Foto di the blowup su Unsplash

Cattivi scienziati

La petizione valdostana sull'acqua informata

Enrico Bucci

Fra oltre mille firme per chiedere la ripresa delle sperimentazioni ben poche appartengono a professionisti o esperti del settore. E l'ipotesi che dietro ci sia la volontà di creare un simbolo di identità politica in vista delle regionali si nota anche dal linguaggio identitario dell'iniziativa, tipico delle campagne elettorali più agguerrite

In Valle d’Aosta un movimento ha raccolto in poche settimane oltre mille firme per chiedere la ripresa delle sperimentazioni sull’acqua informata, sostenendo che questa “acqua carica di informazioni naturali” migliorerebbe germinazione, resa e salute delle piante, riducendo al contempo l’uso di concimi chimici e tutelando il suolo e i consumatori. I promotori parlano di purezza, di equilibrio tra pianta e ambiente, di un ritorno alle tradizioni locali, dipingendo l’acqua informata come una vera rivoluzione agricola. In realtà, però, la raccolta firme ha funzionato più da catalizzatore di malumori e diffidenze che da sincera adesione a un metodo collaudato: molte adesioni sono infatti arrivate da chi già nutriva sfiducia verso la ricerca agronomica convenzionale, ma ben poche – se non nessuna – da professionisti o esperti del settore disposti a firmare. Questo lascia intendere che alla base dell’iniziativa non ci sia tanto un’aspirazione a sperimentare seriamente, quanto la volontà di creare un simbolo di identità politica in vista del voto.

 

           

 

Alla base della Tecnologia S.M.T.©, spiegano nel loro materiale, “si trova un’innovazione straordinaria: la stabilizzazione delle lunghezze d’onda nell’acqua. L’acqua stabilizzata – arricchita precedentemente con minerali e pietre semi-preziose attraverso lunghezze d’onda specifiche – costituisce il cuore pulsante di un sistema rivoluzionario”. Basta leggerlo per cogliere il carattere meramente suggestivo di questa formulazione: che cosa significa “stabilizzare lunghezze d’onda nell’acqua”? L’idea poi che minerali o pietre preziose possano “informare” l’acqua attraverso frequenze rimane un puro esercizio di marketing esoterico, privo di qualsiasi riconoscimento nei manuali di chimica o agronomia. È tipico del linguaggio pseudoscientifico confondere concetti tratti da ambiti molto diversi (come la spettroscopia o la fisica) per dare un’impressione di rigore, quando in realtà non c’è nulla di verificabile nelle chiacchiere che si usano.

Ma questi proclami vacillano anche alla prova dei fatti. I dati prodotti in fantomatiche “prove di campo” si reggono su campioni microscopici, numeri impossibili a garantire un’analisi statistica seria. Le misurazioni non riportano mai deviazioni standard, intervalli di confidenza o altre forme di quantificazione dell’errore: senza questi strumenti non si può verificare indipendentemente da chi ha condotto le presunte sperimentazioni un vero miglioramento da una banale oscillazione naturale. Inoltre, non è chiaro come siano stati selezionati i lotti di prova né se siano state mantenute costanti variabili fondamentali come il pH del terreno, la disponibilità idrica o le condizioni di luce: ogni minima differenza tra le parcelle può spiegare variazioni di resa, e nessun controllo è stato predisposto per escludere queste interferenze. Quando i dati non giocano a favore dell’ipotesi, vengono semplicemente omessi, selezionando solo gli scampoli di risultati positivi e ignorando tutto il resto. E qui sto citando solo alcuni macroscopici e ben comprensibili problemi dei presunti “dati a supporto”; in realtà, vi è molto di peggio da un punto di vista tecnico, ma non voglio tediare i miei lettori.

Il manifesto della petizione per raccogliere firme cavalca la diffidenza verso la “scienza ufficiale”, stuzzicando l’immaginario dei complotti della filiera chimica e invocando il sacro valore del “naturale”, ma finisce per aggregare chi rifiuta le biotecnologie, i no-ogm, i no-vax agricoli o meno e chiunque cerchi un simbolo di protesta anti-sistema. Spesso il linguaggio utilizzato richiama retoriche già viste in ambiti sanitari o alimentari, dove la “purezza” diventa criterio unico di validità, senza considerare alcuna valutazione di rischi e benefici. Questa strategia identitaria è tipica delle campagne elettorali più agguerrite: si crea un nemico comune (le aziende chimiche, la ricerca accademica “arrogante”, l’Europa burocratica, il governo regionale in carica) e si offre al contempo una causa “positiva” cui aderire, mascherando così la mancanza di contenuti scientifici con un forte marketing politico.

Poiché mancano appena due mesi alle elezioni regionali in Valle d’Aosta, è evidente che l’iniziativa risponde più a logiche di consenso politico che a un autentico interesse per la ricerca. In un momento in cui servirebbero risorse e studi rigorosi per innovare davvero l’agricoltura valdostana, ci si ritrova a inseguire un’illusione dal profumo elettorale, destinata a svanire non appena passerà l’urgenza del voto. Così, mentre altrove si investe in agricoltura di precisione, digitalizzazione dei processi e miglioramento genetico sostenibile, qui rischiamo di sprecare tempo e fondi pubblici dietro a un effetto placebo in bottiglia, che lascerà il territorio nelle stesse condizioni di arretratezza da cui vorrebbe salvarlo.

Infine, non si può trascurare il pericolo concreto derivante da una scelta di questo tipo: supponiamo per esempio che nelle vigne di chi scegliesse di affidarsi all’acqua informata riducendo o abolendo i trattamenti fitosanitari, insorga una fitopatia come la flavescenza dorata. Un simile focolaio non colpirebbe solo gli agricoltori convertiti alla pseudoscienza, ma minaccerebbe l’intero comparto vitivinicolo valdostano, espandendosi alle vigne limitrofe e mettendo in ginocchio migliaia di ettari. Il caso della Xylella insegna quanto possa essere devastante un’epidemia di questo tipo, veicolati dai geni dei patogeni quanto dai memi del populismo, con costi immensi per le bonifiche, le compensazioni economiche e il danno di reputazione del territorio, un prezzo altissimo che si spera di non dover nuovamente pagare per un’illusione elettorale.

Di più su questi argomenti: