
Ansa
Lo studio
Più frane in Italia? No, semplicemente sappiamo vederle meglio
Aumenta del 15 per cento la superficie a pericolosità per frane; l’area a rischio smottamento in tre anni passa da 55.400 a 69.500 chilometri quadri, pari al 23 per cento del territorio. Ma, avvertono gli scienziati dell’Ispra: questi aumenti “sono dovuti principalmente a studi di maggior dettaglio effettuati dalle autorità". Il rapporto “Dissesto idrogeologico in Italia”
In Italia aumentano le frane. Meglio: sappiamo riconoscere meglio le frane e le identifichiamo dove prima non le vedevamo. Lo certifica l’Ispra, Istituto superiore di protezione dell’ambiente (il braccio scientifico del ministero dell’Ambiente), nella nuova edizione del rapporto “Dissesto idrogeologico in Italia”.
Lo studio dice molte altre cose, tra le quali dimostra che le spiagge stanno crescendo e che la costa ha guadagnato una trentina di chilometri in più, tutta manna per balneari passivi e attivi della stagione estiva. La nuova mappatura del dissesto idrogeologico, basata su dati 2024, per la prima volta ricorre a un sistema di cartografia armonizzato in tutta la superficie italiana che permette una lettura uniforme grazie al contributo di Aineva, del servizio Meteomont dei carabinieri, e delle regioni e Arpa. Ma ecco i numeri riassuntivi del rapporto. Aumenta del 15 per cento la superficie italiana a pericolosità per frane rilevata nei piani di assetto idrogeologico; l’area a rischio smottamento in tre anni passa da 55.400 a 69.500 chilometri quadri, pari al 23 per cento del territorio.
La franosità con l’aumento più forte si rileva nella provincia di Bolzano (+61,2 per cento), Toscana (+52,8), Sardegna (+29,4) e Sicilia (+20,2 per cento). Ma sono frane in più? No, avvertono gli scienziati dell’Ispra: questi aumenti “sono dovuti principalmente a studi di maggior dettaglio effettuati dalle autorità di bacino distrettuali e dalle province autonome”. Le aree classificate a maggiore pericolosità (i gradi “elevato” e “molto elevato”) dall’8,7 per cento passano al 9,5 per cento della superficie italiana. Il 94,5 per cento dei comuni italiani contiene punti a rischio frana, alluvione, erosione costiera o valanga: non si scappa e l’Italia si conferma tra i paesi europei più esposti al rischio frane. Esiste perfino un Inventario dei fenomeni franosi, il quale ha enumerato a una a una più di 636 mila frane.
Un dato importante, se si considera che circa il 28 per cento di questi fenomeni si caratterizza per una dinamica estremamente rapida e da un elevato potenziale distruttivo, con conseguenze spesso drammatiche, inclusa la perdita di vite umane. Nel 2024 la popolazione a rischio frane in Italia è pari a 5,7 milioni di abitanti, di cui 1,28 milioni residenti in aree a maggiore pericolosità, pari al 2,2 per cento della popolazione totale. Oltre 582 mila famiglie, 742 mila edifici, quasi 75 mila unità locali di impresa e 14 mila beni culturali sono esposti a rischio nelle aree a maggiore pericolosità da frana.
E le spiagge? Una buona notizia per il popolo del telomare: dice l’Ispra che abbiamo guadagnato i 30 chilometri di arenile in più. I dettagli. Dal 2006 al 2020 sono stati rilevati cambiamenti sensibili della linea di costa – cioè più di 5 metri di ingrandimento o di restrizione – in oltre 1.890 chilometri di spiagge, pari a circa il 23 per cento dell’intera costa italiana compresi gli scogli, oppure pari al 56 per cento delle sole spiagge. Dati curiosi: le spiagge italiane si sviluppano per una lunghezza complessiva di 3.400 chilometri e – dalle fettucce di pochi metri della Liguria agli arenili senza limiti dell’area veneta – si estendono su una superficie complessiva di circa 120 chilometri quadri. Nel dettaglio, 965 chilometri di spiaggia si sono allargati e approfonditi di una misura superiore a 5 metri, invece in 934 chilometri è stata rilevata l’erosione e si restringe l’arenile. L’istituto scientifico dice con soddisfazione che la prevalenza dell’avanzamento delle spiagge sull’erosione che le restringe appare “un’inversione di rotta” e, sebbene non omogenea in tutte le regioni, “è da considerarsi quale probabile effetto dei numerosi e continui sforzi compiuti negli anni per mitigare il dissesto costiero con interventi di ripascimento e opere di protezione”, come le scogliere artificiali posate davanti agli arenili oppure i pennelli di scogli che si protendono verso il mare aperto. Dal mare alla montagna. Sul fronte delle valanghe, la superficie potenzialmente soggetta alla caduta di grandi masse di neve è di 9.283 chilometri quadri, pari al 13,8 per cento del territorio montano sopra gli 800 metri di quota. Per concludere un commento politico. Ecco la sottosegretaria e viceministra friulana all’Ambiente Vannia Gava, quota Lega: “Il governo ha stanziato oltre 1,5 miliardi di euro nel triennio per la messa in sicurezza del territorio, e sta negoziando altri 350 milioni con le regioni, cui si aggiungeranno 250 milioni di fondi Fsc”.

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