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Piccoli filosofi

Le Romanae Disputationes: un piccolo ma prezioso esercizio di democrazia

Flavio Felice e Massimo Nardi

Si tratta del concorso nazionale di filosofia dedicato alle scuole superiori che oggi rappresenta una delle esperienze più significative di educazione filosofica nel panorama scolastico italiano

"Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”. La massima, attribuita a Lao Tzu, non è impropria per descrivere la storia più che decennale di un concorso di filosofia – le Romanae Disputationes (una porzione di foresta che cresce) – nel panorama della scuola italiana, cui media e opinione pubblica prestano attenzione quasi esclusivamente per fatti di cronaca incresciosi (l’albero che cade).

 

Infatti, Romanae Disputationes è il concorso nazionale di filosofia dedicato alle scuole superiori che, dal 2013, coinvolge migliaia di studenti e numerosi docenti in un’esperienza di ricerca condivisa. L’edizione 2025/26 affronta il tema “Ed io che sono? Individuo, persona, soggetto”, invitando i ragazzi a interrogarsi sulle dimensioni costitutive dell’identità umana. Il percorso combina videolezioni di docenti universitari, letture critiche di testi filosofici, incontri tra i membri del team, attività di disputa regolamentata secondo il protocollo Age Contra e l’elaborazione di un contributo culturale originale. Gli studenti, organizzati in team da due persone fino a un’intera classe, possono scegliere fra saggio critico, monologo, video e realizzare l’opportuna integrazione di parole, immagini e musica.

 

I lavori sono iniziati il 3 ottobre, all’Università Cattolica di Milano, con la lezione inaugurale del prof. Stefano Bancalari (Università “La Sapienza” di Roma). Le iscrizioni al concorso chiudono il 10 gennaio 2026 e gli elaborati dovranno essere inviati entro il 6 febbraio 2026. Il convegno finale, con presentazione e premiazione dei migliori progetti, si terrà a Bologna il 9 e 10 marzo 2026. Romanae Disputationes è promosso da ApiS – Amore per il Sapere ETS. Presidente è Marco Ferrari, fondatore e direttore del concorso; Costantino Esposito (Università di Bari) presiede il comitato scientifico; Mario De Caro (Università Roma Tre) ne è il vicepresidente; Gian Paolo Terravecchia guida il comitato didattico; Gabriele Laffranchi è responsabile della comunicazione. Con oltre 30 mila studenti coinvolti in 13 edizioni, più di 200 team ogni anno e oltre 60 studiosi universitari partecipanti, Romanae Disputationes rappresenta oggi una delle esperienze più significative di educazione filosofica nel panorama scolastico italiano e uno straordinario progetto di esercizio alla discussione critica che sta alla base dell’agenda democratica.

 

La democrazia, in quanto dispositivo regolamentato dal diritto, indispensabile all’assunzione della decisione pubblica, scaturisce dalla discussione critica su questioni di interesse comune e impone la riflessione sull’impegno educativo per sostenere una cultura favorevole alla mente critica. Una democrazia così intesa, inconciliabile con le tentazioni post-liberali e post-democratiche che sventuratamente sembrano aver colonizzato anche una buona parte del dibattito pubblico delle democrazie liberali, ci impone la riflessione sugli strumenti di cui è opportuno che l’homo democraticus si doti per la promozione dei processi che conducono all’assunzione della decisione pubblica. Con Enzo Di Nuoscio, nel suo I geni invisibili della democrazia. La cultura umanistica come presidio di libertà (Mondadori, 2022), ci domandiamo come possa sopravvivere una democrazia se i cittadini, pur disponendo di una enorme quantità di informazioni, appaiono sprovvisti di una sufficiente capacità filologica di comprendere il significato di un testo e l’articolazione di una argomentazione; se, pur potendo disporre di sempre nuovi e più sofisticati strumenti per esprimere la propria opinione, le persone mostrano scarsa autonomia di giudizio; se, benché proiettati ad accrescere il proprio benessere individuale e abili nel profittare delle opportunità che la società aperta offre, gli stessi mostrano un totale disinteresse nei confronti di quel destino comune che li lega alla comunità; se, capaci come non mai a districarsi nella selva tecnologica, manifestano in modo inequivocabile una imbarazzante carenza di capacità critica e di resistenza morale; se, pur proiettati verso il futuro e coltivando aspettative elevate, dimostrano di non avere alcun senso della storia.

 

Ebbene, riteniamo che la democrazia liberale non possa sopravvivere a queste condizioni, per la semplice ragione che, sulla scorta dell’insegnamento socratico, la democrazia “è un cavallo nobile, ma indolente”, affinché la democrazia non imploda, degenerando in una delle tante forme di autocrazia, necessita di una risorsa tanto preziosa, quanto rara e deperibile: “lo spirito critico” e, a tal proposito, le Romanae Disputationes appaiono davvero come un esercizio critico di grande rilevanza filosofica, politica ed educativa.

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