Foto di Mourad Balti Touati, via Ansa 

La culla della vita

Storia di una madre e di un figlio. Una donna afferma la maternità, Enea è pegno di vita

Maurizio Crippa

Il silenzio, la privacy, gli innocenti e i commenti non innocenti. Nella storia del Mangiagalli in diversi si sono espressi perdendo l'occasione di tacere

Il silenzio, la privacy, gli innocenti e i commenti non tutti innocenti. Ezio Greggio, fosse da cittadino privato o in qualità di influencer televisivo, ha malamente perso l’occasione di tacere e ha reso ancor più “mediatica” una storia già malamente mediatizzata. L’occasione di tacere l’hanno persa anche coloro che si sono sentiti in dovere di nascondersi dietro la privacy (“lasciare stare neonati e donne che non conosci”) per celare il fastidio di sentire parlare di madri e figli, roba d’altri tempi, e di indignarsi per la “culla della vita” della Mangiagalli chiamandola “ruota medievale”. Non sapendo, forse, che l’abolizione delle ruote dopo l’Unità portò con sé l’obbligo legale per le madri di denunciare il parto: non proprio un passo avanti.

Commenti non innocenti, né questi né quelli sulla “vera madre”, laddove l’unica cosa giusta sarebbe gioire per la vita che Enea comunque potrà avere, e per l’innocenza di una donna il cui amore è indubitabile. L’occasione di tacere l’ha persa, va detto, anche il direttore della Neonatologia che si è affrettato a dichiarare “non ci siamo accorti del grido di aiuto di quella mamma”. Non si sentiva l’urgenza di un’intervista, tanto più per invitare la donna a farsi viva. Bastava ricordare (chissà se con lei è stato fatto) che esiste una legge che tutela il parto in anonimato. E ha perso infine l’occasione, anzi per primo, il Tg Rai della Lombardia, con la sua rivedibile ansia da buona notizia pasquale. 

Questo detto, quanti equivoci anche odiosi. A Milano, come in molte altre regioni, i percorsi di aiuto al parto in anonimato esistono da tempo. In Toscana, una delle regioni più attrezzate, il progetto Mamma segreta nell’ultimo decennio ha garantito 184 parti in anonimato. La “culla della vita” non piace a tutti, sarebbe lesiva del diritto dei nati a conoscere la propria origine. Questione delicata, certo. Ma in fondo le “culle” sono nient’altro che un’estensione del parto in anonimato, tutelato dalla legge 396 del 2000, che inserisce i nati nei programmi di adozione. “Nato/a da donna che non consente di essere nominata”, dice la legge, e dovrebbe bastare per tutti.

E andrebbe ricordato, a chi ha trovato scandalo nella vicenda, che nella maggior parte dei casi di abbandono, circa tremila l’anno, le madri vengono facilmente rintracciate e rischiano l’incriminazione, oltre che una indesiderata notorietà. Per paradosso, le culle invece tutelano la privacy. Ogni anno in Italia circa 400 bambini nascono con “parto in anonimato”, di cui molto pochi nella sessantina di “culle” diffuse sul territorio. 

Di solito queste storie non sorpassano il livello delle cronache locali, e affondano nei commenti cinici o moralisti. Che Enea sia vita, e pegno di vita, non interessa. Con più profonda e con migliore comprensione di queste vicende, Alessandra Kustermann, storica ginecologa della Mangiagalli e paladina dei diritti delle donne, si è invece detta colpita da quella “strana e commovente lettera”, e si è augurata “che torni da lui, che sia aiutata da una società poco attenta ai bisogni delle madri”. Forse, in ultima analisi, di Enea e di sua madre si è costretti a parlare perché lei con parole inequivocabili ha affermato qualcosa che è altro dal diritto di anonimato, che è più ancora di uno struggente augurio di adozione. Ha affermato una cosa diversa, ha affermato la maternità in sé, senza aggettivi e connotazioni. Se ne parla per questo, nessuno può evitarne l’urgenza.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"