Un gorilla di tre anni rompe una noce di palma con una pietra nel centro del gorilla di Diane Fossey a Goma, RDC (Foto di John Moore/Getty Images) 

cattivi scienziati

Il riciclo degli antenati

Enrico Bucci

La nostra prima e più duratura tecnologia basata sulla produzione di strumenti è figlia del riutilizzo intelligente di materiali di scarto

Una delle caratteristiche guida nella ricerca di segni precursori di quella che potremmo definire genericamente “umanità” è la capacità di produrre strumenti, a cominciare, naturalmente, dagli strumenti di pietra – fra i più antichi mai trovati, non fosse altro per la loro lunghissima preservabilità che sfida i milioni di anni.

  

Sappiamo con certezza che strumenti di pietra sono usati da molte specie animali diverse: animali come lontre marine, uccelli e persino pesci possono usare strumenti di pietra. Alcuni uccelli, come l'avvoltoio barbuto, lasciano cadere le ossa sulle pietre per aprirle e raggiungere il midollo. I corvi della Nuova Caledonia a volte usano incudini di pietra. Un pesce del gruppo dei labridi è stato filmato mentre schiacciava gusci di vongole contro i massi della barriera corallina per aprirli. È noto che le lontre marine pescano piccoli ciottoli, li mettono sul petto e poi aprono i molluschi su di essi. Dove non si trovano sassolini, sbattono le prede contro grandi rocce in riva al mare.

  

Nei primati, molte specie diverse utilizzano pietre diverse a vari scopi. Sebbene gli scimpanzé siano gli utilizzatori di utensili più noti in questo gruppo di animali, non sono affatto gli unici. Studi in Brasile e Panama hanno mostrato come le scimmie cappuccine usino pietre per spaccare le noci di palma più o meno allo stesso modo degli scimpanzé. Un gruppo di ricerca dell'università di Oxford ha dimostrato che l'uso delle pietre da parte dei cappuccini come strumenti per rompere le noci risale almeno al XIII secolo, più di 200 anni prima che Colombo arrivasse nelle Americhe, e dunque è un comportamento archeologicamente documentabile. È noto che anche l'uso di strumenti di pietra a percussione da parte di scimpanzé e cappuccini produce una documentazione archeologica durevole. Essa consiste esclusivamente di martelli di pietra e incudini; tuttavia, in alcuni casi, viene prodotto un insieme più ampio di frammenti. Questi manufatti litici frammentari taglienti, tuttavia, mancano degli attributi comunemente usati per identificare la lavorazione per sfaldamento intenzionale della pietra.

  

Si dà correntemente per scontato, cioè, che sia possibile distinguere la produzione di lame di pietra tagliente attraverso l’aspetto del prodotto finale, in grado di rivelare una scheggiatura secondo un disegno preordinato; e proprio questa capacità progettuale è la caratteristica che indirettamente sarebbe rivelata dall’industria litica di ominini molto antichi, e forse in specie evolutivamente ancora più vecchie.

    

Tuttavia, un nuovo, importante studio mette contemporaneamente in dubbio la nostra capacità di riconoscere pietre scheggiate intenzionalmente e rafforza le idee su come sia stata derivata la tecnologia litica tipica della nostra e di altre specie di ominini.

   

I macachi dalla coda lunga che vivono in certe isole al largo della Thailandia usano percussori di pietra per aprire noci e altro cibo (talvolta in maniera così efficace da portare all'estinzione la popolazione locale di un tipo di ostriche). Durante la lavorazione del cibo, spesso queste scimmie rompono i loro martelli e le loro incudini. Il risultante assemblaggio di pietre rotte e scheggiate è consistentemente diffuso, sia dal punto di vista geografico che archeologico. Ora, il punto importante è che in un lavoro appena pubblicato le schegge accidentalmente prodotte dalle scimmie sono risultate presentare le stesse caratteristiche comunemente utilizzate per identificare strumenti di pietra realizzati intenzionalmente in alcuni dei primi siti archeologici dell'Africa orientale, tanto che esperti del settore non hanno distinto i manufatti attribuiti ad antichi ominini da quelli scimmieschi.

    

Come correttamente concludono gli autori, la produzione intenzionale di strumenti di pietra rappresenta una soglia adattativa che ha modificato radicalmente la traiettoria evolutiva del nostro lignaggio, ma i risultati del nuovo studio dimostrano che è necessaria una rivalutazione approfondita di come definiamo e identifichiamo questo comportamento nella documentazione archeologica, per evitare di scambiare la produzione di schegge di pietra in modo non intenzionale dalla fabbricazione di lame utilizzabili come strumenti.

  

Allo stesso tempo, questo significa che l’industria litica più evoluta sia sorta riutilizzando schegge prima scartate, adattandole a nuovi scopi, e da qui modificando il comportamento percussorio dedicato alla rottura di gusci duri nella lavorazione intenzionale di lame di pietra.

   

Se questo è vero, la nostra prima e più duratura tecnologia basata sulla produzione di strumenti, che ha permesso la sopravvivenza per milioni di anni di altre specie oltre la nostra, è figlia del riutilizzo intelligente di materiali di scarto: una lezione che val la pena di tenere a mente anche oggi.

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