
Ansa
Strategie di contenimento
Guerra alle zanzare. Studi ed esperimenti per arginare i rischi di contagio, non solo di West Nile
Uso di batteri, simbionti e il rilascio di maschi sterili di zanzara. L’Italia dispone di tecnologie e competenze tale da non farci sorprendere negli anni a venire dall’insorgenza di patologie gravi e note che potrebbero tornare da noi al variare delle condizioni ambientali
L’estate 2025 ha visto moltiplicarsi i focolai di una patologia ben nota altrove, ma poco conosciuta in Italia: la West Nile, portata anche questa dalle zanzare che ci ronzano intorno. Quest’anno vi sono stati 351 casi accertati e 22 decessi. I rimedi antizanzara abituali sono precari e le patologie trasmesse dalle zanzare si diffondono. In genere a questi segnali premonitori non diamo peso, attendendo distratti che la prossima estate ci colga impreparati e riporti lo stesso problema amplificato. Esistono oltre 3.500 specie di zanzare e di queste una sessantina in Italia. Le specie più pericolose sono Aedes, Anopheles e Culex perché ci trasmettono vari tipi di patologie. La patologia più devastante trasmessa da alcuni tipi di zanzare è la malaria, causata dal Plasmodio, un protozoo che ha un ciclo vitale nelle zanzare femmina e poi uno diverso nell’uomo che pungono per alimentarsi. Su di noi si manifesta con l’esplosione dei globuli rossi e picchi febbrili.
Nel 2020, il comitato etico della Fondazione Umberto Veronesi (Fuv), aveva stilato un documento che discuteva dell’impiego delle biotecnologie per il contrasto delle patologie trasmesse da alcuni tipi di zanzare, ricordando che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nel solo 2018 la malaria ha ucciso oltre 400.000 persone, tra cui oltre 250.000 bambini sotto i 5 anni, infettato 11 milioni di donne in gravidanza e causato debilitazioni gravi di varie decine di milioni di persone infettate. L’Italia ha sviluppato diverse strategie di contenimento delle differenti popolazioni di zanzare. A partire dal 2013, la Fondazione Bussolera Branca col suo presidente Cei ha promosso e finanziato le ricerche del gruppo di Giuliano Gasperi all’Università di Pavia per identificare batteri larvicidi capaci di ridurre le popolazioni di zanzare nelle aree umide di riproduzione. Altri microrganismi, questa volta simbionti delle zanzare, sono capaci di “curare” le zanzare dai parassiti patogeni che ospitano involontariamente e che ci trasmettono con le punture: questa strategia è condotta tra gli altri da Guido Favia all’Università di Camerino. Alla Federico II di Napoli lavora invece il gruppo di Marco Salvemini che nel 2024 ha rilasciato sull’isola di Procida dei maschi sterili di zanzara. Le femmine di zanzara accoppiandosi con maschi sterili non danno progenie e così quasi il 50 per cento della popolazione di zanzare è diminuito nel primo anno di sperimentazione. Un progetto che ha bisogno di replicarsi su più anni per poter controllare le tante variabili. Una specificità di questo progetto finanziato anche dalla Fondazione Inf-Act è il coinvolgimento dei cittadini dell’isola nelle attività sperimentali.
Ci sono poi le strategie di contrasto alla zanzara tigre portate avanti da Romeo Bellini in Emilia e Veneto con la tecnica del maschio sterile. Vi sono poi progetti per debellare localmente le popolazioni dei vari tipi di zanzare che trasmettono differenti patologie sia da protozoi che da virus: Malaria, West Nile, Zika, chikungunya e febbre gialla. Più volte si sono avuti focolai anche in Italia di queste patologie. La tecnica per debellare popolazioni di organismi particolarmente dannosi si chiama gene-drive e nasce dall’uso della tecnica Crispr per correggere in maniera chirurgica anche singole lettere del Dna. In sintesi, vengono introdotti nella popolazione degli individui che generano femmine sterili e hanno la capacità di trasmettere questa caratteristica alla generazione seguente a una frequenza più elevata della normale probabilità statistica del 50 per cento. Così in poche generazioni quella singola popolazione di insetti viene portata all’estinzione. Sia scienziati italiani attivi all’estero (Valentino Gantz a San Diego in California) che altri rientrati (Andrea Crisanti, Università di Padova) sono alla frontiera di questa tecnologia. E proprio Crisanti è stato ora il primo al mondo a effettuare un rilascio di zanzare modificate col gene-drive. Valutando queste problematiche, già 5 anni fa il comitato etico della Fuv aveva stilato un articolato documento, valutando i pro e i contro dell’impiego del gene drive e approvando l’impiego confinato della tecnologia per salvare vite e sofferenze umane a fronte di un potenziale e forse solo teorico danno ecologico, comunque limitato nel tempo e nello spazio. Disponiamo quindi di una collezione di tecnologie e competenze per non farci sorprendere negli anni a venire dall’insorgenza di patologie gravi e note che potrebbero tornare da noi al variare delle condizioni ambientali.



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