Alcune Smemoranda dal 1979 a oggi (foto smemoranda.it)

Può un diario resistere ai tempi dello smartphone?

Simona Voglino Levy

Il simbolo di intere generazioni ha tenuto il passo degli adolescenti di oggi. Così Smemoranda ha mantenuto la sua identità restando l'agenda più venduta d'Italia 

Smemoranda. Un nome, un mondo. Quello dei diari gonfi di inchiostro, colla, fotografie e disegni a raccontare la storia di anni passati sui banchi di scuola, fra brufoli e tormenti. Momenti.

 

Smemoranda. Il simbolo di intere generazioni, quando ancora gli smartphone erano una visione, mentre i telefoni avevano tasti da scegliere con parsimonia giacché i caratteri erano limitati, un po’ come ora su Twitter. Smemoranda. Ed è subito nostalgia per quel tempo andato che sembra lontano e, invece, è ancora così vicino che se ti giri, lo puoi toccare: un ricordo presente, insomma, grazie alla longevità del diario più comprato d’Italia. Simbolo, una mela tutta intera, alla faccia di Steve Jobs che poi - con la sua morsicata - s’è rubato tanto di quel vecchio consumo che amava sfogarsi su fogli a quadretti.

  

“La digitalizzazione e Internet hanno sicuramente creato problemi al mondo carta, quindi anche alle agende e ai diari. I mercati, di fatto, ne risentono, ma nel nostro mondo specifico c’è stato più che altro un ridimensionamento, che non è stato mortale”, spiega al Foglio Nico Colonna, fondatore di Smemoranda insieme a Gino&Michele. “Ora, sono più che altro cambiati i formati. Se la vecchia Smemo era il mattone che raccoglieva la vita dei ragazzi, oggi ci sono altre forme di 'archiviazione' della loro esistenza, a partire dai social. Però, l’odore della carta, il fatto di poterci scrivere e – ancora importante in un’età come quella del liceo - disegnare, penso sia una passione che non svanirà. Per fortuna”.

E, infatti, i ragazzi continuano a comprarla: “In generale per la scuola il diario rimane ancora un elemento importante. E anche per la vita quotidiana degli adulti l’agenda resta un oggetto utilizzato: la maggioranza delle persone ha ancora l’abitudine di annotarsi la propria giornata, il proprio mese o anno, scrivendo”.

 

I numeri? “Per i diari siamo passati dal milione di copie degli anni ’90 a distribuirne 6/700mila che, comunque, sono ancora cifre importanti”, spiega ancora Colonna. “Bisogna, però, tenere anche conto del fatto che negli anni ’90 non avevamo praticamente una concorrenza che ora invece c’è. Ai tempi Smemoranda dettava le regole e c’era giusto Comix che cominciava a spingere e poco altro. Mentre ora ci sono Scuola zoo, Comix, e tutti i diari legati ai cartoon o fenomeni del momento che cambiano di anno in anno. Quindi, direi che complessivamente il consumo non è diminuito in maniera drammatica. Si è giusto dimensionato per via dell’offerta più articolata, ci sono scuole che si sono messe loro stesse a fare gli editori. Ma questo vuol dire, al tempo stesso, che l’oggetto continua a viaggiare”.

  

Se negli anni '90 la Smemo era più che altro un mix tra l’agenda e il diario, “oggi siamo più web”, racconta ancora il fondatore del diario: “Cerchiamo di stare al passo con l’evoluzione dei tempi. E’ cambiato il modo di scrivere, ora è tutto molto più dinamico, lo sono anche i pensieri. Proponiamo contenuti fatti di 'pillole', roba scritta per una lettura sempre più veloce, al passo con l’evoluzione socio culturale del Paese. Anche i collaboratori sono molto legati al mondo web o, addirittura, ormai figli del web”. Un nome su tutti? IPantellas (oltre un milione e mezzo di “followers” su Instagram, ndr).

 

Un tempo costellata di collaborazioni eccellenti da Benigni a Fellini, fino a Jovanotti, oggi alleggerita dai nuovi riferimenti culturali, Smemoranda giura, per bocca del suo fondatore, di essere a-ideologica. “Non è di sinistra”, assicura Colonna. “Abbiamo solo cercato, nel nostro piccolo, di far trionfare dei valori: pace, tolleranza, amore contro razzismi e rigurgiti vari, non hanno colore. Non abbiamo mai fatto politica con la P maiuscola e, anche al nostro interno, siamo su posizioni assolutamente trasversali”.

 

L’oggetto diario resta molto simile a quello di tanti anni fa con i 16 mesi e quei quadretti che furono una piccola rivoluzione: “40 edizioni fa, quando facemmo il primo diario agenda a quadretti, si scriveva rigorosamente sulle righe, perché sui quadri si facevano i conti. Era una delle 3 caratteristiche rivoluzionarie con le quali nacque Smemoranda: i contributi ad alleggerire lo scorrere del tempo,  l’anno di 16 mesi per poter costruire dentro al diario la propria vita e - appunto - il quadretto che dava la possibilità di scrivere, ma anche disegnare, oltre a dare maggiore spazio alla pagina che, così, è diventata più grande”.

 

Prima di noi, c’erano giusto i diari di Jacovitti. “Quando con Gino e Michele pensammo a Smemoranda, avevamo da poco finito di consumare l’oggetto diario che ci faceva abbastanza schifo, così inventammo una cosa che uscisse dai canoni, fin dal suo nome. Smemoranda è la sintesi di tante cose: da smemorato a memoria, fino alla parola agenda. Qualcuno lo ha definito un gerundivo”.

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