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Rovistare tra le lenzuola di Gandhi offre un servizio alla Storia?

Simonetta Sciandivasci

Arriva la seconda parte della biografia del Mahatma di Ramachandra Guha

Roma. Verrà il #metoo e ti analizzerà le lenzuola per giudicare se, tra le tue ma non solo, ti ci sei comportato a norma di legge e rispettabilità sessuale post femminista, che tu sia vivo o che tu sia morto. Poiché chi cerca trova e chi di noi non ha scheletri stipati negli armadi e assalti sessuali impressi nel materasso, specie adesso che va il memory foam, nessuno si salverà. Neanche Gandhi.

 

Ramachandra Guha, che ha appena pubblicato il secondo volume della biografia del Mahatma, costatagli trent’anni di lavoro, era la scorsa settimana a presentarlo alla London School of Economics quando, dal pubblico, una giovane donna s’è alzata e gli ha chiesto delucidazioni su un dettaglio non inedito, ma sempre molto poco discusso, esplorato, raccontato. Naturalmente, il dettaglio non ha a che fare con le ragioni che hanno fatto di Gandhi un capitolo della storia dell’umanità, bensì con le sue abitudini sessuali. Guha ha risposto, cercando di liquidare la questione qualificandola come “inspiegabile e indifendibile” e riuscendo a trattenersi dal dire quello che stiamo pensando tutti e cioè: “Signorina, ma di tutte le cose interessanti, e se vuole anche controverse, su Gandhi, uno che persino gli analfabeti funzionali sanno chi è stato, davvero a lei interessa come e con chi dormiva? Ma perché non si fa gli affari del letto di casa sua, scusi?”. L’ultimo che ha osato rispondere a una domanda scema facendo notare che lo era, senza perdere tempo a spiegare perché, è stato Junot Dìaz qualche mese fa e alla sua interlocutrice era parsa ragione sufficiente per denunciare l’episodio presso hashtag, come maltrattamento con l’aggravante della discriminazione sessuale. Magari Guha se n’è ricordato e s’è detto ma chi me lo fa fare (di tutte le dittature possibili, viviamo nella peggiore: l’autocensura).

 

Di indifendibile e inspiegabile, Gandhi ha fatto questo: ha dormito per molti anni, dopo la morte di sua moglie Kasturba, accanto a donne alle quali chiedeva esplicitamente di non vestirsi. Erano la sua dottoressa e le sue due nipotine di sessant’anni più giovani di lui. Lo faceva come esercizio di controllo della tentazione e infatti mai e poi mai alzò un dito su nessuna di loro (ma magari qualche studiosa si impegnerà a trovare le prove degli abusi e allora toccherà forse metter mano a tutti i libri di storia e cancellare Gandhi o rimpiazzarlo con una donna, che come pacifista sarebbe anche più credibile, no?). Riuscire a domare le pulsioni sessuali e, in seconda istanza, riuscire a non averne affatto, nemmeno davanti a una bellissima ragazza nuda, significava per Gandhi diventare il solo tipo d’uomo incapace di nuocere e di mentire al prossimo.

 

Il sesso era per lui corruzione, ed esserne schiavo o compiacerlo lo inorridiva: non superò mai il fatto che suo padre morì nel solo momento in cui lui, che lo vegliava giorno e notte, si allontanò per fare l’amore con sua moglie. Nel letto di Gandhi s’è tuttavia andati in avanscoperta, scoperta e riscoperta, come nei letti di tutte le icone, e il Guardian ci ha tenuto a ricordare che, nonostante queste proibizioni e inibizioni e afflizioni, il Mahatma faceva impazzire le donne: l’analista Sudhir Kakar ha fatto sapere che, nel suo ashram, “la competizione femminile per accaparrarsi la sua attenzione era feroce”.

 

Per non dire del trattamento che riservò, una volta vedovo, alla figlia adottiva di sua moglie, verso la quale mostrò un affetto acceso in modo quasi sconveniente e un’ammirazione che aveva del femmineo, tanto che alcuni gli hanno diagnosticato, a distanza, una “invidia della vagina”. Se il futuro che ci aspetta è la riscrittura della storia a partire dalle lenzuola di chi l’ha fatta, oltre ad annoiarci moltissimo, finiremo con l’epurare tutti, eroi, venerati maestri e soliti stronzi. E riempiremo gli Atlanti di puffi.

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