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semestre francese

Oggi il secondo appello per accedere a Medicina. Ma perché non copiare in tutto Parigi?

Maurizio Crippa

Dopo la valanga di bocciature del primo appello, si svolge la nuova selezione per l’accesso alla facoltà. Appunti dal sistema francese e quelli anglosassoni

Si svolge oggi il secondo appello del “semestre filtro” per l’accesso a Medicina, dopo la débâcle di bocciature del primo. Il ministero commenterà i dati solo a procedure completate, ma non è escluso che il ministro Anna Maria Bernini sia chiamata a rispondere a qualche domanda, o più facilmente critica, già prima. Ad esempio nell’annunciata partecipazione ad Atreju domani. Bernini rifiuta allarmismi, spiega che i posti (24 mila con la riforma) disponibili per le matricole saranno riempiti, ma ricorda anche che è un sistema nuovo, da “mettere alla prova” e che “tutto è perfettibile”, ha detto al Tg1: “Faremo le valutazioni e cambieremo quello che è necessario cambiare”. Al di là di qualche polemica prefabbricata, c’è comunque qualcosa su cui riflettere. Prima ancora del meccanismo, più di un osservatore ha avanzato il dubbio “che le prove di valutazione non siano state correttamente pesate per i contenuti e la qualità dell’insegnamento fornito”. 

 

Insomma prove troppo difficili per un test d’ingresso, anche se qualche studente ha ammesso che il “semestre” (secondo qualcuno ridotto in realtà a bimestre) è stato preso un po’ alla leggera: si prova. Il ministero e gli atenei dovranno valutare. Restano però le domande sul meccanismo del “semestre filtro” che intendeva superare la strozzatura del numero chiuso. Il numero chiuso non è un buon metodo, si dice giustamente. Anche se in Germania, paese più preciso dell’Italia nei meccanismi, lo applica a livello federale, con gestione centrale e basato fondamentalmente sul voto di maturità. Diversamente la riforma italiana, è stato detto e ripetuto, ha scelto di  ispirarsi a quanto viene fatto in Francia. Almeno parzialmente e nelle intenzioni. E qui sorge una domanda: perché non riprenderlo integralmente, il modello francese? Nel quale però gli studi sono divisi in cicli, e al termine del primo anno di frequenza si svolge un esame molto selettivo per poter proseguire: la media dei promossi è attorno al 20 per cento. L’esame PASS (Parcours d’accès spécifique santé) avviene in due sessioni di esami nel primo anno. Chi non le supera, può accedere a un esame orale. Inoltre è possibile orientarsi verso un diverso percorso, attraverso l’esame Las (Licence avec Option Santé) che immette a una laurea triennale in un’altra disciplina o in specializzazione di in ambito sanitario: in modo da offrire un’alternativa non penalizzante a studenti che falliscano l’accesso a medicina. Il semestre italiano si ispira a quello francese, ma allora perché non farlo uguale?

Dopo un anno, sarebbe senza dubbio più attendibile la valutazione di idoneità a diventare medici. Esistono anche altre formule di selezione, più libere o “liberali”. Nel Regno Unito, ad esempio, i requisiti di ammissione sono flessibili a seconda dell’ateneo ma si basano fondamentalmente sui risultati delle scuole superiori (la selezione avviene prima, dicono i critici: vero). Negli Stati Uniti e in Canada, anglosassoni ancor più pragmatici, è diffuso il test Mcat (Medical College Admission Test), un esame standardizzato, computerizzato e a risposta multipla. Non è detto che sia infallibile nemmeno quello, ma forse provare una e una sola strada, e seguirla fino in fondo, è meglio del semplice “ispirarsi” attendendo i futuri aggiustamenti.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"