Il palazzo del collegio Ghisleri (Wikipedia)

Da Goldoni a oggi

Il collegio Ghislieri di Pavia, idea moderna di un'eccellenza senza privilegi

Maurizio Crippa

Nell'istituto prevale un'offerta formativa in cui il “merito” è la chiave premiale per mettere tutti gli studenti sulla stessa base di partenza. Senza nessun arzigogolo, guardando sempre e solo alla valorizzazione del talento

Verso la fine dell’anno 1725 Carlo Goldoni venne espulso dal Collegio di Merito Ghislieri di Pavia, di cui era alunno. “Colpa della meritocrazia tossica!”, diranno subito i non pochi nemici pavloviani della meritocrazia, oggi tanto in voga. Niente affatto, invece. Il futuro grande commediografo veneziano, che ricorda con gusto l’episodio nelle sue Memoires, fu espulso perché, nonostante fosse stato ammesso per studiare Legge con una borsa di studio, poiché non era ricco, dimostrava già miglior talento per la commedia e la satira. E aveva scritto e messo in scena, lo sconsiderato, un poemetto licenzioso e irridente che tirava in ballo le donne più in vista della città. Mariti e padri non la presero bene, fu espulso dal Ghislieri e dovette abbandonare Pavia. Non senza che i responsabili del Collegio gli allungassero qualche danaro per i bisogni urgenti, perché non sia mai che la gloriosa istituzione che porta il nome di un Papa lasci nelle peste un suo alunno. Carlo Goldoni è, tra i molti, l’alunno più celebre ad avere vissuto e studiato al Collegio Ghislieri, e ancora oggi è oggetto di un piccolo culto orgoglioso e identitario tra le stanze dello splendido e austero palazzo realizzato da Pellegrino Tibaldi – e l’aula di maggior prestigio per le conferenze è appunto l’Aula Goldoniana. Era entrato al Ghislieri nel 1723, trecento anni fa, e il Collegio ha colto l’occasione tricentenaria per inaugurare, dalla prossima primavera, un “biennio goldoniano” di celebrazioni, studi, convegni, spettacoli e pubblicazioni che, con la luce riflessa del grande commediografo, aiutino a proiettare verso l’esterno la filosofia e la realtà di ciò che è oggi il Ghislieri.

 

Necessità sentita soprattutto ora, e non certo per questioni di marketing (la necessaria ricerca di un’utenza e di fonti finanziarie che serve, e molto, anche alle università pubbliche), dato che la Fondazione del Collegio Ghislieri, che “contribuisce all’attuazione del diritto allo studio sostenendo, nei limiti delle proprie disponibilità, giovani di ingegno anche di non agiate condizioni economiche”, si regge e piuttosto bene sul proprio patrimonio: in gran parte ancora costituito dalla dotazione iniziale che Antonio Ghislieri, austero domenicano riformatore di nobile famiglia alessandrina, divenuto Papa Pio V, poi santo, volle dare al Collegio da lui fondato nel 1567 affinché potesse mantenersi in modo autonomo. Intuizione lungimirante e moderna – ancora oggi il collegio è autonomo, sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica – che consente di ospitare circa centocinquanta studenti dell’Università di Pavia, ammessi esclusivamente in base a una valutazione di merito. E soprattutto, aspetto per cui l’istituzione va famosa, l’idea di Papa Ghislieri era di offrire la possibilità di alti studi in modo totalmente gratuito a studenti che per censo non avrebbero avuto la possibilità di studiare. Per gli studenti più abbienti, è oggi invece richiesta una quota in logica progressiva. L’unica regola, di merito appunto, è il mantenimento della media del 27. 

 

Il Ghislieri è oggi una eccellenza riconosciuta – ovviamente non il solo, in Italia sono 53 Collegi universitari di Merito, riconosciuti dal Miur, che dispongono agevolazioni fino alla gratuità – di un’idea di offerta formativa in cui “merito” non è inteso come astruso arzigogolo negativo di natura socio-politica, (“la meritocrazia tossica” elaborata da certa sociologia anglosassone) ma è anzi la chiave premiale per mettere tutti gli studenti sulla stessa base di partenza, come usa dire oggi. E il fatto che sia così da oltre 450 anni significa qualcosa.

 

In questo periodo, come racconta il giovane rettore Alessandro Maranesi, specialista in Storia romana, è un compito fondamentale dare visibilità e insistere su un’idea di formazione che premia la qualità, e lo fa proprio eliminando – per quanto nelle possibilità ovviamente – le cause di disuguaglianza economica, di differente provenienza sociale e persino geografica, e anzi favorendo la nascita di una comunità di alunni (e docenti, e tutor) capace di consolidarsi anche nel tempo. “È la nostra tradizione e missione, ma è anche un servizio alla comunità e alla società. Compiuto scegliendo sempre la qualità e l’approfondimento”, ci dice. Non è un caso che lo scorso anno proprio tra le mura di Palazzo Tebaldi sia nata l’idea di realizzare un “Festival del Merito”, un fine settimana di incontri, lezioni magistrali, dibattiti, spettacoli, workshop, con ospiti di prestigio. “L’obiettivo era provare a sviluppare una riflessione critica sull’idea di merito”, spiega il coordinatore del comitato scientifico, Corrado Del Bò, filosofo dell’Università di Bergamo, “in modo da dare rilievo all’aspetto della valorizzazione dei talenti senza però trascurare il complicato rapporto che può avere con la giustizia e l’inclusione sociale. Il tutto creando uno spazio di discussione divulgativa e multiforme, capace di coinvolgere e appassionare il grande pubblico”. E quest’anno, in primavera, l’iniziativa tornerà, ampliata e in partnership con Assolombarda, a testimoniare un forte radicamento territoriale e con il tessuto economico e imprenditoriale.

 

Quattro secolo e mezzo fa, il Papa domenicano aveva immaginato il collegio che porta il suo nome come una sorta di “fortezza” del sapere cattolico da opporre alla “minaccia” del pensiero protestante che scendeva dal nord Europa. Era, allora, l’intuizione di una cultura che sapesse andare in profondità, rafforzare radici e conoscenze – nei secoli successivi, dagli studi di carattere umanistico si passò a un grande contributo nelle Scienze, ancora oggi un fiore all’occhiello per Pavia. Ancora oggi l’idea del Ghislieri, dice il rettore, è contribuire a far sì che lo studio universitario non sia una rapida infarinatura, ma un lavoro serio, all’altezza degli standard internazionali. e non solo riservato a chi può acquistare altrove il mercato del sapere. Invece Ghislieri, per statuto, mette a disposizione, anche su richiesta, tutti gli approfondimenti, i corsi integrativi, gli stage di studio di cui gli studenti hanno bisogno. E inoltre offre duecento conferenze – aperte al pubblico – non di mera divulgazione culturale, che ovviamente non guasta, ma di approfondimento come va fatto in una università.

 

Nelle settimane scorse, inoltre, è stato inaugurato un campus residenziale di orientamento per studenti liceali che devono decidere la facoltà per il futuro. 
L’altra qualità del Ghislieri è la capacità di mettere a disposizione una rete di conoscenza internazionale, e di rapporti che sappiano “formare” gli alunni anche nel post laurea, e all’inizio della propria attività di lavoro o ricerca. Una rete sostenuta spesso da ex alunni – l’attuale presidente è l’ex ghisleriano Gian Arturo Ferrari. Così, in un’Italia che che si lamenta della fuga dei cervelli, la “rete” offerta dal collegio aiuta a evitare la dispersione. Ad esempio attraverso la partnership con una fondazione anch’essa senza fini di lucro, la Issnaf – Italian Scientists & Scholars in North America Foundation – creata nel 2007 per opera di trentasei importanti scienziati italiani, fra cui ben quattro premi Nobel, attivi in istituzioni e accademie del nord America. Oggi a presiederla c’è proprio una ghisleriana, Cinzia Zuffada, a capo di progetti di studi della Nasa a Pasadena. Il lavoro della associazione consiste nel predisporre e curare percorsi di mentorship per favorire l’inserimento di studenti italiani nel mondo internazionale, indirizzando, sostenendo, creando rapporti e connessioni. Aiuto concreto per i talenti, ancora una volta. Da quest’anno anche Ilaria Capua sarà fra i mentor dei collegiali. E si parla di ambiti di conoscenza con le le neuroscienze, i Data science, la bioingegneria e altre eccellenze in cui il sistema italiano può dire la sua, che ha necessità di un sostegno che punti proprio su una rete di merito.

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"