E il tassello è questo: la scarsa preoccupazione della sinistra per il calo dei tassi di natalità sta spingendo le società verso una direzione più conservatrice. La destra, con abilità, è riuscita a convincere la sinistra che parlare di famiglie e di figli sia un’abitudine conservatrice, nota ancora il Financial Times. Capire che fare figli non è di destra potrebbe essere un passaggio utile per tornare a parlare agli elettori avendo al centro non l’agenda delle catastrofi ma l’unico elemento in grado di creare un’agenda per il futuro: costruire un sogno per il quale valga la pena non solo votare ma anche nascere.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.