(foto Ansa)

cattivi scienziati

La nomina di due critici dei vaccini nel NITAG e le insostenibili ingerenze politiche sulla scienza

Enrico Bucci

Perché la logica partitica mette in crisi la credibilità del National Immunization Technical Advisory Group (NITAG), del ministero della Salute. Alcune domande al senatore Malan (FdI)

L’esplosione di polemiche per la nomina di due critici dei vaccini nel NITAG è la conseguenza di un sistema in cui la politica tratta i tavoli tecnici e scientifici come territorio da occupare, modellandoli secondo logiche di spartizione, rappresentanza e controllo. In teoria, il NITAG – National Immunization Technical Advisory Group – dovrebbe essere un organo indipendente, chiamato a formulare raccomandazioni sulle vaccinazioni basandosi sulle migliori prove disponibili e seguendo metodologie standardizzate internazionalmente. In pratica, secondo una testimonianza che ho raccolto, la sua composizione sarebbe stata il risultato di un’operazione tutta politica, condotta fuori dai canali tecnici del ministero e guidata da esigenze di equilibrio fra partiti e territori, e solo secondariamente da criteri di merito.

Il racconto della fonte – di cui tutelo l’identità – parte da una vicenda di politica locale. Un esponente con esperienza scientifica nel campo dei vaccini si era candidato a sindaco con Forza Italia, ma non era gradito a Fratelli d’Italia. La sua esclusione dalla corsa, afferma la fonte, avrebbe creato un “debito” politico, da saldare con un incarico di prestigio. Gli sarebbero state prospettate due opzioni: un posto nel Consiglio Superiore di Sanità o, in alternativa, l’ingresso nel NITAG. Per competenze e disponibilità personale, avrebbe scelto il secondo. Sempre seguendo la ricostruzione della fonte in questione, la presenza dei due omeopati notoriamente contrari alle vaccinazioni sarebbe stata il frutto delle pressioni del senatore di FdI Lucio Malan, politico di lungo corso che siede in Parlamento ormai da oltre 26 anni. Costui, fra i senatori che siedono nella cosiddetta commissione Covid insieme all’altro scettico Borghi, ha più volte manifestato con chiarezza le sue posizioni contrarie al consenso scientifico in tema di vaccini, usando tutto il vocabolario caro ai No vax; se la ricostruzione è vera, si può ben intuire la ragione per cui abbia sponsorizzato l’inserimento nel NITAG di Serravalle e Bellavite. In definitiva, spiega la fonte, la lista finale dei membri sarebbe arrivata al Ministro già confezionata, con nomi e cognomi decisi nei territori e negli equilibri parlamentari. Il Ministro, stando a questa ricostruzione, si sarebbe limitato ad approvarla senza nemmeno conoscere nel dettaglio chi fossero e quali posizioni avessero assunto, ritenendo “non fosse nemmeno il suo compito” verificarlo.

Se questo resoconto corrisponde al vero, abbiamo un esempio limpido di come la politica abbia ormai interiorizzato l’idea che ogni organo tecnico debba rispecchiare un mosaico di rappresentanze politiche, invece di un insieme di competenze. È la logica del controllo preventivo: inserire figure fidelizzate, anche se prive di requisiti scientifici adeguati, per influire sull’orientamento delle raccomandazioni. In questo scenario, la responsabilità non è solo della politica. La comunità scientifica deve smettere di prestarsi a questi giochi. Accettare di sedere in organismi la cui composizione è stata determinata da calcoli di partito o dalla forza di qualche suo esponente significa legittimare la trasformazione della scienza in un’opinione negoziabile, al pari di un voto in commissione parlamentare. Chi accetta questi incarichi senza pretendere criteri trasparenti e basati su competenze oggettive diventa, consapevolmente o meno, parte del problema.

Se questa procedura per le nomine del NITAG dovesse corrispondere a realtà, avremmo la dimostrazione che, in assenza di una netta separazione tra consulenza scientifica e logiche di spartizione, non bastano le proteste a salvare la credibilità degli organi tecnici. In casi come questo, serve che gli scienziati dicano “no” quando la nomina è palesemente l’esito di un accordo politico, e che pretendano che le liste nascano da procedure pubbliche, verificabili e incompatibili con il manuale Cencelli. Finché questo non accadrà, ogni tavolo sarà un simulacro di indipendenza, e ogni raccomandazione scientifica resterà sospettata di essere solo un’altra mossa in un gioco di potere – rafforzando, in qualunque esito, il partito dell’antiscienza. Proprio per questo, è assolutamente necessario che arrivi la risposta, e se del caso una smentita, a quanto affermato dalla mia fonte. Il senatore Malan può smentire quanto affermato da uno dei componenti nominati nel NITAG? Il ministro Schillaci davvero si è trovato davanti una lista preconfezionata, i cui nominativi sono stati il prodotto di contrattazioni del tipo di quella illustrata? E prima di tutto: qual è stato il percorso di selezione dei componenti nominati nel NITAG, e dove sono le evidenze pubbliche che consentano di accantonare i dubbi di inaccettabili ingerenze spezzettate fra i potentati politici locali nelle diverse regioni d’Italia?

Di più su questi argomenti: