
(foto Ansa)
editoriali
Perché il “semestre filtro” a Medicina è un autogol
Gli iscritti sono 54.000 per 21.000 posti. Le intenzioni della misura sono buone, i risultati meno
Dal prossimo settembre, la facoltà di Medicina e chirurgia inaugurerà il cosiddetto semestre filtro. Voluto fortemente dal Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, il nuovo modello prevede l’eliminazione del test d’ingresso come sbarramento iniziale e l’apertura degli accessi a chiunque voglia tentare la via del camice bianco, almeno per un semestre. Gli studenti, contestualmente, dovranno iscriversi anche a un corso affine, così da non rimanere privi di prospettive qualora non superino la selezione successiva. In apparenza, un cambio di paradigma inclusivo, che spezza il tabù della selezione di discutibili test e concede a tutti la possibilità di misurarsi con le materie fondanti del primo semestre – Chimica, Fisica, Biologia – in modo trasparente e meritocratico. Eppure, al di là della novità didattica, i numeri dicono qualcosa di inquietante. Sono infatti 54.313 gli studenti che si sono iscritti a Medicina per il semestre aperto. Se confrontiamo questo dato con i posti ufficialmente disponibili per l’anno accademico 2024-2025 – 20.867 immatricolazioni – emerge un potenziale squilibrio che sfiora il paradosso.
Il semestre aperto rischia di trasformarsi in un gigantesco imbuto formativo dove la promessa di un’opportunità per tutti si scontra con la realtà della selezione differita. Con il rischio concreto che la libertà iniziale si traduca in disorganizzazione, in frustrazione per migliaia di ragazzi e in uno sforzo logistico difficilmente sostenibile per gli atenei. L’intento della riforma è nobile: scardinare un meccanismo percepito come ingiusto e aprire le porte della formazione a un pubblico più ampio. Ma la sua applicazione concreta rischia di generare un effetto contrario scaricando la selezione sulle spalle di un sistema universitario che non è stato ancora adeguatamente potenziato per reggere questo impatto. Se il semestre aperto dovesse trasformarsi in una selezione di massa caotica e inefficace, a rimetterci non saranno solo gli studenti esclusi, ma anche la credibilità dell’intero sistema universitario e della politica che lo governa.

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