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Valditara e i maturandi muti all'orale in fondo sono d'accordo. Un problema serio

Antonio Gurrado

Sulla sostanza, il ministro reazionario e gli studenti ribelli denunciano la stessa cosa: l’esame di stato è una farsa. Ma il problema è che si boccia per disobbedienza e non per ignoranza

Bisogna anzitutto sgombrare il campo dal dubbio: Giuseppe Valditara ha ragione. Un ministro dell’Istruzione, e tanto più del merito, non può ritenere accettabile che dei maturandi superino l’esame senza svolgere una delle tre prove in programma; non perché il loro ammutinamento (in fin dei conti autolesionistico) vada debellato a ogni costo, ma perché gli episodi saliti alla ribalta negli ultimi giorni rendono ancor più evidente che l’Esame di stato, così com’è, non funziona. Ne è dimostrazione plastica il fatto che degli studenti possano arrivare, salutare i commissari, andarsene, e venire comunque promossi. Il paradosso, dunque, non è che abbia ragione il povero Valditara – al quale, come sempre, danno addosso tutti, tacciandolo addirittura di violenza – ma che il ministro reazionario e gli studenti ribelli si ritrovino, a sorpresa, d’accordo sulla sostanza. 

Questi studenti stanno tuttavia protestando per i motivi sbagliati: come spesso accade agli adolescenti, intuiscono che qualcosa non quadra e si inalberano in modo clamoroso, senza però riuscire a razionalizzare le motivazioni. Fra i recenti casi di orale muto, il massimo scalpore è stato destato da una studentessa veneta, la quale ha recriminato sia contro i docenti, perché non sono stati attenti a cogliere i suoi aspetti più veri, sia contro la scuola, perché ridotta a distributore automatico di voti che ingenera un continuo stress da competizione. Ebbene, quest’ondata di proteste aveva preso le mosse dallo sciopero di altre tre studentesse venete che però, lo scorso anno, intendevano contestare la valutazione dello scritto di greco, a loro dire ingiusta. Si è dunque verificato uno smottamento: dodici mesi fa, i maturandi si arrabbiavano richiedendo una maggiore attenzione ai voti, quindi un maggior carico di competitività; ora invece esigono l’esatto contrario, cioè di mettere da parte i voti e concentrarsi, non mi è chiaro come, sull’interiorità dei candidati. 

Si tratta dell’inevitabile conseguenza di una tendenza alla popolarizzazione degli studi elitari, che invale già da qualche tempo. E’ oramai uso comune che, finito l’orale, i diplomati festeggino con mazzi di fiori portati dalla mamma e spumante discount, come facevano in precedenza i laureati. Allo stesso modo, qualche anno fa (a partire da tre alunne della Normale di Pisa), gli universitari avevano preso a protestare contro l’aridità dei voti espressi agli esami e l’eccessiva competitività dell’ambiente accademico; tale abitudine adesso è colata fino alle superiori, seguendo un processo per certi versi parallelo. Più diventa facile laurearsi, ora che si laurea chiunque, più si amplia la platea di universitari che festeggiano la discussione della tesi come se avessero vinto il Nobel, con coriandoli e petardi; più diventa facile diplomarsi, ora che un diploma non si nega a nessuno, più si amplia la platea di liceali che si sentono stressati come se frequentassero la Normale.

Inquieta, tuttavia, l’inciso lasciato cadere dal ministro, secondo cui la bocciatura per scena muta  vada prevista solo per chi protesta, non già per chi si presenta impreparato (sul Corriere trovo virgolettato un agghiacciante “può capitare”). E’ l’ennesima manifestazione del principio malsano per cui la scuola debba insegnare più l’etica – sotto forma di condotta, di educazione civica e, in questo specifico caso, di acquiescenza e contegno – che le materie in programma: sulla prima non si può transigere, quindi con la scena muta si viene bocciati; sulle seconde sì, quindi con la scena muta si viene promossi. Anche in questo caso, però, Valditara potrebbe avere ragione. Forse si è limitato a prendere atto dei dati che l’Invalsi ha diramato pochi giorni fa: in vaste aree d’Italia, la metà dei candidati non è in grado di leggere, scrivere e far di conto, e ciò nonostante l’esame di stato viene superato dal 99,8 per cento di loro. Di maturandi che vengono promossi anche se sono impreparati ce n’è già in abbondanza; tanto vale che all’orale stiano zitti.