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sotto esame
Esami da abolire (con dubbi perché). Un confronto tra Italia e Inghilterra
In molti nel Regno Unito chiedono l’abolizione di un diploma intermedio, accusati di essere inutili e ansiogeni, ma le alternative non sembrano migliori. Gli unici esami che dovrebbero essere aboliti sono quelli che vengono superati da tutti, perché significa che sono un inutile orpello. Per esempio gli esami di maturità in Italia
In Inghilterra vogliono abolire gli esami, ma non hanno capito bene perché. A quindici o sedici anni i giovani inglesi vengono sottoposti a test finalizzati a vagliare la loro preparazione e a conferire il General Certificate of Secondary Education. Tale diploma non basta ad accedere all’istruzione universitaria; a rigore, l’equivalente della nostra maturità sono gli A-level, che certificano il livello avanzato e vengono generalmente utilizzati dalle università come prerequisito per l’ammissione: Cambridge od Oxford può selezionare un futuro studente tramite un colloquio invernale, subordinando però l’offerta di un posto al conseguimento, nell’estate successiva, del massimo dei voti negli A-level, rendendoli così uno sbarramento di fatto, pur non indetto dall’ateneo. Gcse e A-level sono accomunati dall’essere prove scritte calibrate su singole materie (come le nostre prove Invalsi, ma non limitate alle discipline fondamentali), così che il candidato possa selezionare a quali presentarsi e comporre il proprio curriculum. Solo uno studente su cento si limita a una sola materia, mentre la gran parte si assesta fra le sette e le dieci; un temerario su mille si sottopone ad almeno dodici prove.
A quarant’anni dal loro esordio, l’abolizione dei Gcse è uno dei pochi punti su cui destra e sinistra concordino: si sono espressi al riguardo opinionisti conservatori come Simon Jenkins e mostri sacri laburisti come Tony Blair, scuole iper-tradizionaliste come Eton e testate progressiste come il New Statesman. Un’inchiesta di Sally Weale sul Guardian ricostruisce la congerie di motivazioni alla base di tale proposta; ne emerge che i Gcse non garantiscono equità fra candidati di diverse fasce sociali, non costituiscono più la fine della scuola dell’obbligo (ora cade a diciott’anni), innalzano inutilmente il già elevato numero di esami previsti dal percorso scolastico e, soprattutto, causano picchi di ansia in adolescenti sempre più fragili.
Se l’abolizione dei Gcse appare nel complesso una soluzione sensata, le specifiche motivazioni destano perplessità. È singolare che si presuma di causare meno angoscia sbattendo i giovani direttamente davanti ai terrificanti A-level, senza una prova generale un paio d’anni prima, come se la dilazione degli ostacoli fosse il miglior stratagemma per superarli. Quanto invece alla disparità dei risultati in base alle fasce sociali, è il grande problema dell’istruzione in tutto il mondo, ma è probabilmente insolubile (altrimenti, l’avremmo già risolto): qualsiasi prova scolastica, colloquio di lavoro o svolta decisiva nella vita, è triste dirlo, risente delle condizioni di partenza dell’individuo, e pensare di risolvere la questione eliminando un esame è quanto meno ottimista, se non ipocrita. Inoltre, se pure la scuola dell’obbligo termina più tardi, non è detto sia inutile monitorare la preparazione degli studenti man mano.
In realtà, a riprova dell’utilità dei Gcse, milita una statistica che implicitamente compara la situazione attuale con l’ipotesi di abolirli. C’è stato un periodo in cui i Gcse non si sono tenuti, ossia gli anni del Covid: nel 2020 e 2021, gli esami sono stati sostituiti da valutazioni espresse dallo stesso corpo docente dei candidati. Ora, negli anni precedenti alla pausa, la percentuale di valutazioni almeno sufficienti si è assestata intorno ai due terzi, puntualmente confermata nel 2023 e nel 2024; negli anni di sospensione è salita fino al 77 per cento, a riprova non solo della comprensibile benevolenza degli insegnanti nei confronti dei loro allievi, ma anche di come i Gcse costituiscano uno sbarramento utile a fornire ulteriori elementi di valutazione rispetto al percorso scolastico svolto fin lì. In realtà, gli unici esami che dovrebbero essere aboliti sono quelli che vengono superati da tutti, poiché significa che sono un inutile orpello, un ballo in maschera. Ad esempio, serve a qualcosa una prova che viene superata dal 99,8 per cento dei candidati? Pensateci bene: è il caso dell’esame di maturità.
