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Scuola d'affettività
Il ddl Valditara, la libertà di scelta, i divieti da evitare e lo stato etico sempre in agguato
Tra educazione, libertà delle famiglie e la solita buriana. Un emendamento che non aiuta. Un buon punto d’equilibrio tra laicità della scuola e libertà educativa rischia di essere buttato via
L’avevamo vista arrivare, questa sì. Non per chissà quali doti di rabdomanzia armocromatica, ma perché nella politica italiana non c’è argomento inestricabile, divisivo si dice, che non possa diventare disegno di legge che, per quanto ancora insabbiato nelle paludi di una commissione parlamentare, non possa a un certo punto scatenare la bagarre, quella riservata ai Grandi princìpi. Dunque l’avevamo vista arrivare, la bufera attorno al ddl in discussione in commissione Cultura della Camera in materia di "ampliamenti dell’offerta formativa, che riguardano tematiche dell’ambito sessuale", il "ddl Valditara". E Antonio Gurrado ne aveva detto il dicibile, cioè che "nell’eterno dibattito" sulla scuola che ha il compito di istruire e la famiglia quello di educare, a chi spetti l’educazione all’affettività è indecidibile. Poi ecco la miccia che mancava, un emendamento peggiorativo, una forzatura prima logica che nemmeno politica, della Lega.
L’emendamento della deputata Giorgia Latini, allegramente approvato dalla maggioranza, estende il divieto di trattare tematiche sessuali non solo nella scuola d’infanzia e primaria, ma anche alla secondaria di primo grado, ex medie. Utile? L’avevamo visto arrivare, il nuovo caso "progressisti contro medievali" – il Medioevo è stato immediatamente tirato in ballo da Alessandro Zan e da Davide Faraone, of course; ma anche Aldo Cazzullo ha detto che "è una destra reazionaria, ostile all’educazione sessuale nelle scuole", dimenticando che anche san Francesco in materia avrebbe votato Lega. Piccolotti di Avs si è arrischiata in uno "sfortunati i figli delle famiglie conservatrici", ma forse farebbe meglio a leggere Milena Gabanelli e ad apprendere che il 94 per cento dei minori tra 8 e 14 anni l’educazione sessuale se la fa sui siti porno. Saranno figli di famiglie progressiste? E che sfortuna sarebbe crescere con un’altra idea della sessualità? Concludeva Gurrado: "L’equivoco trae origine dalla pretesa che scuola e famiglia debbano cooperare tanto all’istruzione quanto all’educazione, quando sarebbe molto più salutare una separazione delle carriere".
Ma ora che la buriana cultural-politica è arrivata, qualcosa in più può arrischiarsi a dirla. Innanzitutto che l’emendamento è peggiorativo, rispetto al senso di un ddl che giustamente ritiene che, giunti all’età dell’accesso free a Pornhub, la possibilità di avere un supporto informativo-educativo dalla scuola non è sbagliata. E il ddl scrive chiaro "fatte salve le normative esistenti". L’emendamento invece toglie una possibilità. Il testo invece lavora sull’idea del "consenso informato", che le famiglie dovrebbero avere diritto di dare, come in altri casi complessi della vita, anche per l’educazione all’affettività (che si tratti di "attività extracurricolari", come spesso sono, o addirittura interne al fatidico "ampliamento dell’offerta formativa", insomma vera scuola). Sulla sessualità, non può esserci obbligo di pensarla tutti allo stesso modo. Quindi un consenso informato dovrebbe bastare e non si vede perché non prevederlo. Il ddl non è invece "retrivo", lo schema del consenso informato ricalca quello della facoltà di non partecipare all’insegnamento della religione cattolica (con obbligo alle scuole, spesso evaso, di approntare insegnamenti curriculari alternativi). L’accusa che si tratti di "un attacco alla laicità della scuola, alla libertà di insegnamento" è eccessiva. Inoltre, nell’ambito dell’autonomia scolastica, il consenso informato alle famiglie è spesso già chiesto. E il più delle volte riguarda la scelta sugli "specialisti" cosiddetti da coinvolgere. Si tratta solo di renderlo erga omnes. Ma appunto, anche senza l’emendamento kamikaze di Latini, la polemica l’avevamo vista arrivare da un pezzo. In commissione Irene Manzi del Pd aveva sostenuto che non tutte le famiglie sono in possesso degli strumenti per valutare l’attività scolastica. Il solito tic da stato etico, deve essere la scuola a decidere. Mentre Marco Perissa di FdI sosteneva che le famiglie sono gerarchicamente superiori. Basterebbe la possibilità di avvalersi o non avvalersi.
Ma dietro l’idea che il ddl (prima maniera) Valditara sia "fuorviante e pericoloso perché sottintende un rischio connesso al fare educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole" c’è un pensiero. Il magazine no profit Vita, che a differenza di altri improvvisati ai temi educativi si dedica davvero, ha dato spazio poco tempo fa alle posizioni dell’associazione Cittadinanzattiva, audita in commissione, che ha competenze serie sul campo e una visione diciamo "pan-sociale" dei percorsi civili. Il succo della posizione è che il ddl "mina la funzione educativa della scuola pubblica, fa arretrare il ruolo della comunità educante". Cittadinanzattiva ritiene "ormai improrogabile promuovere, sin dalla scuola dell’infanzia, una cultura all’affettività e alla sessualità secondo un approccio trasversale e olistico". Tutto bene, ma ritenere che questi necessari percorsi calibrati e olistici debbano essere di un solo tipo adatto a tutti, mentre possono anche essere rifiutati, e non c’è motivo per definirli oggettivi e "scientifici", se implicano invece scelte e valori, è un’altra volta – dentro le sfumature gentili dell’attivismo di cittadinanza – una forzatura etica. Dibattito forse interessante. Poi però arriva il deputato della Lega, Rossano Sasso, e accusa i "circoletti vari di estrema sinistra". E Zan: "Ecco la risposta del governo alle violenze di genere e all’odio". Un buon punto d’equilibrio tra laicità della scuola e libertà educativa rischia di essere buttato via.
