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Tra Italia e Teheran
La doppia morale accademica dell'Università di Pisa: no a Israele, sì all'Iran
Congela i rapporti con due università israeliane, ma ha due accordi accademici con quelle iraniane: una delle quali è oggetto di scrutinio da parte dell’intelligence occidentale. Un doppio standard noto anche in altri atenei italiani, nel silenzio di professori e collettivi studenteschi
L’Università di Pisa ha congelato i rapporti con due atenei israeliani, la Reichman University e la Hebrew University di Gerusalemme. La decisione è stata ratificata dal Consiglio d’amministrazione dell’Università, che ha deciso di seguire le raccomandazioni rilasciate dal Senato accademico lo scorso 11 luglio.
Sul Foglio, la professoressa Alessandra Veronese ha chiesto al magnifico rettore di Pisa, Riccardo Zucchi, perché tanti doppi standard. Veronese, docente di Storia medievale e Storia ebraica, si riferisce al silenzio accademico dei colleghi su altri fronti di guerra e conflitto e l’ossessione per Israele. Ieri, il rettore Zucchi ha risposto che “l’accusa di aver usato un doppio standard mi sembra infondata” e che “non è affatto un attacco selettivo contro Israele”.
Ma non ci vuole molto per scoprire che i doppi standard pisani sono certificati con tanto di bollino di stato e che la selezione è stata fatta. Pisa ha, infatti, due accordi accademici con le università iraniane. La prima è la Amol University, che ha un accordo con la facoltà di Scienze veterinarie di Pisa, la stessa che ha tagliato i rapporti con l’israeliana Hebrew University. Ma soprattutto Pisa ne ha uno con la Sharif University, siglato nel 2020 dalla facoltà di Ingegneria toscana.
Si legge dal Guardian, testata non certo accusabile di essere filoisraeliana, che la Sharif University da anni è oggetto di scrutinio da parte dell’intelligence occidentale: “La rapidità con cui l’Iran ha sviluppato il suo programma di droni è stata in parte dovuta al supporto alla ricerca di Sharif. I droni di fabbricazione iraniana sono diventati onnipresenti sui campi di battaglia negli ultimi cinque anni, cambiando la natura della guerra. Sono noti per essere stati responsabili di attacchi in Ucraina, Siria, Iraq e Arabia Saudita, e contro le navi mercantili nel Mar Rosso”. La Sharif è la stessa università di Mohammad Abedini Najafabadi, il cosiddetto “uomo dei droni”, l’ingegnere iraniano fermato all’aeroporto di Malpensa su mandato di arresto internazionale.
A metà luglio, cinque dipartimenti dell’Università di Firenze hanno interrotto i rapporti con le università israeliane, ma non con l’Università iraniana di Shahid Behesti, l’Università di Isfahan e l’Università iraniana di Amirkabir. Stesso doppio standard alle università di Bari e Torino. Pisa, dunque, è in buona compagnia. E non risultano né proteste dei professori né manifestazioni dei collettivi studenteschi per gli accordi con Teheran. Uno scandalo ha coinvolto gli accademici canadesi che hanno collaborato con la Sharif al programma di droni.
Neil Bisson, ex alto funzionario dell’intelligence del Canadian Security Intelligence Service, ha affermato che “gli accademici occidentali non riescono a comprendere che paesi ostili come l’Iran utilizzano la collaborazione universitaria come mezzo per ottenere un vantaggio militare. Questi paesi cercano di mascherare la ricerca scientifica come innocua, quando in realtà è a doppio uso”. Ottawa ha così annunciato nuove norme di sicurezza nazionale con una lista nera che include novanta università cinesi, cinque centri di ricerca russi e dodici istituzioni iraniane, tra cui la Sharif.
Forse gli accordi di Pisa con le coloniali università sioniste davvero erano un ostacolo al progresso mondiale e alla coesistenza fra i popoli. Ma a Pisa devono ancora spiegarci come gli accordi quadro stipulati con il regime di Khamenei possano far avanzare la pace.



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