
Foto di Domingo Alvarez E su Unsplash
estate con ester
Una polizia per arginare la cretinaggine performativa e salvare la serietà
Tra atti giuridici con dentro emoticon e la Casa Bianca che festeggia il Big Beautiful Bill con una réclame anni Ottanta, serve una cultura woke per la scemità
Quando la vita ti dice di unire i puntini tu li unisci e cerchi di capire. Così ecco i due puntini, A e B, che mi si sono parati davanti ieri. Pur lontani, amaramente si collegano e impongono una constatazione.
A: leggo un atto giudiziario appena depositato nel fascicolo telematico – è per una delle nostre cause – scritto e vidimato con firma digitale da un avvocato che conosco, non un novellino, un avvocato adulto con oltre vent’anni di esperienza. L’atto – che andrà quindi davanti a un magistrato – contiene in sé delle emoticon a farcitura delle frasi. E’ la prima volta che succede, almeno a me.
B: l’account Instagram della Casa Bianca ha pubblicato un video che racconta il Big Beautiful Bill, fa pubblicità al nuovo pacchetto fiscale approvato dal governo Trump. La legge è festeggiata con una réclame anni Ottanta e il video utilizza la similitudine dei cerchietti gonfia-capelli, quelli che fanno venire le cofane anche alle ragazze con le teste lisce e flosce. Americani, tornerete ricchi!
Torniamo al punto A. Viste e commentate le emoticon, nel mio studio c’è stata una microriunione. Di quelle da trenta secondi e sommariamente inutili, davanti alla macchinetta del caffè. Bisognava decidere: valeva la pena scrivere mezzo paragrafo d’apertura in risposta (i.e.: un moderato pippone), nelle nostre repliche, richiamando il decoro della professione, il codice deontologico che ci costringe a mantenerci nei perimetri della decenza? La conclusione è stata di sorvolare, far finta di niente, e proseguire solo con le difese in diritto.
Per la Casa Bianca su Instagram, il processo mentale è stato identico e allo stesso modo rapido: il passaggio tra i neuroni della domanda “ma dove andremo a finire?” è durato un attimo, dopodiché risatina, spallucce, “passiamo avanti”. Questo abbiamo deciso essere il metodo contro l’imbecillità che dilaga. E così ho pensato: non è che serve una cultura woke per la scemità? Ci vorrebbe un argine, un sistema a garanzia del rispetto del minimo della dignità. Perché sta succedendo l’irrecuperabile, una deviazione seria della colonna vertebrale della coscienza collettiva: le cose infinitamente imbarazzanti non fanno più caldo né freddo.
La questione della cretinaggine performativa non è solo uno sfizio, un guaio estetico. E’ una specie di antilingua nuova di zecca che si sparge come DDT. Qui non siamo più nelle lande del “non mi piace” e “che modi”. E’ la forma imbecille che diventa prevalente e utile – è perdonata, è accolta. Ho paura a dirlo: è normale. Sa di moderno mentre il rispetto della decenza inizia a sapere di muffa.
Forse non basta più ridacchiare disinvolti ehi-siamo-gente-di-mondo. Forse serve davvero una polizia un poco più stronza, un’attenzione nervosa e reattiva come quella woke. Una dignità minima delle cose non ci piacerebbe? Anche perché il retro di questo scivolamento dell’antidecoro è che tutto è semplificato per essere venduto meglio. La decenza deve stare antipatica, deve fare un po’ di paura. E’ odiosa, è previsto che lo sia.
Serve un nuovo protocollo per la scemità fuori scala, un piano condiviso. Abbiamo messo le tende in una distorsione permanente, di serio non è rimasto nulla, anzi è raccontato come parodia, come la leggenda di Aldo Moro che andava in spiaggia in giacca e cravatta per rispetto all’istituzione e agli italiani lavoratori. Se continuiamo così pure l’ironia perderà tutto l’ossigeno. Era un non facile esercizio di misura, l’ironia, ora è ovunque, un tentativo ossessivo.
Non è che si sta insinuando l’idea che tutto ha la possibilità di essere trattato con gli strumenti dei social? Che la sobrietà sia un relitto, che chi non s’adegua è vecchio, è snob, è morto? Pure l’atto giudiziario è costretto a essere ingaggiante? Ma chi devi ingaggiare? Non è questo il pop come lo avevamo immaginato, signori. Il pop sapeva dove stare, era educato. Il concetto di insensibilità alla vergogna, è quello, che ci sta rovinando la vita?