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cattivi scienziati

La scelta del Cnrs ci dice che un sistema scientifico basato sulle sue competenze è ancora possibile

Enrico Bucci

L'uscita del grande ente francese dai grandi sistemi bibliometrici commerciali ci mostra una strada gestibile e sostenibile, chiarendo che la qualità scientifica non è un prodotto dell’indicizzazione, ma un risultato del lavoro di chi legge e valuta

Il Cnrs ha annunciato che dal 2026 non utilizzerà più il Web of Science. La decisione segue quella già presa l’anno scorso su Scopus e completa l’uscita dell’ente francese dai grandi sistemi bibliometrici commerciali. Il risparmio è quantificato in circa un milione e quattrocentomila euro l’anno, una cifra che fotografa la sproporzione tra il costo del servizio e la sua utilità reale. Il comunicato è esplicito: gli indicatori bibliometrici “non dicono nulla sulla qualità intrinseca degli avanzamenti scientifici” e non offrono più alcun fondamento sufficiente per essere impiegati nella valutazione.

Il Cnrs continuerà a garantire ai ricercatori l’accesso alla letteratura attraverso un’infrastruttura aperta come OpenAlex, che serve per esplorare il panorama delle pubblicazioni, rendere visibili le relazioni tra i lavori e ricostruire il contesto scientifico. Il suo impiego non prevede il calcolo di punteggi, ma la semplice consultazione delle informazioni. L’ente distingue così la necessità di avere dati bibliografici da qualsiasi idea di misurazione meccanica del valore della ricerca.

Il comunicato del Cnrs spiega che la valutazione deve tornare “al cuore del lavoro scientifico”, cioè alla capacità dei ricercatori di leggere, analizzare, comprendere e giudicare. L’ente indica che questo compito non può essere delegato a una graduatoria, perché una graduatoria non coglie il contenuto di un esperimento, la solidità di un risultato o l’originalità di un’ipotesi. Il nuovo modello affida ai valutatori la responsabilità di argomentare le proprie decisioni sulla base della qualità metodologica e dell’importanza dei contributi.

Questa decisione arriva dopo anni in cui la pressione del publish or perish ha alterato il comportamento dei ricercatori e delle istituzioni. La bibliometria ha introdotto un sistema di incentivi fondato sulla quantità, sul ritmo di pubblicazione e sulla visibilità editoriale. Ha incoraggiato la produzione di articoli frammentati, la ripetizione di varianti minime, l’orientamento degli esperimenti verso ciò che appariva pubblicabile. Ha creato un terreno fertile per l’espansione delle riviste predatorie e delle paper mills, che hanno prosperato proprio perché rispondevano a un bisogno generato dalla valutazione numerica. Ha favorito pratiche opportunistiche come la moltiplicazione delle firme, gli accordi di citazione, la pubblicazione strategica. Tutto ciò è stato spesso denunciato dalla comunità scientifica globale, e il Cnrs ora traduce questa consapevolezza in una politica ufficiale.

Nel testo diffuso, l’ente afferma che gli indicatori bibliometrici hanno “effetti distorsivi sulla ricerca” e che il loro utilizzo sistematico ha finito per limitare la varietà e la profondità dei lavori scientifici. La scelta è presentata come una riorganizzazione del sistema valutativo: la qualità viene attribuita attraverso l’esame diretto dei risultati, e non in funzione della rivista che li ospita. La parte tecnica del processo viene separata dalla parte interpretativa; la prima serve a navigare la letteratura, la seconda a valutarla.

Per l’Italia, questa decisione rappresenta un precedente difficile da ignorare. Dimostra che un sistema scientifico di grandi dimensioni può smettere di utilizzare gli indicatori senza perdere efficienza e senza compromettere la trasparenza. Dimostra anche che la valutazione non necessita di un punteggio forzato per funzionare. Può invece basarsi su competenze che ogni comunità scientifica possiede, a condizione di volerle usare.

La scelta del Cnrs chiude un’epoca in cui la bibliometria era considerata inevitabile. Mostra che l’uscita è possibile, gestibile e sostenibile. E soprattutto chiarisce che la qualità scientifica non è un prodotto dell’indicizzazione, ma un risultato del lavoro di chi legge e valuta. Con questa decisione, un grande ente europeo esce dalla trappola bibliometrica e apre una strada che fino a ieri veniva descritta come impraticabile. Ora non lo è più.

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