Michela Marzano e la vergogna per il nonno fascista

Ginevra Leganza

L'importanza di dimenticare e andare avanti, perché le colpe dei nonni non ricadono sui pronipoti

Perché ci si sciocca delle parole di Michela Marzano? La filosofa della Sorbona, ex deputata del Pd, ultimamente si è concentrata sui suoi travagli biografici, e nell’ambito della rassegna “Più libri più liberi”, presentando Stirpe e vergogna, l’ultimo lavoro edito da Rizzoli, ha dichiarato di non aver voluto figliare per paura di trasmettere il suo mal di vivere alla prole. Mal di vivere causatole in particolar modo dalla scoperta di essere nipote di un nonno fascista. Una colpa avita che ha inibito la procreazione.

Posto che ognuno fa di sé quello che vuole, posto che i turbamenti altrui in linea di principio non si sbaglia mai se li si ignora (fintanto che non diventano cosa pubblica come in questo caso, chiaro), posta ancora l’indulgenza nei confronti dei pensieri più stralunati (ognuno ha le sue fissazioni e le sue malattie, insegna Pascal, e forse persino i più saggi del consesso umano sotto sotto sono matti), è proprio il caso di esortare a non seguire l’opzione Marzano.

Sì, è vero, qui si ha un’idea un po’ più fiera e anche un po’ più antica di “filosofia”, e la si ritiene di tutte le scienze regina in quanto esercizio spirituale, continua ascesi volta a non crogiolarsi in spinoziane passioni tristi, a non volteggiare fra la paura e la vergogna. La Marzano dice appunto di non aver fatto la madre per la vergogna di un passato di cui neppure è artefice, essendo stato fascista il nonno e non lei. Fosse una trovata sarebbe fascinosa e forse vincente sul piano del marketing subculturale che muove la Repubblica delle lettere italiane, ma perché non crederle? Siamo umani, e neppure i pensieri più astrusi possiamo considerare alieni. Le crediamo, e umanamente comprendiamo la sua vergogna e la sua necessità di catarsi. È solo che se sei filosofa, sai anche che il buon pensare dovrebbe finalizzarsi al ben vivere, a lenire la paura e andare avanti (a costo dell’oblio), e se possibile a dare il buon esempio a eventuali adepti… Sarà che soffrire di fascistite cronica tira fuori, per effetto paradosso, una certa rigidità d’impostazione, una certa intolleranza e in questo caso l’assurda idea che i mali dei padri confluiscano sulle spalle dei posteri.

È senz’altro giusto sapere da dove si viene, di chi si è figli o nipoti, ma a una cert’ora saggezza impone di dimenticare e andare avanti. E invece ancora oggi in un’intervista su La Stampa la filosofa dice che “i figli sono sempre sintomi dei genitori, che a loro volta sono sintomi dei propri padri e delle proprie madri”. Insomma, i neonati come avvisaglie della malattia degli adulti che non superano gli incidenti del passato. Marzano rivanga in pubblico la trama di famiglia e attribuisce al nonno il suo dolore. Alla ricerca di un antidoto al morbo Marzano, qualora contagiasse anche noi, scoviamo le parole di Jorge Luis Borges: “…altra vendetta non c’è che l’oblio / o altro perdono…”. Parole perfette per provare ogni tanto a dimenticare. Pensare al futuro, sotto la specie dell’amplesso non protetto, esige davvero gioia di vivere. Forse ancora meglio se in cosciente, sana amnesia.

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